Ad Script

TAMPONI COVID, il business del CLAN dei CASALESI. Nell’indagine della Dda saltano fuori anche i nomi del consigliere regionale di Fratelli d’Italia Michele Schiano e di Raffaella Zagaria, già consigliera provinciale e candidata alla Regione del Pd

12 Marzo 2022 - 13:45

Come abbiamo scritto ieri, sapevamo molto bene, per questo ce lo siamo riservati anche nell’ultima fase di analisi dei documenti conosciuti dell’indagine sui servizi sociali, che quando saremmo arrivati a incrociare le vicende di Orlando Diana, ne avremmo letto delle belle, anzi delle bellissime

 

SAN CIPRIANO D’AVERSA (Gianluigi Guarino) – Siamo portati a valutare come fondato il sospetto, ripetiamo, il sospetto che Orlando Diana, anche alla luce di tutto ciò che è venuto fuori e che sta ancora affiorando dall’indagine in corso di cui è titolare la direzione distrettuale antimafia di Napoli che coordina un gruppo di valorosi componenti della Squadra Mobile della questura di Caserta, abbia avuto dei rapporti, anche piuttosto stretti, con il clan dei casalesi.

Se questi rapporti si siano tradotti in una commissione di reati da parte sua, non lo possiamo certo stabilire ora, mentre l’indagine, ripetiamo, è ancora in corso. Ma al netto di ciò sono tanti troppi gli episodi e le circostanze che lo riguardano illustrati da più collaboratori di giustizia, peraltro appartenenti ad aree tutte intranee al clan dei casalesi, ma comunque distinte, visto e considerato che quando si parla del gruppo Schiavone e della collaborazione con la giustizia di Nicola Schiavone, figlio del super boss Francesco Schiavone Sandokan, è una cosa; altra cosa è quando si parla di Massimiliano

Caterino detto o mastrone, il pentito di cifra più alta, più importante del grippo capeggiato, per anni e anni da Michele Zagaria, il quale nella holding riassuntasi nella denominazione clan dei casalesi, coltivava interessi e svolgeva attività non certo meno significative di quelle svolte dagli altri tre gruppi storici: di quello, appena nominato, della famiglia Schiavone che comunque godeva di una sorta di riconoscimento formale di primazia, legato al ruolo di capo dei capi svolto da Francesco Schiavone Sandokan, di quello della famiglia Bidognetti e, infine, di quello del sanciprianese Antonio Iovine.

Le dichiarazioni di Massimiliano Caterino e di Nicola Schiavone, entrambi in strettissimi rapporti, anche personali, con Orlando Diana, non sono dissonanti tra di loro, ma al contrario sono sostanzialmente sovrapponibili. Di qui, la nostra affermazione iniziale sulla fondatezza di un sospetto, che, per giunta, la Dda ufficializza con l’iscrizione di Orlando Diana nel registro degli indagati, anche per reati di camorra, diventa una sorta di atto dovuto.

Solo che noi, essendo liberali e garantisti, impostiamo questi ragionamenti, perchè soprattutto quando si tratta di fatti di giustizia, riguardanti una persona, un individuo, un cittadino, ogni affermazione e ogni articolo possono pesare come macigni ed è giusto allora argomentare, spiegare e poi ancora argomentare e spiegare.

Detto ciò, Orlando Diana deve aver capito a un certo punto della sua vita, di correre troppi rischi nel momento in cui si esponeva di persona, così come aveva fatto con le cooperative sociali, a partire da quella denominata Il Volo, attive, anzi, iper attive nel settore degli appalti banditi dai comuni e dagli ambiti intercomunali, che questi servizi sociali erogano.

Essendo uno versato per gli affari, così come tanti altri suoi conterranei, Diana non poteva certo farsi impressionare più di tanto dall’esplosione, avvenuta nel marzo del 2020, della pandemia del covid 19 che, naturalmente, l’imprenditore sanciprianese, al pari di tanti come lui, ha trasformato in un’occasione di arricchimento.

Stavolta, però non esponendo direttamente il suo nome in una visura camerale. Al riguardo, Campania Emergenza non è neppure una cooperativa, bensì una società di capitali, precisamente una srl, che fa formalmente riferimento a Maria Santopaolo, ma gestita, di fatto, dal figlio Leonardo Mirti, con sede in via Fiumara, a Mondragone, comune di residenza sia della madre, nata a Mugnano, 74 anni fa, sia del figlio, nato a Napoli, 48 anni fa.

Ma andiamo per ordine: a marzo 2020 esplode il covid e già un mese, cioè ad aprile, Campania Emergenza si aggiudica una gara bandita dall’Asl Napoli 3, cioè dall’Asl dei comuni di Napoli Sud, Torre del Greco, Castellammare, Torre Annunziata, Sorrento eccetera, ma anche Nola, giusto per capirci, per lo screening attraverso l’utilizzo tamponi (al tempo si parla solo di molecolari) di tipo naso faringei.

Ma la società mondragonese che la Dda, non noi di CasertaCe, afferma essere sotto il controllo di Orlando Diana, invece di fare le analisi nel perimetro della Napoli 3, anzi, solo nel perimetro della Napoli 3, com’era ovviamente obbligata a fare, prende il suo titolo e lo porta altrove, in un’altra Asl, quella ormai al centro di tante questioni e di tante storie, cioè la Napoli 2, diretta dall’aversano Antonio D’Amore che si è scelto, a nostro avviso non a caso, come direttore amministrativo il trentolese Franco Balivo, che non vi stiamo di nuovo a raccontare per la centesima volta chi sia, limitandoci a sigillare questo periodo di scrittura con un tombale “è tutto dire”.

Sempre la Dda scrive testualmente, nei pochi atti conosciuti fino ad oggi, finalizzati ad ottenere le perquisizioni, poi effettuate il 9 e il 10 dicembre scorsi, che, attraverso questa sua attività, Orlando Diana, indagato per camorra e considerato dai pentiti “uno di famiglia”, al punto da essersi occupato della ospitalità di Zagaria e anche di Iovine durante la loro latitanza, favorì Michele Schiano di Visconti, attuale consigliere regionale di Fratelli d’Italia, quand’anche proveniente da un’esperienza centrista che lo vide inserito, nella precedente consiliatura, in un gruppo di cui faceva parte anche il consigliere regionale mondragonese Giovanni Zannini.

Secondo i magistrati napoletani, a beneficiare direttamente di queste attività illecite di Orlando Diana, fu la società di cui è titolare Palmira Fele, moglie di Michele Schiano. Naturalmente, la Dda dà la sensazione di avere in mano molti altri elementi investigativi, già investigati, ma ovviamente si è ben guardata da farne menzione in sede di richiesta di perquisizione.

Un’altra presunta “ricotta”, targata Campania Emergenza e Orlando Diana sarebbe, sempre secondo la Dda, quella messa in piedi da Leonardo Antonio Napolitano, 71 anni oggi, 69 al tempo dei fatti, età che però non gli impediva, con gli strani marchingegni che consentono per certi dirigenti, di lavorare fino a 70 anni, come primario dell’ospedale di Nola.

E qui ritorna quello che potremmo definire un classico, già andato in onda ai tempi dell’ordinanza che portò all’arresto del primario del reparto esami clinici dell’ospedale civile di Caserta, Angelo Costanzo da Caivano, il quale processava, con i soldi dell’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano, le provette, che si portava dietro dal laboratorio privato intestato alla consorte, compiendo una truffa tra le altre cose rozza e sfrontata.

Nel caso riguardante Orlando Diana, la Dda sostiene che grazie a Napolitano, l’ospedale di Nola processava i tamponi fatti privatamente da Campania Emergenza e dunque da Diana. In cambio, il dirigente si vedeva garantito dal Diana un servizio di cui la Dda non precisa i dettagli, relativo ai trasporti.

Nella descrizione dei fatti investigativi, i magistrati dell’Antimafia citano anche un altro nome, peraltro molto conosciuto in agro-aversano e in tutta la provincia, che avrebbe privatamente beneficiato di queste pratiche illecite di Orlando Diana. Si tratta di Raffaella Zagaria, già consigliera provinciale del Pd, già consigliera comunale in quel di Casapesenna, nonchè candidata, non eletta, sempre sotto le insegne del Pd, alle elezioni Regionali del 2015.

La Zagaria riteniamo, anche se l’episodio non è svelato nei suoi particolari, si sarebbe sottoposta ad un tampone, utilizzando una corsia preferenziale e anche i magheggi compiuti da Orlando Diana, che i magistrati etichettano come un suo “parente o conoscente”. Tamponi con risultati da incassare nel più breve tempo possibile, prelevati in un laboratorio privato, in forza di una gara vinta alla Asl Napoli 3, che dunque ha garantito a Campania Emergenza lauti trasferimenti pubblici e processati, truffaldinamente, in una struttura pubblica, cioè nell’ospedale di Nola, sempre appartenente all’Asl Napoli 3.

Alla prossima puntata.