Clan dei Casalesi & appalti d’oro di Rete Ferroviaria Italiana: gli imprenditori al matrimonio del figlio di Sandokan
13 Febbraio 2024 - 17:01
E’ quanto emerso nel processo sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti delle Ferrovie dello Stato, che si sta celebrando dinanzi la Terza Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere presieduta dal giudice Giuseppe Meccariello
CASAL DI PRINCIPE – I fratelli Vincenzo e Nicola Schiavone al matrimonio di Carmine Schiavone, figlio di Francesco Schiavone detto Sandokan. E’ quanto emerso nel processo sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti delle Ferrovie dello Stato, che si sta celebrando dinanzi la Terza Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere presieduta dal giudice Giuseppe Meccariello. Il sostituto procuratore Graziella Arlomede della Dda di Napoli ha escusso il funzionario della squadra mobile casertana che identificò tutti gli invitati al matrimonio di Carminotto del 5 giugno 2008, tra cui i fratelli Nicola e Vincenzo Schiavone. “Erano tra gli invitati al matrimonio” ha ammesso la funzionaria. Escusso anche l’ex detenuto Nunzio
Colantuono spiegò ai magistrati dell’antimafia di essere stato ingannato dai due germani Schiavone per 108 milioni delle vecchie lire per la ditta di cablaggio di cavi elettrici e di telecomunicazioni in sub appalto con i questi e del tentativo di Vincenzo Schiavone di far recuperare il denaro perso con altri lavori. Da lì la proposta di sostituire i contatori Enel con la media di 80 al giorno e sui quali percepiva 20 euro per un prezzo concordato di 50 euro a contatore. Arrivò a installare 3000 contatori in 4 mesi. Lo assunsero per ammantare di regolarità il sub appalto. L’accordo era semplice gli Schiavone trattenevano 30 euro, 20 euro a Colantuono e per tutti i lavori la cifra complessiva percepita era di 150mila euro: 90mila euro ai germani Schiavone, 60mila a Colantuono. Invece gli vennero pagati solo gli stipendi senza extra.
Le dichiarazioni, ritrattate, dell’ex dipendente hanno insospettito il pm Arlomede tanto da chiedere la trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza con l’aggravante della metodologia mafiosa.