CAMORRA & DIPLOMAZIA. Ecco il ristorante dove l’imprenditore Mimmo Pagano strinse il patto con Nicola Schiavone
23 Maggio 2019 - 13:25
TRENTOLA DUCENTA – Abbiamo deciso di pubblicare questo stralcio specifico delle dichiarazioni rese dal super pentito Nicola Schiavone sui suoi rapporti con l’imprenditore Domenico Pagano, con suo fratello Nicola Pagano che è stato anche sindaco di Trentola Ducenta, perchè a nostro avviso marca, definisce una caratteristica peculiare del clan dei casalesi, rispetto ad altri clan, ma soprattutto rispetto ad altre organizzazioni criminali.
Il tema è il seguente: lo sgarbo. Cosa succede se un imprenditore seppur storicamente legato a un camorrista, il quale prova finanche affetto per lui e la sua famiglia, litiga con il medesimo camorrista, nel caso specifico per l’assegnazione di una farmacia comunale, e subito dopo va a parlare con un altro boss per mettersi sotto la sua ala protettrice, il primo dei due boss, cioè Michele Zagaria, cosa fa? Si arrabbia come un boss della mafia o della ndrangheta, aprendo un contenzioso con il suo ex amico imprenditore, condito di minacce e magari anche di atti di violenza più o meno estremi oppure si comporta diversamente, applicando questa sorta di marchio doc del camorrismo “nostrano”, del clan dei casalesi in particolare?
Questo stralcio di interrogatorio ci dimostra che l’antico accordo tra i maggiori boss, cioè tra Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti e poi appena dopo con Antonio Iovine e Michele Zagaria, è divenuta una sorta di struttura non emendabile, non ridefinibile attraverso una guerra.
E allora, quando Giacomo Capoluongo, così racconta Nicola Schiavone, porta a quest’ultimo su un piatto d’argento la disponibilità di mettersi a disposizione di Domenico Pagano, tutto avviene senza ulteriori tensioni. L’incontro si consuma nel ristorante Vecchio Monastero in quel di Teverola, dove Pagano era stato convocato da Giacomo Capoluongo in modo che potesse conoscere di persona Nicola Schiavone.
Quest’ultimo non è che abbia avuto con Michele Zagaria rapporti cordiali. Ma questo è un discorso e un altro discorso è la costruzione degli equilibri.
Attenzione, perchè questo è l’aspetto fondamentale del discorso e il tessuto connettivo di quel marchio peculiare che appartiene al clan dei casalesi. Nicola Schiavone si reca da Michele Zagaria e lo mette al corrente di quel colloquio e della volontà di Giacomo Capoluongo di collegarlo al figlio di Sandokan nel meccanismo delle proprie attività imprenditoriali, private e pubbliche.
Alla fine, Nicola Schiavone e Michele Zagaria raggiungono il seguente accordo: per tutti i lavori che Domenico Pagano effettuerà sulle piazze di Trentola e Casapesenna, dovrà far riferimento per le compartecipazioni economiche, a Michele Zagaria, mentre per tutti gli altri affari realizzati nel resto della provincia diventerà socio di farro di Nicola Schiavone. E in questo registro si inserisce l’operazione dell’immobile di Capua da 500mila euro. Una cifra suddivisa a metà tra Pagano e Nicola Schiavone. La sua parte, cioè 250mila euro, così come abbiamo scritto nel primo articolo dedicato a questa parte delle propalazioni di Nicola Schiavone (CLICCA QUI PER LEGGERE) viene in consegna proprio da Giacomo Capoluongo, autentico mastice di questo nuovo e piuttosto potente sodalizio economico-criminale.
QUI SOTTO LO STRALCIO DELLE DICHIARAZIONI DI NICOLA SCHIAVONE