ESCLUSIVO. Roba da matti: il comune di CASERTA sgancia un milione di euro ad Eco.Car. s.r.l. mese che non ha mai vinto la gara d’appalto dei rifiuti

14 Febbraio 2019 - 11:20

CASERTA (gianluigi guarino) – Riavvolgiamo il nastro di questo porcaio inenarrabile attraverso cui lo Stato italiano protegge una situazione di illegalità patente e diffusa. Perché la questione Eco.Car. come la giri e la rigiri puzza di criminalità. Se la guardi infatti dall’isola siciliana registri i 3 anni e mezzo patteggiati dal suo patron Antonio Deodati e il rinvio a giudizio di Francesco Deodati, cugino di Antonio, placidamente e brillantemente seduto tra i partecipanti alla riunione tenutasi in Prefettura a Caserta a fine gennaio con buona pace di quella che è una stupidaggine, cioè dei Deodati effettivamente fuori dall’amministrazione reale di Eco.Car. Se la guardi dal comune di Caserta non trovi persone arrestate ma tanti mascalzoni lasciati a piede libero.

Riavvolgiamo il nastro perché, per una volta, ci siamo concessi un incipit apodittico. O meglio, apparentemente apodittico perché arriva dopo migliaia di righe scritte negli ultimi mesi e dopo decine e decine di articoli densi e intrisi di fatti che nessuno ha potuto smentire in quanto documentati e incontestabili.

Siccome noi siamo gente civile e professionisti consistenti, ancora una volta oggi chiediamo ai nostri lettori di concentrarsi un attimo e di seguire passo passo l’analisi del testo della determina 149 del 6 febbraio che andremo a fare, a firma del dirigente “a

TuttoFranco Biondi, colui che ha sostituito, riteniamo degnamente, Marcello Iovino, pensionato non dal sindaco ma in pratica dalla Dda. Ci vuol pazienza perché l’argomento è complesso e complicatissimo dal punto di vista giuridico e amministrativo e non si può liquidare con due parole.

Uno dei problemi più gravi che ricopre, con una coltre d’ignoranza, il malaffare diffuso che si sviluppa e vivifica grazie al fatto che nessuno ci capisce un cazzo intorno alle procedure amministrative, è rappresentato dalle famigerate “narrative degli atti amministrativi”, cioè delle delibere e delle determine.

Ti vai a guardare solamente la parte finale e tutto ti sembra in ordine, bello, lindo e trasparente. Se invece uno ha la pazienza e il tempo di battere la noia legata al contatto con le astruserie del pornobrucratese ha una seria possibilità di comprendere dove sono le magagne e come si sviluppano.

 

LE ORIGINI DEL MALE

Anno 2012. Alla fine di una serie di contatti serrati e intensi, l’allora dirigente Carmine Sorbo, reduce dalle periferie di Pozzuoli dove sviluppava il rapporto della comprensione della qualità delle diverse aziende partecipanti, aggiudicò l’appalto quinquennale, per un importo di circa 90 milioni di euro, all’Associazione Temporanea d’Imprese formata dalla Eco.Car srl e dall’Ipi s.r.l. con quest’ultima società che si assunse il peso di assorbire quasi tutti i requisiti previsti da un capitolato che poi è stato letteralmente umiliato dalle centinaia e centinaia di inadempienze contrattuali tutte denunciate una per una in una mitica inchiesta giornalistica di CasertaCe, pubblicata in 13 puntate tra il luglio e l’agosto 2015, e contenente un vagone di notizie di reato rimaste al rango di desolati spartiti per un concerto da solista di latrati alla luna.

 

SUI REQUISITI SCOMPARSI CASERTACE ABBAIA ALLA LUNA

E fin qui uno potrebbe dire: “Vabbé, lo state ripetendo già da una settimana che i requisiti ce li ha messi l’Ipi e che ora l’Ipi non esiste più, colpita da interdittiva antimafia passata definitivamente in giudicato. Evidentemente quello che per voi di CasertaCe è un fatto grave e illegale non lo è per chi di dovere. Vi dovete rassegnare, altrimenti, finitela di rompere i coglioni entrate in clandestinità o andate a mettere le bombe.”

Il fatto è che noi ci siamo rassegnati anche di fronte a questa incredibile vicenda dei requisiti. Ci siamo rassegnati di fronte a un comune che perdendo il soggetto giuridico di riferimento dell’Ati, cioè l’Ipi, ha continuato a validare l’esercizio di un contratto mancante di una delle sue strutture fondamentali. Perché se il requisito che regge un’intesa negoziale viene meno e questa intesa negoziale non è regolata dal diritto privato, o non è solo regolata dal diritto privato, ma anche dal diritto amministrativo e quindi pubblico, mancando il soggetto portatore dei requisiti, il contratto si scioglie senza sé e senza ma.

Vabbè, rassegnamoci. Purtroppo qualsiasi documento che leggiamo sul pianeta monnezza ci troviamo un molto probabile reato.

 

LO SCONTRO TRA LO SCETTICO COGLIONE E CASERTACE

La citata determina 149 del 6 febbraio scorso, cioè risalente a una settimana fa precisa, stabilisce, per i motivi che i lettori di questo giornale ben conoscono e che, a nostro avviso, sono totalmente illegittimi se non addirittura illegali, una proroga di due mesi alla ditta Eco.Car. E con questi i mesi di proroga diventano 13. Ciò in considerazione del fatto che il giorno 7 febbraio 2018, poco più di un anno fa, il comune di Caserta, come atto dovuto, fu costretto a revocare il contratto con la società Eco.Car s.r.l.

Azz! C’è stata un’altra gara d’appalto e non ce ne siamo accorti. Dunque, fino allo scorso 7 febbraio, il contraente non era l’Ati formato dalla Eco.Car e dall’Ipi, bensì Eco.Car. s.r.l destinataria indiscutibilmente dell’atto di revoca così come è scritto testualmente nella determina 149 a firma di Franco Biondi. Attenzione, concentratevi. Non è questione da poco, non è un sofisma lessicale. E’ ciccia, polpa, sostanza.

Il solito scettico potrebbe a questo punto obiettare: “Okay, cara CasertaCe, Biondi ha fatto un errore ma il suo è stato un errore veniale. Perché se è morta la Ipi è rimasta la Eco.Car s.r.l. Per la precisione avrebbe dovuto scrivere che la revoca aveva riguardato l’Ati e non la Eco.Car.”.
Controdeduzione di CasertaCe: “Ma se una delle due gambe è stata segata, l’Ati non può rimanere in piedi, deve cadere. Ma se decade l’Ati, decade anche il soggetto che si è aggiudicato la gara.”
Rintuzza lo scettico: “Sempre saccenti voi di CasertaCe. Se viene meno una gamba di un’Ati, l’altra può proseguire nell’esercizio del contratto”.
Controdeduzione di CasertaCe: “Va bene, okay. Ma questo vale se i requisiti rimangono intatti e non muoiono con la gamba segata dell’Ati”.
Ancora lo scettico relativista: “E che stai a spaccà er capello?”.

CasertaCe: “Non spacchiamo un bel niente caro scettico relativista. Se il  ragionamento resta nell’ambito dell’Ati viva oppure morta, ci vogliamo rovinare e vogliamo finanche dare per buona l’assurda possibilità di continuare il contratto senza che sia presente più la ditta che ha costituito il punto essenziale della vittoria di quella gara d’appalto fornendo propri e autonomi requisiti. Ma come la mettiamo qual’ora quest’Ati si fosse trasformata in una società consortile?”

 

LA CHIAVE DELL’ACQUA. PARDON, DELLA MONNEZZA.

Touche, caro scettico, ora vatti a nascondere. Ti raccontiamo una storia. Leggendo infatti la narrativa della determina 149 ci imbattiamo in un breve passaggio: “con nota PEC del 09/09/2016, prot. n.0076284, è stato trasmesso il verbale dell’Assemblea del 24/06/2016 dal quale risulta l’esclusione, dall’ATI Eco.Car.–I.P.I., del Socio I.P.I. (Impresa Pulizie Industriali)“.

Scusa, Biondi, ma di quale assemblea stai scrivendo? Mica una società componente di un’Ati può decidere per l’epurazione, seppur fondata, dell’altra società partecipante? No, non lo può fare. Al limite questa può recedere, ma niente di più. Mentre lo può fare l’assemblea di una società consortile. Ed è questo passaggio della determina che ci illumina e ci dà la certezza che l’Associazione Temporanea d’Imprese fondata da Eco.Car e Ipi è stata trasformata in Consorzio, come la legge tra l’altro consente.

Se è così, ed è così per i motivi appena detti, chi è il titolare del contratto con il comune? Sicuramente il Consorzio frutto della riedificazione e della ristrutturazione dell’Ati.

Caro scettico coglione, lo sai come si chiama questo Consorzio? Si chiama Eco.Car., per cui esiste un Consorzio Eco.Car. s.c.ar.l., di cui oggi fa parte una sola società: Eco.Car. s.r.l.

Ora non è che dobbiamo chiamare quella belva umana, terrore degli studenti sammaritani di giurisprudenza, qual è il professore Campobasso jr, meglio conosciuto di Boccetor, titolare della cattedra di diritto commerciale, per affermare che il Consorzio Eco.Car. è una persona giuridica, ripetiamo per-so-na. Mentre Eco.Car s.r.l. è una persona giuridica, per-son-na diversa, Do you understand?

E anche qui, non stiamo gigioneggiando intorno ad un formalismo nominalistico. Essere, infatti, non una ma due persone giuridiche diverse, due aziende diverse, significa avere due partite Iva distinte e due strutture di classificazione di Durc distinte ed infatti, dopo aver dedotto dal passaggio cruciale della determina 149 di Biondi che dalla determina dell’Ati è nato un consorzio non è stato difficile trovare il riscontro di due partite Iva differenti: il Consorzio Eco.Car. utilizza per le sue fatturazioni la partita Iva IT12137591009. Diversamente, la ditta Eco.Car. srl utilizza per le sue fatturazioni la partita Iva IT07229461004.

 

EVITIAMO DI SPUTARE SENTENZE, MA QUALCHE DOMANDA E’ D’OBBLIGO

Non vogliamo dare risposte definitive, ma qualche domanda riteniamo di essere in diritto di porla al comune di Caserta, alla Prefettura e all’autorità giudiziaria.

– Ma nell’arco dei 5 anni del contratto e poi negli undici mesi delle prime proroghe, il capoluogo ha sempre prodotto impegni di spesa a favore della ditta Eco.Car. come quello contenuto nella determina 149 che pubblichiamo in calce all’articolo?
– E quella che tu definisci “ditta Eco.Car. srl.”, caro Biondi, che cazzo è? Perché prende i soldi dell’appalto dei rifiuti? Dato che non se l’è mai aggiudicato, anzi, non ha mai partecipato?
– Perché la P.Iva IT07229461004 che appartiene per l’appunto a Eco.Car. srl, che non ha mai maturato il diritto di vedersi attribuire un solo centesimo dal comune di Caserta, sta ricevendo ora da te 2 milioni di euro, caro Biondi?
– Perché il Consorzio, invece di chiamarlo “Fiorin Fiorello” o con il mitico “Viva la Fi*a”, è stata chiamato, manco a dirlo, “Consorzio Eco.Car.” senza s.r.l. vicino, ma s.c.a.r.l. amministrata, non sappiamo se ancora, dalla signora Svetlana Kaltygina?
– Ma i Durc, il comune di Caserta a chi li ha chiesti? Al Consorzio Eco.Car. scarl o alla Eco.Car. srl.?

 

Le considerazioni le abbiamo fatte all’inizio.
Grazie per l’attenzione e arrivederci.

 

CLICCA QUI PER LEGGERE LA DETERMINA 149