Interdittiva antimafia alla società che per la DDA è controllata da un imprenditore del clan dei Casalesi. Da Magliocca, De Rosa, Zannini, Palmieri e co. 450 mila euro in due anni
29 Febbraio 2024 - 13:43
La Co.Bi. Costruzioni di Ernesto Biffaro per la DDA di Napoli è utilizzata, gestita da Fabio Oreste Luongo, assolto nel processo della tangentopoli sanfeliciana e accusato di aver partecipato agli appalti truccati del Cira di Capua. Nicola Schiavone, figlio ed erede di Sandokan, lo definiva come imprenditore del clan
CASERTA (g.g./l.v.r.) – Non equivale certo ad una condanna, ma dovrà pur significare qualcosa l’emissione del provvedimento di interdittiva antimafia della prefettura di Caserta nei confronti della Co.Bi. Costruzioni.
Certo, che per gli investigatori e i magistrati della DDA di Napoli ci sia un collegamento tra la CoBi e il clan dei Casalesi non è certo qualcosa di recente, essendo l’ordinanza di arresto del cugino del titolare dell’impresa, Ernesto Biffaro, ovvero Fabio Oreste Luongo (poi scarcerato dal Riesame), datato fine di aprile del 2022.
In quell’inchiesta, relativa agli appalti del Cira di Capua, secondo gli inquirenti truccati da Sergio e Adolfo Orsi, pagando tangenti ai unzionari del Cira responsabili delle procedure di gara Carlo Russo (direttore amministrativo del Cira) e Vincenzo Filomena (ingegnere dell’ufficio tecnico), di Luongo il gip scrive del soggetto che è titolare di fatto della Co.Bi., descrivendolo come in sostanza come soggetto partecipe al clan dei Casalesi con il ruolo di imprenditore
Per la Dda, dunque, avrebbe utilizzato la Co.Bi., il cui legale rappresentante è il cugino di Luongo, per simulare una parvenza di concorrenza negli appalti truccati al Cira di Capua da Sergio e Adolfo Orsi. Non lo dice CasertaCe, bensì viene segnalato dagli inquirenti che stanno seguendo l’indagine.
Sulle accuse a Fabio Oreste Luongo vanno aggiunte due cose: recentemente è stato assolto nel processo per infiltrazione mafiosa al comune di San Felice a Cancello. Dall’altra parte, però, di Luongo ha parlato e non poco Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, che lo definisce, almeno fino il 2010, ovvero il momento in cui viene arrestato Schiavone jr., come partecipante a un gruppo di imprenditori con i quali faceva cartello.
Sarebbe stato membro – dice Schiavone – di un’organizzazione guidata da Dante Apicella, partecipando insieme a gare d’appalto dietro autorizzazione del clan, sostanzialmente per far finta che ci fosse una sfida, un po’ di concorrenza, su gare che sarebbero state ampiamente truccate.
Ecco, noi più o meno dal maggio del 2022 stiamo scrivendo della presenza continua della Co.Bi. all’interno delle ditte scelte – in maniera diretta o tramite gare aperte (o semi aperte) – dall’amministrazione provinciale di Caserta come esecutrice dei lavori.
Lavori su ponti, scuole e strade provinciale. Procedure di gara che superano il milione di euro e che hanno portato a Cobi, quale società di cantiere 450 mila euro, arrivati nelle casse dell’impresa che abbiamo descritto.
Sulle aggiudicazioni della provincia guidata da Giorgio Magliocca, firmate a volte dal dirigente Paolo Madonna, altri con il nome di Gerardo Palmieri, molto abbiamo scritto rispetto ad una questione di opportunità morale (sic!) di invitare a procedure di gara imprese con un importante dubbio rispetto a una natura totalmente estranea a dinamiche criminali. Sia chiaro, non è una cosa contro Luongo o contro Biffaro. Ci sono state le imprese di Pezzella, addirittura accusato di aver corrotto funzionari della Provincia e dallo Provincia stesso “premiato”, Cogesa, i Martino, i Petrillo Pacchielli e la finiamo qui perché altrimenti facciamo notte.
Ma sul piano della legittimità, della legalità degli affidamenti alla Co.Bi., mai abbiamo potuto sollevare dubbi. Il motivo è perché la Prefettura di Caserta, dal momento in cui è emersa l’indagine sul Cira di Capua, fine aprile 2022, non ha mai ritenuto che ci fossero i presupposti per un’interdittiva antimafia.
CasertaCe, nel frattempo, ha continuato a raccontarne di Co.Bi. e altre imprese coinvolte direttamente (sequestrate) o indirettamente in indagini di camorra, capaci però di essere sempre presenti delle determine di aggiudicazione, ripetendo un concetto, un’ipotesi inquietante ma possibile, ovvero l’esistenza del rischio che l’amministrazione guidata da Giorgio Magliocca possa passare alla storia come una di quelle che ha foraggiato imprese di camorra. Un concetto ampiamente espresso e mai trattato dal presidente della Provincia, dal delegato al settore Viabilità, Marcello De Rosa, e ovviamente dal capo politico dell’ente, Giovanni Zannini.
Questi due anni ci sono costati lavori, articoli, contumelie varie ed eventuali, una querela presentata dallo stesso Biffaro e un paio di passeggiate del direttore Gianluigi Guarino negli uffici della Squadra Mobile della Questura di Caserta a spiegare perché scrivevamo cose presenti, tra l’altro, in atti pubblici, emessi da un giudice.
In due anni nulla si è mosso, fino al 23 febbraio.
In quel giorno la prefettura casertana guidata da Giuseppe Castaldo con calma, molta calma (troppa calma?), ha cancellato dalla white list provinciale, ovvero dalle elenco delle società che possono firmare contratti con le amministrazioni pubbliche, la Co.Bi., a seguito, quindi, di un’interdittiva antimafia.
Ora, non sappiamo se gli altri cantieri sono ormai chiusi, ma sappiamo che la Provincia di Caserta è stata costretta a “dover revocare” l’ultimo appalto della lista, quello relativo alla Strada Provinciale 7 di Mondragone, vinto dalla Co.Bi. con un importo lavori di 270 mila euro.
Sulla Provinciale arriverà la seconda classificata in graduatoria e si passerà da Casal di Principe, sede della Co.Bi., a San Marcellino, casa dell’impresa Della Corte Costruzioni, arrivata dietro l’impresa di Biffaro.
Nota finale: il passaggio a una ditta di San Marcellino conferma l’altissima percentuale degli affidamenti che vedono in azione imprenditori del triangolo San Cipriano, Casapesenna e Casale.
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