Chiedono il pizzo agli imprenditori che costruiscono appartamenti nel casertano: CONDANNATO braccio destro di Iovine
6 Novembre 2025 - 10:37
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Si tratta del fratello di O’Ninno, che avrebbe creato un gruppo attivo nelle estorsioni con Oreste Reccia
CASERTA – La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da Nicola Fedele, confermando la condanna per estorsione aggravata con l’uso del metodo mafioso. La sentenza definitiva riguarda tre episodi di richiesta di denaro attraverso intimidazioni.
Fedele, secondo le accuse, agiva come “braccio destro” di un altro soggetto, Giuseppe Iovine, fratello di Antonio Iovine O’Ninno, facente parte del gruppo di Oreste Reccia detto Recchia ‘e lepre, insieme anche a Salvatore Venosa e Umberto Venosa.
Fedele, attraverso il suo avvocato, aveva cercato di sminuire il suo ruolo, sostenendo di non essere mai stato parte di alcun gruppo mafioso e di non aver mai usato intimidazioni. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto le sue argomentazioni generiche e non supportate dalle prove, confermando così non solo le condanne per estorsione, ma anche l’aggravante del metodo mafioso.
Le prove a carico – tra cui numerose conversazioni telefoniche intercettate e le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia – hanno dimostrato come Fedele non fosse un semplice accompagnatore, ma svolgesse un ruolo attivo: parlava personalmente con le vittime, ritirava i soldi e, in alcuni casi, usava toni minacciosi, approfittando della fama criminale del gruppo.
Il procedimento si è originato dalle indagini coordinate dalla procura DDA, accertate dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, poi confermate in appello a Napoli, che hanno ricostruito l’attività estorsiva condotta da Reccia, Iovine e gli altri in diversi contesti imprenditoriali del Casertano.
Tra i casi più rilevanti, l’imposizione di un pagamento di 40.000 euro a un imprenditore impegnato nella costruzione di un complesso edilizio a Castel Morrone, nonché richieste estorsive ai danni di una società pubblicitaria di Frignano e di due esercizi commerciali a Casaluce. In tutte le circostanze, l’imputato avrebbe sfruttato il peso criminale del cognome Iovine e l’appartenenza al contesto camorristico del clan dei Casalesi.
