LA NOTA. Il problema non è lo storico verminaio del Consorzio di Bonifica, ma la sua impunità perpetua
9 Aprile 2019 - 17:06
CASERTA (g.g.) – Se continua l’andazzo di sempre nei cosiddetti enti di sottogoverno, se la strage di pubblico denaro s’intreccia in tantissime circostanze alla commissione di atti illegali che diventano, “more solito“, costume consueto, questo non accade per colpa nostra. Abbiamo, infatti, tutto il diritto di chiamarci fuori dalla responsabilità, peraltro grave, che la nostra Nazione si assume nel momento in cui non fa quello che la Costituzione, da essa stessa approvata, le impone di fare in tema di obbligatorietà dell’azione penale.
Noi ci chiamiamo fuori perché facciamo tutto quello che le nostre ormai molto depauperate energie ci consentono di fare, in questa sorta di matta e disperatissima battaglia contro i mulini a vento. Da anni scriviamo articoli su quegli autentici cessi, ribadiamo cessi (aspettiamo ancora qualcuno che ci querela per questa affermazione), che vengono definiti, mai come in questo caso in maniera sedicente, Consorzio Idrico di Terra di Lavoro e Consorzio
Ma noi più di tanto non possiamo fare di fronte all’evidenza palmare di atti illegali, illegittimi intorno ai quali abbiamo sempre rispettato le persone di cui ci occupavamo, unicamente riguardo alle modalità attraverso cui esplicavano le funzioni pubbliche ricoperte, tramite una durissima applicazione dimostrativa su atti e documenti. Occorrerebbe una sorta di task force di giornalisti militanti, va bé che ne parliamo a fare…
Delle volte ci giungono delle segnalazioni di qualche mosca bianca. E ci fa piacere, pur conoscendo i limiti della nostra possibilità di incidere realmente attraverso un’attività che, purtroppo, a causa delle ristrettezze di un grande, ma anche piccolo giornale come questo, non può non essere episodica rispetto ad una condizione di antico radicamento del malaffare, per la cui cura forse non basterebbe neppure un’attività continua in ragione di un articolo al giorno pubblicato per un anno di seguito.
Non basta, perchè quello per cui noi, il nostro modo di vedere il mondo, si emoziona e si batte, non conta, al contrario, un tubo per l’opinione pubblica, per un popolo bue ormai ridotto al rango di entità cerebralmente unicellulari, pur essendo quei soldi, che in quota parte sono di proprietà di ognuno dei componenti del popolo unicellulare, ad essere continuamente, sistemicamente oggetto di strage predona. E si sa che quando la cosiddetta opinione pubblica non si attiva, le istituzioni si dimostrano sempre un pò pigre. Fosse una volta, giusto per fare un esempio, che la Corte dei Conti (dove c’era il casertano Michael Sciascia fino a qualche giorno fa, campa cavallo…) si fosse degnata di valutare la mondezza urticante, fagocitatrice delle pubbliche risorse che usciva dagli uffici di questi enti, travestita da delibere e determine.
Dicevamo, ci piace quando qualcuno, disinteressatamente, più spesso, invece, perchè ha subito dei torti personali o è rimasto fuori dai giochi, ci segnala notizie e spunti di approfondimento per la messa a fuoco di nuovi casi di malaffare e di mala gestio. Ci piace perché stimola anche il nostro interesse per la ricerca. Siamo fatti così, mentre ognuno scappa, tutto sommato comprensibilmente, di fronte alla illeggibilità, alla inagibilità cognitiva, al groviglio di una lingua bizantina e criptica, che connota la maggior parte delle norme del diritto nazionale, noi, come se ci sentissimo partecipi di un tavolo del giorno di Natale, tra un Monopoli e un Mercante in Fiera, proviamo piacere ad esercitarci nel gioco della Matrioska, ovvero parti da una legge di oggi e a colpi di rimandi, arrivi fino allo statuto albertino.
Se consulti una legge italiana, 99 volte su 100 non capisci un cazzo. Perché sono fatte in modo tale da rappresentare una cornice di regolamentazione dei rapporti nelle oligarchie e tra le oligarchie, nei poteri forti e tra i poteri forti. E allora devono essere anti-democratiche, perché se la gente comune le capisce, magari ricorda cos’è la democrazia, s’incazza e poi finisce male. Un abilissimo campione dei meccanismi complessi della lottizzazione, cioè l’avvocato civilista aversano Marco Antonio Abbate, le vince tutte 4-0 le sue partite.
Ma chi volete che si metta a stare lì, a controllare la rispondenza alle leggi delle sue determine e dei suoi atti? Il punto di rottura dovrebbe essere rappresentato dalla Regione Campania, ma questa si esprime con un alfabeto totalmente in sintonia con quello adottato in questi enti.
Abbiamo dovuto raccontare a suo tempo di una stralunatissima assessora regionale all’Agricoltura di Forza Italia, la casertanissima e mondragonesissima Daniela Nugnes, la quale, in un’applicazione molto naif del principio manicheo, divideva il mondo dei vivi in sodali politici e nemici politici, garantendo ai primi la concessione, peraltro non complicata da erogare, della sua totale inazione di fronte al verminaio consortile. E su questo, a suo tempo abbiamo scritto almeno una cinquantina di articoli.
Poi è arrivato il (sedicente) centrosinistra. E questi sono più furbi. Non avendo fatto le scuole alte, e neppure quelle medie, interpretano il tempo e il territorio alimentando quella che potremmo definire (ci inventiamo questa espressione maccheronica), “Ignorantia gentium“. Per far questo occorre avere a disposizione la possibilità di dare posti di lavoro, più che a raccomandati, a persone appartenenti ad aree politiche, lobbistiche che poi torneranno utili al momento dell’apertura delle urne elettorali.
Poi c’è la variabile di Casertace che, come detto, non si fa più illusioni e che questi articoli li scrive quasi per sfizio. Cercheremo di essere semplici, chiari. Sintetici, è impossibile. Ma non per colpa nostra. Perché dipanare la matassa di certi trucchetti necessita di tempi lunghi, proporzionali alla cazzimma degli attori che si esibiscono.