40enne da anni nel tunnel della droga: madre picchiata per soldi. Condannato e in carcere, ma va anche aiutato

2 Novembre 2025 - 15:30

CASERTA (l.v.r.) – Un uomo casertano di 40 anni, tossicodipendente e con una diagnosi psichiatrica è stato condannato in primo grado a tre anni e otto mesi di reclusione con l’accusa di estorsione nei confronti della madre.

La vicenda, secondo quanto ricostruito in aula, rientra nella tipica dinamica in cui un figlio, per sostenere il proprio consumo di droga, mette in atto pressioni e minacce per ottenere denaro dai genitori. Spesso, come in questo caso, la denuncia della famiglia stessa serve come gesto estremo per spingere la persona verso un percorso di cura in comunità.

Il procedimento si è celebrato con il rito abbreviato. La pubblica accusa aveva chiesto una condanna a cinque anni e quattro mesi, pena giudicata eccessiva dalla legale dell’uomo, Eva Scialdone. Il Collegio giudicante ha invece emesso una sentenza di tre anni e otto, inferiore alla richiesta del pubblico ministero ma comunque considerata troppo severa dalla difesa, che ha annunciato impugnazione.

Una sentenza non certo tenera, se si pensa che il giudice ha scelto di non concedere le attenuanti generiche, considerando anche che l’uomo ha ammesso le proprie responsabilità e scusato con la madre. Elementi questi che, tendenzialmente, portano meritato un riconoscimento in termini di attenuanti e una conseguente riduzione della pena.

Un altro profilo su cui verterà il ricorso è la possibile derubricazione del reato. La difesa sottolinea che le somme richieste fossero in realtà i soldi della pensione di invalidità dell’uomo, di cui la madre aveva deciso di gestire, per evitare che il figlio spendesse il denaro acquistando sostanze stupefacenti. Si tratterebbe, quindi, secondo l’interpretazione della difesa, di un contenzioso familiare sulla gestione di risorse personali, seppur in un contesto di grave disagio e dipendenza, culminato in violenza.

Il tribunale di primo grado ha però ritenuto sussistesse integralmente la figura dell’estorsione.

L’uomo attualmente si trova in carcere. Parallelamente al percorso giudiziario, è in corso una complessa ricerca di una comunità terapeutica idonea ad accoglierlo, resa difficile proprio dalla sua condizione. E se la vicenda si è conclusa con una condanna, di per sé giusta, la detenzione carceraria potrebbe aumentare il disagio di quest’uomo, come avviene per tante persone che, proprio a causa della dipendenza dalle sostanze stupefacenti, hanno trasformato la loro vita nel modo peggiore possibile.

E i dati preoccupano proprio per la presenza di tossicodipendenti nelle carceri della nostra regione. In Campania i detenuti che risultavano tossicodipendenti sono stimati ad esempio in 1.793 su circa 7.509 detenuti (dato al 2024), evidenziando come una quota significativa, il 24%, della popolazione carceraria conviva con problemi di dipendenza.

Un problema cronico e critico che, oltre ad investire le vite di chi soffre di questa dipendenza, pesa sulla situazione delle carceri, perennemente sovraffollate, e sul lavoro delle forze dell’ordine. Andando ad analizzare i dati più recenti trovati sulla provincia di Napoli, ad esempio, nel primo semestre del 2024 sono stati registrati 2.284 verbali di contestazione per uso personale di sostanze, di cui 1.418 la prima volta e 866 per soggetti plurisegnalati.

Quasi 1.500 persone che dovranno affrontare un procedimento, lieve nel caso del possesso scarno di hashish e marijuana, più tortuoso e anche gravoso, con un’indagine e un processo, se le forze dell’ordine hanno rinvenuto grandi quantità di droghe leggere o droghe pesanti. Ed è assurdo pensare che dei 2.284 ben l’85% sono segnalazioni per cannabinoidi, ovvero per sostanza che in buona parte del mondo occidentale sono regolamentate dallo stato, come l’alcool o il tabacco, prodotti dannosi e che provocano dipendenti, ma storicamente accettati dalla comunità.