Amministrativo

Appalti, modifiche al contratto e varianti in corso d’opera: una visione d’insieme

Articolo, 02/05/2018

Premessa

Le modifiche contrattuali – l’art. 106 del d. lgs. 50/2016

Principi comuni a tutte le modifiche

Le modifiche previste nei documenti di gara

Le modifiche non previste nei documenti di gara

Le varianti in corso d'opera tradizionali

Le varianti-modifiche non sostanziali

Le modifiche per importi sottosoglia

Il cosiddetto quinto d'obbligo

Obblighi di comunicazione e trasmissione

Incentivazione delle modifiche contrattuali e varianti

Premessa

Con il D. Lgs. n. 50 del 2016 è stato introdotto uno specifico articolo, il 106, denominato “Modifica dei contratti durante il periodo di efficacia”. Prima di affrontarne i contenuti nel dettaglio, preme rilevare come rispetto al D. Lgs. n. 163 del 2006 (il precedente Codice dei contratti pubblici) il legislatore ha voluto concentrare in un unico disposto tutta la disciplina in materia di modifiche contrattuali di appalti pubblici. Ciò, se da un lato ha risposto all’impostazione della direttiva comunitaria, dall’altra ha richiesto – e ancora richiede – uno sforzo interpretativo di rilievo che distingua con chiarezza le varie fattispecie. Lo stesso Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema di decreto, aveva evidenziato tale criticità in favore di una suddivisione in più articoli che distinguessero, peraltro, le fattispecie di variazioni progettuali da quelle inerenti alla determinazione del corrispettivo o della durata. A dimostrazione di tale esigenza, lo stesso legislatore con il D. Lgs. n. 56 del 2017 ha modificato ulteriormente in molte parti proprio tale articolo completandolo con il DM in materia di Direzione dei Lavori che, ad oggi, è in fase di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A ben vedere, l’attenzione alla fase esecutiva dei contratti pubblici merita altrettanta – e forse più – attenzione della fase di espletamento della gara pubblica[1]. E’ qui, infatti, che l’interesse pubblico si fa concreto e si affida alle competenze dell’organizzazione e all’esperienza delle figure del RUP e della Direzione Lavori. Conoscere gli strumenti normativi che si possono adottare in questa fase per una corretta esecuzione, significa garantire l’equilibrio delle posizioni contrattuali escludendo il rischio che le regole fissate negli accordi contrattuali siano eluse in fase esecutiva[2].

Le modifiche contrattuali – l’art. 106 del d. lgs. 50/2016

Come rappresentato in premessa, l’art. 106 racchiude in un unicum le diverse tipologie di modifiche contrattuali richiedendo, per questo, uno sforzo interpretativo che estrapoli, esaminandone le differenze, le singole fattispecie. Già lo stesso comma 1 ci suggerisce tale necessità, laddove distingue le modifiche dalle varianti: “Le modifiche, nonché le varianti, dei contratti di appalto in corso di validità devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall'ordinamento della stazione appaltante cui il RUP dipende”.

In prima istanza occorre chiarire il ruolo del RUP in questa nuova disciplina. Nel previgente Codice (nonché nell’art. 161 del DPR 207/2010) si stabiliva che l’iniziativa spettasse al Direttore dei Lavori il quale sottoponeva al RUP la propria perizia di variante. Quest’ultimo, accertate e motivate le cause delle varianti, le sottoponeva all’approvazione della stazione appaltante. Ora la disciplina è rinviata alle Linee Guida adottate dall’ANAC di concerto con il MIT, in particolare le n. 3 che prevedono che sia il RUP, con il supporto del DL, ad autorizzare le modifiche. Il Consiglio di Stato, nel parere del 01/04/2016, n. 855, sottolinea tale aspetto e per questo suggerisce una sempre adeguata motivazione nell’adottare la variante.

La nuova disciplina che viene fuori, attribuisce quindi al RUP il potere di autorizzare le varianti in corso d’opera per consentire al Direttore dei Lavori di avviare il progetto della variante. Diversa e successiva è la fase di approvazione la quale – ed è qui un’ulteriore novità – può essere oggetto di regolamentazione interna da parte della Stazione appaltante la quale potrà attribuire per casi minori, l’approvazione della variante allo stesso RUP. Dunque, in linea generale, l’approvazione spetta all’organo decisionale dell’ente – salvo casi minori - ed è questo il momento del perfezionamento delle modifiche e varianti.

Principi comuni a tutte le modifiche

Prima di affrontare tutte le singole fattispecie, appare utile enucleare sin da subito quali sono le regole e i principi generali valevoli per tutte le casistiche.

a) Primo fra tutti, il principio d’immodificabilità dell'oggetto contrattuale.

E’ un principio elaborato dalla giurisprudenza comunitaria, strumentale a quello della concorrenza, che ormai da tempo ha individuato il discrimen tra modifiche ammissibili e non, nella natura sostanziale delle stesse. Per cui le modifiche non sono ammesse se stravolgono l’oggetto del contratto e la sua natura.

Anche l’ANAC, nel parere del 18/7/2017 n. 686, ha richiamato tali principi, riportando in particolare il contenuto della sentenza della Corte di giustizia del 13 aprile 2010 nella causa C-91/08 che testualmente riferisce: «Al fine di assicurare la trasparenza delle procedure e la parità di trattamento degli offerenti, le modifiche sostanziali […] costituiscono una nuova aggiudicazione di appalto, quando presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle del contratto […] iniziale e siano, di conseguenza, atte a dimostrare la volontà delle parti di rinegoziare i termini essenziali di tale appalto. La modifica di un contratto […] in corso di validità può ritenersi sostanziale qualora introduca condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi o avrebbero consentito di accettare un’offerta diversa rispetto a quella originariamente accettata».

Ma quali sono le modifiche sostanziali? Il legislatore, ricalcando la casistica elaborata dalla Corte di Giustizia Europea[3], offre un’elencazione, purtroppo, ancora troppo generica, nel comma 4 dell’art. 106. Sono modifiche sostanziali se: a) introducono condizioni che avrebbero alterato la partecipazione e l’esito della procedura di gara; b) alterano l’equilibrio economico dell’appalto a favore dell’aggiudicatario, senza che ciò sia previsto nel contratto iniziale; c) prevedono sostituzioni della stazione appaltante diverse da quelle previste dal paragrafo 1, lett. d).

In materia di lavori, poi, ci viene in aiuto anche il parere n. 360 del Consiglio di Stato del 12 febbraio 2018 relativo allo schema di DM sulla Direzione Lavori che offre una chiave di lettura ulteriore a supporto dell’individuazione di una modifica sostanziale. Si legge, nelle osservazioni: “si valuti l'opportunità di specificare, all'articolo 10 comma 8, che le varianti migliorative proposte non alterano in maniera sostanziale il progetto e di conseguenza le categorie di lavori e che l'importo di tali varianti rimane contenuto come previsto all'articolo 106 del decreto legislativo n. 50 del 2016”.

b) Le modifiche e varianti vanno sempre motivate dal RUP con il supporto della Direzione Lavori al fine di valutarne l’ammissibilità. Solo in un caso le modifiche sono sempre ammesse, quando il relativo valore sia inferiore alla soglia comunitaria e comunque inferiore al 10% del valore dell’appalto in caso di forniture e servizi e al 15% in caso di lavori. Si tratterebbe, dunque, di modifiche di dettaglio che non incidono sull’oggetto e sulle condizioni della prestazione e la cui ammissibilità è già stata oggetto di valutazione da parte del legislatore.

c) Il contraente non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto quando le modifiche e varianti in corso d’opera non superano 1/5 (in aumento o diminuzione) dell’importo contrattuale.

Esaminiamo, ora, le singole fattispecie nel dettaglio.

Le modifiche previste nei documenti di gara

Comma 1 lettera a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro. Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all'articolo 23, comma 7, solo per l'eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà. Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

La previsione di clausole chiare che definiscono la portata e le condizioni delle modifiche contrattuali, ha un solo limite, ben preciso, individuato nella mancata alterazione della natura generale del contratto. Il fine è evidente ed è quello di rendere chiara all’operatore economico la convenienza dell’appalto. Non essendo previsto, invece, un limite economico vi è il rischio che tale strumento possa diventare un istituto di critica applicazione nelle mani delle stazioni appaltanti che, per ovviare magari a mancanze di fondi al momento della gara, potrebbero utilizzare impropriamente le modifiche contrattuali. Trattandosi, infatti, di uno strumento molto legato alla discrezionalità dell’amministrazione, è auspicabile che i Piani anticorruzione degli enti richiamino l’utilizzo dell’incremento opzionale dei contratti pubblici enucleandone i limiti di applicazione.

In tema di revisione dei prezzi, inoltre, si segnala il cambio di rotta rispetto al previgente Codice che adottava il c.d. prezzo chiuso (art. 133, comma 3 del D. Lgs. 163/2006) con la sostanziale impossibilità di procedere alla revisione dei prezzi. Ora la revisione è ammessa, purché sia prevista nei documenti di gara per gli appalti di lavori nei termini fissati dalla norma e, in quelli di servizi e forniture, vi sia una clausola di revisione indicizzata al valore dei beni indifferenziati come prevede la Legge di stabilità 2016 cui rinvia l’ultimo periodo del commentato comma 1, lett. a. Anche per tale ultimo caso, l’aumento o la diminuzione del prezzo determinato dall’indicizzazione deve aver superato il 10% del valore contrattuale.

Una indicazione interessante su un possibile contenuto di tali clausole, è offerto nel Considerando della Direttiva 2014/24/UE secondo cui “si dovrebbe pertanto precisare che clausole di revisione o di opzione formulate con sufficiente chiarezza potrebbero ad esempio prevedere indicizzazioni dei prezzi” oppure nell’ambito di una manutenzione ordinaria “prevedere gli interventi di manutenzione straordinaria che risultino necessari per garantire continuità nell’erogazione di un servizio”.

In tema di contratti di durata, il Consiglio di Stato sez. V del 28/3/2018 con sentenza n. 1940, ha chiarito – in riferimento al Codice previgente al D. Lgs. 163 del 2006 - che nel richiedere l’inserzione di una «clausola di revisione periodica del prezzo» nei contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa, l’art. 6, comma 4, l. n. 537 del 1993 (oggi abrogato), imponeva alle amministrazioni pubbliche di prevedere su base pattizia uno strumento in grado di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non fossero esposte al rischio di una diminuzione qualitativa nel corso del tempo. In particolare, “A questo riguardo deve precisarsi che la revisione dei prezzi secondo le descritte modalità in tanto è concepibile in quanto si riferisca alle annualità di contratto successive alla prima. Per quest’ultima deve infatti presumersi che i prezzi utilizzati per raggiungere l’equilibrio contrattuale siano quelli attuali e che dunque nessuna onerosità eccessiva per la parte privata possa configurarsi. Pertanto, l’alterazione dell’equilibrio economico del contratto può configurarsi solo con il decorso del tempo e quindi a partire dalle annualità successive alla prima”.

Diversamente, il Consiglio di Stato sez. V 16/5/2016 n. 1959 ha ritenuto non ammissibile una revisione del prezzo laddove l'impresa ha chiesto di ottenere il versamento delle maggiori somme pagate per effetto dell’applicazione ai propri dipendenti, di un contratto di lavoro diverso da quello cui aveva fatto riferimento in sede di offerta.

Comma 11 La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l'individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all'esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante.

Nell’ambito delle modifiche previste nei documenti di gara, si colloca anche quella della durata contrattuale ormai estesa anche ai lavori nonché ai settori speciali e agli appalti sotto soglia comunitaria. E’ ormai pacifico nella giurisprudenza che la proroga sia un evento eccezionale e consentito solo se espressamente previsto nel contratto di appalto[4]. La dottrina, d’altro canto, è solita distinguere tra proroga contrattuale e proroga tecnica laddove la prima individua la possibilità per l’amministrazione di ricorrere a tale istituto prima della scadenza del contratto mentre la seconda, in ipotesi di imprevedibile prolungamento dell’espletamento di una procedura di gara tempestivamente bandita, l’amministrazione decide il prolungamento della durata per assicurarsi la continuità del servizio o della fornitura.

Venendo al comma 11, si legge che la durata possa essere modificata solo se prevista nella lex specialis come opzione di proroga. Tale opzione dovrà ovviamente essere quantificata nel valore dell’appalto ai sensi dell’art. 35, comma 4 e potrà essere attivata dalla stazione appaltante come diritto potestativo verso il contraente che non solo non potrà esimersi dall’eseguire le prestazioni ma dovrà effettuarle agli stessi patti e condizioni. Resta fermo il limite previsto dal R.D. 2440/1923 (Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato) al cui art. 12 dispone che i contratti pubblici non possono avere una durata superiore ai 9 anni[5].

Anche la giurisprudenza consente la prima ipotesi di proroga solo se prevista nei documenti di gara (in questo senso Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 850) mentre per la seconda (c.d. proroga tecnica) ne ha sostenuto l’ammissibilità in ragione del principio di continuità dell’azione amministrativa e solo in limitati casi eccezionali.

Più in particolare, in tema di condizioni della proroga contrattuale, il Consiglio di Stato, sez. III 5/3/2018, con sentenza n. 1337 ha ribadito che la stessa debba necessariamente avvenire alle stesse condizioni alle quali il contratto era stato stipulato. La proroga contrattuale è, infatti, per sua natura inidonea ad innovare l'originario equilibrio sinallagmatico del rapporto negoziale. “Ed infatti, mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, ossia un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale, che rende incompatibile l'immediata applicazione imperativa della clausola di revisione prezzi (Cons. St., sez. III, 9 gennaio 2017, n. 25; id., sez. V , 22 giugno 2010, n. 3892; id. 14 maggio 2010, n. 3019)”.

Rispetto, invece, alla c.d. proroga tecnica il Consiglio di Stato, sez. III 3/4/2017, con sentenza n. 1521 ha evidenziato che la proroga è uno strumento del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali. In tal caso, i giudici hanno ritenuto infondato il ricorso contro la mancata attivazione della proroga del servizio di trasporto pasti, in quanto “è certamente vero che l’Amministrazione deve assicurare la fornitura dei pasti presso i diversi plessi organizzativi che da essa dipendono, ma questo non significa certo che il servizio debba essere assicurato mediante proroga del contratto precedentemente in essere”. I termini di ammissibilità della proroga tecnica, sono ulteriormente chiariti da una delibera dell’Anac (la n. 1200 del 23 novembre 2016) che ha ricondotto la proroga tecnica nell’ambito del tempo strettamente necessario ad evitare il blocco dell’azione amministrativa. Infatti la figura della “proroga tecnica”, elaborata dalla giurisprudenza come soluzione eccezionale da attivarsi in caso di necessità, è tesa ad assicurare il servizio sempre che l’esigenza di ricorrere alla dilazione del termine non dipenda da causa imputabile alla stazione appaltante (Cons. Stato, sez. V 11.05.2009 n. 2882).

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Le modifiche non previste nei documenti di gara

Comma 1 lettera b) per lavori, servizi o forniture, supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell'appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente produca entrambi i seguenti effetti, fatto salvo quanto previsto dal comma 7 per gli appalti nei settori ordinari: 1) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell'ambito dell'appalto iniziale; 2) comporti per l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi;

Il legislatore ha, in questo caso, utilizzato impropriamente il termine “supplementari” laddove invece, nell’articolo 63 del medesimo Codice, utilizza il termine “complementari”. Questa apparente differenziazione ha destato non poche perplessità in merito anche al corretto inquadramento della fattispecie che, ad oggi, si ritiene sia da intendersi alla stregua del concetto di complementarietà di cui al previgente art. 57 del D. Lgs. 163/2006[6] così come confermato dall’ANAC, con la Delibera n. 388 del 12 aprile 2017. Tuttavia rimangono dei dubbi interpretativi, soprattutto in ragione della mancanza della dicitura relativa alle “circostanze impreviste” che invece compariva nel previgente art. 57 e che lascia pensare ad una possibile interpretazione più estensiva della “supplementarietà”.

Di difficile comprensione sono poi le formule “notevoli disguidi” e “consistente duplicazione dei costi” in quanto estremamente generiche e di ardua collocazione giuridica: è una valutazione soggettiva dell’ente o una valutazione oggettiva, non ancorata però ad elementi certi? E’ probabile che l’interpretazione si sforzerà di inserirla nel contesto della immodificabilità sostanziale dei contratti nonché nel più ambio obbligo di adottare adeguate programmazioni annuali.

La casistica qui riferita è da leggersi in combinato disposto con il comma 7 in cui è stabilito il limite entro cui sono ammessi lavori, servizi e forniture supplementari: “Nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c), per i settori ordinari il contratto può essere modificato se l'eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare il presente codice.” Anche se il dettato normativo non è dei migliori, è pacifico ritenere che sia la sommatoria delle singole modifiche a non dover superare il 50 % del valore del contratto. Stessa limitazione vale per il caso di cui alla successiva lettera c).

Comma 1 lettera d) se un nuovo contraente sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l'appalto a causa di una delle seguenti circostanze: 1) una clausola di revisione inequivocabile in conformità alle disposizioni di cui alla lettera a); 2) all'aggiudicatario iniziale succede, per causa di morte o a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, scissioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione del presente codice; 3) nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore si assuma gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori;

La norma individua tre casi in cui è ammissibile una modificazione soggettiva del contratto:

1) La prima costituisce la principale novità introdotta dal legislatore e prevede, in buona sostanza, la possibilità per l’Amministrazione di riservare nella documentazione iniziale di gara, attraverso l’inserzione di clausole chiare, precise ed inequivocabili, anche la facoltà per la controparte di accettare o meno le revisioni dei prezzi. In caso di rifiuto e di conseguente risoluzione del contratto, quindi, si procederà con lo scorrimento della graduatoria ai fini della sua sostituzione.

2) La seconda casistica riguarda il subentro connesso a vicende soggettive dell’operatore e si basa sul principio di continuità aziendale. Sul punto, una deliberazione dell’ANAC del 15/3/2017 n. 244, ha chiarito che «appare ammissibile il subentro di altro soggetto nella posizione di mandatario del RTI aggiudicatario in caso di cessione di azienda, sempre che la cessione sia comunicata alla stazione appaltante ed essa non sia finalizzata a eludere l’applicazione del codice. La S.A. dovrà pertanto verificare l’idoneità del cessionario, e quindi i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara, che devono permanere per l’intera durata del contratto. Dovrà inoltre verificare i requisiti di carattere generale delle cedenti, al fine di accertare che la cessione non sia diretta ad eludere l’applicazione del codice. Come osservato dalla giurisprudenza (Cons. Stato sez. V 23 novembre 2016, n. 4918), «nel segno della maggiore flessibilità della regolamentazione della continuità aziendale si è inteso agevolare la continuazione dell’esecuzione dei contratti pubblici già stipulati».

Anche la dottrina[7], sottolineando che in tale disposto il legislatore ha ricompreso sia mutamenti soggettivi interni del contraente e sia mutamenti esterni caratterizzati da un fenomeno successorio verso un nuovo soggetto, ritiene che l’esigenza della stazione appaltante di vedersi garantita la prosecuzione del rapporto trovi piena soddisfazione anche nel caso di fallimento dell’impresa.

Una interessante pronuncia del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria del 3/7/2017 n. 3, ha, inoltre, affrontato la questione della cessione del ramo d’azienda e l’impatto di tale evento sui requisiti di qualificazione. In particolare, secondo i giudici di Palazzo Spada, ciò che rileva è una valutazione in concreto dell’atto di cessione per stabilire se il cedente perda le qualificazioni SOA oppure no. I giudici amministrativi, in questa sentenza, compiono un excursus sulle tesi giurisprudenziali emerse sul punto. Da una parte, la tesi dell’automatismo per cui nel caso di cessione di ramo d’azienda il cedente perde automaticamente le qualificazioni; dall’altra, una tesi più sostanzialistica (che ad oggi sembra prevalere) che ritiene si debba verificare in concreto l’entità dei beni e rapporti trasferiti con il negozio traslativo al fine di accertare se di vero e proprio trasferimento di ramo di azienda si sia trattato e non piuttosto di trasferimento di singoli cespiti. A tale tesi aderisce, da ultimo, il Cons. Stato, sez. III, 9 gennaio 2017, n. 30, secondo cui «occorre escludere in linea di principio a danno del cedente qualsiasi automatismo decadenziale conseguente alla cessione d’azienda, intendendosi con ciò affermare che occorre aver riguardo alla causa in concreto del negozio di cessione e al sottostante regolamento di interessi voluto dalle parti, in tutta la sua ampiezza, complessità e particolarità, per determinare se la cessione dei beni aziendali comporti, o meno, la perdita dei requisiti di cui alle attestazioni SOA in capo alla cedente» (idem, sez. V, n. 5706 del 17 dicembre 2015).

3) L’ultimo caso non è una vera e propria modifica soggettiva ma riguarda la sostituzione della stazione appaltante all’aggiudicatario nella titolarità degli obblighi retributivi che quest’ultimo ha nei confronti del subappaltatore.

La norma è da leggersi in combinato disposto con gli artt. 30 e 101 del d. Lgs. 50/2016 con le quali si affidano un ruolo determinante al Responsabile unico del procedimento (Rup) e al Direttore dei Lavori (DL) per la verifica delle ditte subappaltatrici. Il DL ha altresì la facoltà di chiedere in visione alle imprese esecutrici le copie dei prospetti paga e, con la figura dell’ispettore di cantiere, potrà altresì rendere sistematico tale controllo durante tutta l’esecuzione del contratto. Resta fermo che se la stazione appaltante ha pagato l’esecutore dei lavori, le inadempienze verso i dipendenti dello stesso non possono essere a carico della stazione appaltante.

Le varianti in corso d'opera tradizionali

Comma 1 lettera c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni, fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari dal comma 7: 1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice o per l'ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all'oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d'opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti; 2) la modifica non altera la natura generale del contratto;

In questo comma 1, lett. c) ritroviamo le varianti in corso d’opera tradizionali che sono ammissibili alle condizioni di essere sopravvenute alla stipula del contratto e di essere impreviste ed imprevedibili con l’uso della ordinaria diligenza. La disciplina principale dell’art. 106 si completa con gli articoli 108 (risoluzione) e 109 (recesso) nonché con l’art. 176 (revoca e risoluzione) per i contratti di partenariato. Al ricorrere delle circostanze su riportate, la variante è ammessa ma con due limitazioni: non deve alterare la natura generale del contratto e dunque non deve incidere in maniera sostanziale sul tipo di prestazione da rendere; la seconda limitazione è che riguarda i soli settori ordinari e ciò deriva dal richiamo al comma 7.

Si tratta della disciplina tra le più delicate in quanto connesse alla circostanza, riscontrata per molto tempo, di una crescita incontrollata dei costi di esecuzione delle opere con effetti pregiudizievoli di rilevante impatto per la pubblica amministrazione.

Il concetto di varianti connesse ad eventi imprevisti ed imprevedibili deve essere letta in combinato disposto con l’ipotesi di cui alla lettera b) (lavori supplementari) e quella di cui all’art. 63, comma 2, lett. c) che disciplina l’ipotesi di una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara quando per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili dall’amministrazione, i termini per le procedure aperte o ristrette o per quelle competitive con negoziazione non possono essere rispettate.

E’ chiaro che le varianti vanno motivate facendo riferimento alla ricorrenza delle condizioni in questione e ciò costituisce, come detto in premessa, una novità rispetto al precedente art. 132, comma e) del D.Lgs. 163/2006[8].

Quali sono, quindi, queste circostanze impreviste e imprevedibili? Lo chiarisce l’ANAC in più di una deliberazione. La più esemplificativa, a parere di chi scrive, è la n. 106 del 13/12/2006 la quale riferisce che “Qualora la necessità di ricorrere a varianti sia determinata dalla mancata osservanza delle prescrizioni assegnate alla progettazione e dall’insufficienza delle indagini preliminari, trattandosi di circostanze note o prevedibili, non appare legittimo l’inquadramento delle relative varianti nelle tipologie delle “cause impreviste e imprevedibili”, dell’“imprevisto geologico” e dell’“intervento migliorativo”, di cui, rispettivamente, all’art. 25, comma 1, lett. b), b.bis) e c), e comma 3 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.”.

Le varianti-modifiche non sostanziali

Comma 1 lettera e) se le modifiche non sono sostanziali ai sensi del comma 4. Le stazioni appaltanti possono stabilire nei documenti di gara soglie di importi per consentire le modifiche.

Si tratta di una importante novità, ispirata alla piena tutela della concorrenza in linea con i principi comunitari citati in premessa. In buona sostanza, è un dettato normativo che sembra ampliare le maglie del regime previgente, consentendo le modifiche in fase esecutiva ogni qualvolta esse non siano sostanziali (ovvero non rientrino nel caso di cui al comma 4 del medesimo articolo 106). Inoltre, altro aspetto di questa lettera e) è la possibilità di prevedere di volta in volta nei documenti di gara, eventuali soglie di importi entro cui sono ammesse le modifiche non sostanziali. Così delineate, potrebbero essere equiparate alle c.d. varianti non varianti di cui all’art. 132 del previgente Codice.

Il rischio però, anche in questo caso, è che ne venga fatto un uso improprio poiché potrebbe di fatto concretizzarsi nella decisione di prevedere in una voce generica del quadro economico (somma per imprevisti) una somma che nasconda, in realtà, usando un gioco di parole, una previsione di ciò che non può essere previsto: una variante in corso d’opera. Probabilmente, l’uso più prudente è quello di prevedere in tale voce somme molto contenute.

Le modifiche per importi sottosoglia

Comma 2. I contratti possono parimenti essere modificati, oltre a quanto previsto al comma 1, senza necessità di una nuova procedura a norma del presente codice, se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i seguenti valori: a) le soglie fissate all’articolo 35; b) il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture sia nei settori ordinari che speciali ovvero il 15 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori sia nei settori ordinari che speciali. Tuttavia la modifica non può alterare la natura complessiva del contratto o dell’accordo quadro. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche. Qualora la necessità di modificare il contratto derivi da errori o da omissioni nel progetto esecutivo, che pregiudicano in tutto o in parte la realizzazione dell’opera o la sua utilizzazione, essa è consentita solo nei limiti quantitativi di cui al presente comma, ferma restando la responsabilità dei progettisti esterni.

Si tratta, anche in questo caso, di una formula residuale che permette “in ogni caso” le modifiche al di sotto di una soglia valutata dallo stesso legislatore come non significativa. Tale articolo è completato dal disposto di cui all’art. 108, comma 1, lett. B) che prevede la facoltà di risoluzione del contratto quando la soglia del 10 o 15% del contratto è superata o sia superata la soglia comunitaria.

Il cosiddetto quinto d'obbligo

Comma 12 La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l'appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto.

In questo comma viene riproposto il c.d. quinto d’obbligo ovvero il limite al diritto potestativo della P.A. di ottenere prestazioni aggiuntive dal contraente. In questo contesto normativo, il dettato normativo in analisi sembra superare tutti i limiti e le condizioni su rappresentate. Tuttavia, in una visione sistematica, l’interpretazione corretta appare quella di ammettere il ricorso al quinto d’obbligo solo in presenza delle altre condizioni riportate nelle specifiche previsioni dell’articolo 106. Per non svilire l’istituto nella sua natura, alle condizioni in questione la Stazione appaltante ha il potere di imporre quelle modifiche senza che l’appaltatore possa opporre il diritto di risoluzione del contratto o il diritto di negoziare lo svolgimento delle prestazioni a condizioni diverse da quelle inizialmente pattuite.

In quest’ottica, quindi, per le modifiche di cui al comma 2 (le c.d. modifiche di dettaglio), sino al limite del 10% per forniture e servizi e del 15% per lavori, si procede senza valutazioni di ammissibilità e le stesse, rientrando nel limite più generale del Quinto d’obbligo, sono imposte al contraente – con atto di sottomissione - senza che questo possa risolvere il contratto; superati questi limiti di cui al comma 2, dovranno essere rispettate le condizioni poste dalle varie fattispecie in concreto configurantesi e, il limite del Quinto d’obbligo si applicherà se tali condizioni si saranno realizzate.

Chiarito l’ambito di applicazione, qualche criticità vi è per il calcolo del quinto giacché con il passaggio al nuovo Codice dei contratti, si è persa la previsione di cui all’art. 161 del D.P.R. 207/2010 il quale stabiliva, al comma 14 che “Ai fini della determinazione del quinto, l'importo dell'appalto è formato dalla somma risultante dal contratto originario, aumentato dell'importo degli atti di sottomissione e degli atti aggiuntivi per varianti già intervenute, nonché dell'ammontare degli importi, diversi da quelli a titolo risarcitorio, eventualmente riconosciuti all'esecutore ai sensi degli articoli 239 e 240 del codice. La disposizione non si applica nel caso di variante disposta ai sensi dell'articolo 132, comma 1, lettera e) del codice” (errori del progetto esecutivo)”. Al successivo comma 15, inoltre, si precisava che, ai fini del calcolo del quinto, non dovevano essere tenuti in conto gli aumenti, rispetto alle previsioni contrattuali, delle opere relative a fondazioni.

Sul tema è probabile che verrà in aiuto il nuovo DM in materia di Direzione Lavori che, se confermato per questa parte, prevedrà il reinserimento nell’art. 10, di questo stesso dettato normativo ormai abrogato, ripristinando, dunque, la regola che “ai fini della determinazione del quinto, l'importo dell'appalto è formato dalla somma risultante dal contratto originario, aumentato dell'importo degli atti di sottomissione e degli atti aggiuntivi per varianti già intervenute, nonché dell'ammontare degli importi, diversi da quelli a titolo risarcitorio, eventualmente riconosciuti all'esecutore ai sensi degli articoli 205 e 208 del codice”.

Obblighi di comunicazione e trasmissione

Comma 5. Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori che hanno modificato un contratto nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all'allegato XIV, parte I, lettera E, ed è pubblicato conformemente all'articolo 72 per i settori ordinarie e all'articolo 130 per i settori speciali. Per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, la pubblicità avviene in ambito nazionale.

Comma 14. Per gli appalti e le concessioni di importo inferiore alla soglia comunitaria, le varianti in corso d'opera dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché quelle di importo inferiore o pari al 10 per cento dell’importo originario del contratto relative a contratti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, sono comunicate dal RUP all'Osservatorio di cui all'articolo 213, tramite le sezioni regionali, entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza. Per i contratti pubblici di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, le varianti in corso d'opera di importo eccedente il dieci per cento dell'importo originario del contratto, incluse le varianti in corso d'opera riferite alle infrastrutture prioritarie, sono trasmesse dal RUP all'ANAC, unitamente al progetto esecutivo, all'atto di validazione e ad una apposita relazione del responsabile unico del procedimento, entro trenta giorni dall'approvazione da parte della stazione appaltante. Nel caso in cui l'ANAC accerti l'illegittimità della variante in corso d'opera approvata, essa esercita i poteri di cui all'articolo 213. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione e trasmissione delle varianti in corso d'opera previsti, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 213, comma 13.

Gli oneri di comunicazione e trasmissione interessano non solo la procedura principale di affidamento o di gara ma, chiaramente, anche le modifiche al contratto che non siano previste nei documenti di gara. Nello specifico, viene imposto alle stazioni appaltanti di pubblicare un avviso nella G.U.E. (o per il sotto soglia, in solo ambito nazionale) nel caso di modifiche supplementari e di varianti in corso d’opera. In particolare, per i contratti sotto soglia tutte le varianti devono essere comunicate all’Osservatorio dei lavori pubblici, nelle sezioni regionali, entro 30 giorni dalla loro approvazione. Tale comunicazione è obbligatoria anche per il sopra soglia quando il valore della variante è inferiore al 10%. Qualora si superi tale percentuale, il RUP dovrà inviare la documentazione della variante all’ANAC che ne accerterà l’eventuale illegittimità (obblighi di trasmissione).

Volendo offrire una sintesi di quanto detto sin ora, si propone la seguente rappresentazione:

Fattispecie - Art. 106 D. Lgs. 50/2016

CASI

LIMITI DI VALORE MASSIMO

CONDIZIONI

ADEMPIMENTI

LE MODIFICHE PREVISTE NEI DOCUMENTI DI GARA
(Comma 1, lettera a) e comma 11)

a) Clausole di revisione e di adeguamento prezzi;


b) Proroga del contratto per il tempo strettamente necessario all'espletamento delle procedure di gara.


c) Modifiche di dettaglio o varianti non varianti
d) Sostituzione del contraente originario

Nessun limite
Per i lavori l'eccedenza deve superare il 10% del prezzo originario e comunque in misura pari alla metà



Le modifiche di dettaglio hanno il limite di valore determinato dalla S.A.

1) Clausole chiare in cui sono prefissate la portata e la natura delle modifiche.


2) Non è alterata la natura generale del contratto.

Nessuna ulteriore pubblicazione
Nessun nuovo CIG[9].

LE MODIFICHE NON PREVISTE NEI DOCUMENTI DI GARA
(Comma 1, lettere b), d) ed e))

a) Lavori, servizi o forniture supplementari affidate al contraente originale, necessarie e non incluse nell'appalto iniziale;


b) Modifiche non sostanziali, di dettaglio o varianti non varianti;


c) Sostituzione del contraente originario in caso di morte, ristrutturazioni societarie;


e) Se la S.A. assume obblighi del contraente verso subappaltatore

La modifica non deve superare il 50% del valore del contratto iniziale (solo per settori ordinari);


Le modifiche di dettaglio, se previste nel bando, possono essere incluse in soglie di importi.

Per le sole prestazioni supplementari, se un cambiamento del contraente produce due effetti:
1) impraticabilità per motivi economici o tecnici;
2) notevoli disguidi o consistente duplicazione dei costi.


In ogni caso non deve essere alterata la natura generale del contratto.

Nessun nuovo CIG se la modifica non supera il quinto d’obbligo[10].


1) Comunicazione ad ANAC entro 30 giorni dall'approvazione della prestazione supplementare;


2) Pubblicazione ai sensi del comma 5 per le prestazioni supplementari.

LE VARIANTI IN CORSO D'OPERA TRADIZIONALI
(Comma 1, lettera c))

Varianti in corso d'opera

La modifica non deve superare il 50% del valore del contratto iniziale (solo per settori ordinari)

Devono realizzarsi entrambe le seguenti:


1) circostanze impreviste e imprevedibili, compresa la sopravvenienza di nuove norme;


2) non è alterata la natura generale del contratto.

Nessun nuovo CIG se la modifica non supera il quinto d’obbligo.


1) Pubblicazione ai sensi del comma 5.
2) Comunicazione all'Osservatorio entro 30 giorni dall'approvazione della variante in caso di varianti[11]:
a) per appalti sotto soglia;
b) di importo inferiore al 10% per appalti pari o sopra soglia.
3) Trasmissione all'ANAC per varianti pari o superiore del 10% del valore del contratto iniziale su appalti pari o sopra soglia comunitaria[12].

LE MODIFICHE PER IMPORTI SOTTOSOGLIA
(Comma 2 e commi 9 e 10)

a) Modifiche motivate diversamente da quanto previsto nel comma 1, lettere a) e b);


b) Modifiche per errori od omissioni progettuali

Deve trattarsi di modifica sotto soglia comunitaria che non supera il 10% per servizi e forniture, il 15% per i lavori

1) Non è alterata la natura generale del contratto;


2) Resta ferma la responsabilità dei progettisti esterni nel caso b)

Nessun nuovo CIG
1) Comunicazione ad ANAC entro 30 giorni dall'approvazione della prestazione supplementare[13]

Modifiche diverse da quelle previste ai commi 1 e 2
(Comma 6)

Nessun limite

Nuova procedura di gara e nuovo CIG ed eventuale ricorso all'art. 63

Incentivazione delle modifiche contrattuali e varianti

Un ultimo contributo, per una migliore e completa visione dell’argomento, riguarda la questione dell’incentivazione ex art. 113 del nuovo Codice dei Contratti pubblici in riferimento alle modifiche contrattuali, intese in senso generale. Da una lettura sistematica di tale articolo, così come modificato anche dalla recente Legge di Bilancio del 2018, emerge una tendenziale compatibilità tra i due istituti. La logica dell’incentivazione è, a ben vedere, legata alla particolarità delle funzioni tecniche e amministrative che devono garantire la correttezza, l’efficienza e l’efficacia di una procedura di appalto realizzando risparmi in termini di rispetto dei tempi e di riduzione delle varianti in corso d’opera.

L’art. 113 di per sé esclude l’incentivazione laddove non vi sia gara, dunque in ipotesi di affidamenti diretti e somme urgenze (in questo senso si legga anche il parere della Corte Conti Toscana, n. 186 del 14.12.2017) mirando a promuovere l’utilizzo sempre più esteso di procedure competitive, ordinarie e programmate con la conseguenza che quelle aventi carattere eccezionale e non competitive sono ammesse ma sottratte all’incentivazione.

In tale contesto normativo, dunque, fortemente modificato rispetto al precedente assetto ex art. 92 del D. Lgs. 163 del 2006, si pone anche l’esigenza di chiarire se e quali tipologie di modifiche e varianti siano incentivabili. In questo campo ci viene in aiuto anche la giurisprudenza contabile secondo la quale, nell’ambito del Quadro Economico, non è possibile calcolare il 2% dell’importo previsto ex art. 113 sulla voce imprevisti. La norma prevede, infatti, che la percentuale è calcolata sull’importo posto a base di gara escludendo, di conseguenza, le somme per accantonamenti, imprevisti, acquisizioni ed espropri di immobili e l’IVA. Mentre sono inclusi, tra l’altro, gli oneri per la sicurezza pur se non sono assoggettabili a ribasso.

Sul fronte delle varianti in corso d’opera, invece, la Corte dei Conti si è più volte espressa nel senso di ritenere erogabile l’incentivo “qualora nel corso dell'esecuzione di un'opera pubblica o lavoro si renda necessario redigere, da parte del personale dipendente dall’Ente, una perizia di variante e suppletiva con incremento dell'importo dei lavori affidati, rientrante negli ambiti consentiti dalla norma vigente, con esclusione delle varianti determinate da errori di progettazione, con la specificazione che l’incentivo stesso deve essere correlato all’importo della perizia di variante.”.

In buona sostanza, l’incentivo segue la logica dell’efficienza e non può legarsi all’utilizzo di strumenti che impattano su questo aspetto (dunque, la voce imprevisti non può essere inclusa nel calcolo dell’incentivo). Viceversa, in coerenza con tale aspetto, l’incentivo è sì prevedibile nel caso in cui ricorrano le circostanze impreviste e imprevedibili di cui alle varianti in corso d’opera e nel caso di prestazioni supplementari.

(Altalex, 2 maggio 2018. Articolo di Evarita D'Archivio)

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__________________

[1] Per una visione statistica dell’impatto economico dell’istituto delle varianti, si rinvia al Comunicato dell’ANAC del 1 marzo 2018, pubblicato lo scorso 18 aprile. Interessante è l’impatto delle varianti nel caso di gare espletate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto a quelle con il criterio del prezzo più basso.

[2] DE NICTOLIS, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, 2016, 503 e ss.;

[3] Fra tutte si ricorda Corte di giustizia, 29 aprile 2004, causa C-496/99 P;

[4] Consiglio di Stato, sez. V, n. 2882 del 2009: “La proroga è teorizzabile, ancorandola al principio di continuità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) nei soli, limitati ed eccezionali casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione ) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente”.

[5] Sul punto si veda anche il parere del Consiglio di Stato n. 2187 del 27/02/1997 che ritiene incluso nel conteggio dei 9 anni anche l’ipotesi di rinnovo contrattuale. Costituisce unica eccezione a questo limite massimo, il contratto di servizio energia ai sensi del D. Lgs. 115/2008 che ne sancisce una durata massima di 10 anni. Ulteriori riferimenti: Deliberazione ANAC n. 22 del 06/06/2014;

[6] GIGLIOLA – FIDANZA, L’art. 106 del nuovo codice. Modifica di contratti durante il periodo di validità, in www.Italiappalti.it;

[7] PEZZANO A., RATTI M., Nuovo codice degli appalti e procedure concorsuali: prime riflessioni, in Fallimento, 2016, n. 7, p. 757 s.;

[8] PROIETTI, Le principali novità in tema di contratti e concessioni, in Corr. giur., 2016, n. 8-9, p. 1041 ss;

[9] Secondo la FAQ ANAC “A31. Nel caso di proroga (cosiddetta tecnica) del contratto deve essere richiesto un nuovo codice CIG? Non è prevista la richiesta di un nuovo codice CIG nei casi di proroga del contratto ai sensi dell’art. 106, comma 11, del Codice dei contratti pubblici, concessa per garantire la prosecuzione delle prestazioni nelle more dell’espletamento delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo soggetto affidatario”.

[10] Se la variante o la modifica supera il quinto d’obbligo è necessario acquisire un nuovo CIG (si legga il Comunicato dell’ANAC del 28/10/2015);

[11] Attraverso il sistema SIMOG (Comunicato ANAC del 28 ottobre 2015). Le FAQ dell’ANAC riferiscono nella sezione “Obblighi informativi verso l’Autorità di cui all’articolo 7, comma 8 DEL D.LGS. n. 163/06”, alla Faq A.44: “Come si assolve all'obbligo di pubblicazione degli avvisi e dei bandi sul sito informatico presso l'Osservatorio di cui all'art. 66, comma 7, del D.Lgs. 163/2006? A tale obbligo si assolve caricando nel sistema SIMOG, all'atto di perfezionamento del CIG, i files PDF relativi ai documenti di gara. Allo stato, quindi, non è possibile pubblicare bandi e/o avvisi al di fuori della procedura per il perfezionamento del CIG”.

[12] Attraverso il Modulo di cui al Comunicato ANAC del 23.11.2016;

[13] Attraverso il sistema SIMOG.

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