Demandandolo alle associazioni di volontariato. Per la prima volta, l’assessore Corvino ha annunciato un censimento
30 Marzo 2018 - 00:00
CASERTA (pasman) – Al comune di Caserta hanno scoperto da qualche giorno che in città ci sono i “…clochard…” , con questo francesismo dal chiaro riflesso freudiano, che tenta forse, nel segno di questi tempi, di smorzare, di attenuare, la durezza dell’esistenza.
Eppure questa tipologia di persone non è proprio nuova – diciamo – nella realtà urbana anche campana, se il codice penale …per lo regno delle Due Sicilie… del 1819, per non andare a secoli ancora prima e ad altri luoghi, avvertiva il bisogno di prevedere, a difesa della società, delle misure di polizia nei confronti di vagabondi, mendicanti ed oziosi validi al lavoro in genere, come essi nel pretto italiano si chiamavano, allora come ora.
Adesso l’assessore alle politiche sociali casertano, Maddalena Corvino, ha annunciato che si procederà ad un censimento di chi non ha una casa ed è costretto a vivere per strada. Per poi attuare, attraverso il volontariato casertano già mobilitato nel corso dell’inverno, un piano di intervento.
L’iniziativa, se da un lato è lodevole, mette il bollo dell’ufficialità a ciò che è nei fatti ed ossia che gli uffici competenti (?) di palazzo Castropignano non sanno nulla del fenomeno e nulla fanno. Il loro compito è di semplici passacarte e si esaurisce in quegli striminziti orari di servizio che impiegati e dirigenti passano rigorosamente nei loro uffici ben riscaldati d’inverno e rinfrescati d’estate. Distribuito qualche sussidio, stilata qualche graduatoria di merito del beneficio occasionale, poi, in strada, di sera e di notte, con il freddo e con la pioggia, l’assistenza vera alle persone disagiate la devono fare gli altri, come meritoriamente fanno le associazioni religiose e civile cittadine impegnate verso gli altri.
La doverosa assistenza pubblica nel territorio casertano, soprattutto per i casi più estremi, è dunque sostanzialmente negata, nell’indifferenza di una politica attenta solo ai minuetti delle poltrone. Se ne fa così la sola parodia.
Lo scorso anno riferimmo il caso della ragazza madre che, all’altezza del passaggio a livello di via Acquaviva, mendicava in compagnia del figlio natole da poco. Ci parlammo e ci espresse tutta la sua disperazione per il fatto di essere completamente abbandonata a sé stessa, a cominciare da quegli uffici comunali da cui si sarebbe aspettato un sostegno, almeno nella forma riconosciuta agli stranieri per quanto clandestini, osserviamo noi. Niente di niente. La risposta era sempre la stessa “non ci sono fondi…non ci sono soldi…non è previsto…” e tanto bastava. In pratica la più brutale risposta dell’arrangiati ! sotto altra formula, quella più ottusamente burocratica e proterva.
Questa volta documentiamo il caso di un uomo poco più che quarantenne che da alcuni mesi vive nel sottopasso ferroviario di via Acquaviva, nel senso letterale che lì mangia, dorme e passa il suo tempo, come ormai sanno tutti i residenti del quartiere.
Sistematosi nel passaggio all’altezza della scala centrale, con materasso, coperte e poche altre cose, se ne sta seduto appoggiato al muro per la maggior parte del tempo, chiuso in se stesso. Non sollecita l’elemosina e non importuna nessuno. A chi gli da qualche spicciolo tiene a rivendicare ”…non sono straniero…non sono straniero”. Da quel poco che si è potuto sapere, perso il lavoro, se n’è andato di casa per i dissapori con la moglie ed i figli e non ha trovato altra soluzione che rifugiarsi in quel modo. Un caso umano penoso.
Ovviamente, per il comune è come se nulla fosse. Il fatto non fa né caldo né freddo a nessuno.
Ma rispetto alla Tornando all’assessore Corvino, che abbiamo elogiato per la sua iniziativa, ma dalla quale ci aspetteremmo ben altre e più incisive misure nell’ambito propriamente comunale, se del caso sovvertendo il suo intero settore che così com’è serve a ben poco per quello che interessa, sia consentito dobbiamo esprimere qualche dissenso rispetto ad una sua affermazione. Propriamente laddove pare abbia dichiarato, riferendosi, ad una struttura di via Mondo allestita dall’amministrazione comunale per accogliere i senza tetto: “… Sta di fatto, però, che essa non viene utilizzata dai clochard, i quali, sia per una scelta di vita, sia in quanto refrattari a regole, preferiscono vivere in strada. Ne’ tantomeno vi sono state segnalazioni da parte di persone o associazioni per indirizzare in quella struttura persone che ne avessero bisogno… nessuno è venuto da noi per chiedere assistenza e riparo nella sede di via Mondo. E ricordo a tutti che noi non possiamo costringere nessuno a farlo contro la sua volontà ”.
Intanto, dire che nessuno viene a chiedere assistenza e che non vi sono segnalazioni in tal senso significa invertire l’onere dell’impegno in questo ambito, attendendo l’iniziativa da soggetti che per i disagi che vivono non ne sono capaci, mentre è nell’ordine delle cose e dei loro doveri che gli uffici preposti si facciano parte diligente verso di quelli.
Ma soprattutto evocare le scelte di vita, la refrattarietà alle regole e la preferenza a vivere in strada, per sostenere l’impossibilità di costringere taluno a fare alcunché contro la sua volontà sembra francamente improprio.
Per falso umanitarismo, queste sono oggi credenze piuttosto diffuse, ma infondate.
L’articolo 4 della Costituzione italiana (quella più bella del mondo, si usa dire, ma quando conviene) dopo aver riconosciuto il diritto al lavoro, afferma nettamente che “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Altro che scelte di vita.
E poi va distinto quel che va distinto. Un conto sono i casi come quello dell’uomo del sottopasso che abbiamo raccontato, altro sono l’accolita di ubriaconi che bivacca in pieno centro a via Battisti, nel degrado più assoluto, ubriacandosi, vomitando per il troppo bere, facendo i bisogni apertamente e molestando i passanti.
E difatti non si capisce perché nessuno faccia nulla nei loro confronti, che agiscono indisturbati.
Anzi, si capisce fin troppo bene, per come stanno le cose.
E dunque se sono ammalati, li si curi. Se no, si faccia quanto di deve.