ELEZIONI REGIONALI 2015. Il CLAN DEI CASALESI ha gestito la pubblicità elettorale delle mega affissioni di molti politici

27 Agosto 2019 - 15:58

PARETE – Mario Iavarazzo e Armando Aprile sono quello che sono. Nell’estate del 2015, già si sapeva che Mario Iavarazzo era quello che era, mentre di Armando Aprile si diceva, ma nessuno poteva sostenere con certezza che si trattasse di un camorrista o di un socio della camorra.

Oggi, nel momento in cui l’autorità giudiziaria rende pubbliche delle intercettazioni risalenti proprio a quel periodo, ci rendiamo conto che il clan dei casalesi, impersonato “autorevolmente”, ai suoi massimi livelli del tempo, dal signor Mario Iavarazzo, parlava con un suo braccio operativo, cioè con il signor Armando Aprile, della pubblicità elettorale, evidentemente relativa agli impianti delle mega affissioni, fatta dai politici che avevano partecipato alle elezioni regionali svoltesi meno di tre mese prima, cioè nel maggio 2015.

I due, cioè la camorra del clan dei casalesi e il braccio operativo della stessa, si confrontavano sull’inchiesta che la guardia di finanza stava conducendo sui costi di quella campagna elettorale. Dunque, Mario Iavarazzo e Aprile parlavano del sospetto che l’autorità giudiziaria aveva sul nero, sui molti soldi che quei politici avevano versato senza fatturazione e senza altri giustificativi. discutevano di questo. Ciò non vuol dire che quei candidati pagavano anche in nero la ditta di Aprile e forse anche quella della famiglia Iavarazzo.

Quando però il giudice, dopo poche righe da questa premessa illustra, con dovizia di particolari, la struttura ragionieristica che determinava la spartizione dei proventi tra Mario Iavarazzo e Armando Aprile, mette nero su bianco il fatto, il dato di fatto, che questi proventi erano costituiti, almeno per il 50%, da soldi incassati in nero. E siccome per ogni singola tranche, scrive ancora il giudice nell’ordinanza, venivano mosse cifre sull’asse Iavarazzo-Aprile, variabili tra i 60 mila e gli 80mila euro, siccome c’era un’altra metà in nero, e siccome i due parlavano temendo probabilmente qualcosa, dell’indagine della guardia di finanza, non possiamo escludere, anzi conoscendo i politici campani e del nostro territorio, che qualcuno abbia pagato Aprile o chi per lui, in nero.

 

QUI SOTTO GLI STRALCI DELL’ORDINANZA

Nel corso della conversazione (progressivo 43 sessione 10), inoltre, emergeva che la Guardia di Finanza, nell’ambito delle attività investigative condotte nei confronti degli esponenti politici regionali della Campania, stava svolgendo accertamenti sui costi sostenuti dai politici per la campagna elettorale, e stava interrogando persone ed acquisendo documentazione anche da società impegnate nel settore della pubblicità. Mario IAVARAZZO ed Armando APRILE citano tale “Marcello” (da identificarsi in DAMIANO Marcello, nato a Napoli il 31.5.1976[1]), che erastato convocato proprio dalla Guardia di Finanza e che aveva avuto rapporti anche con IAVARAZZO Michele (Conversazione tra presenti progressivo 43 – sessione 10 – del 4.8.2015 ore 13.33 presso abitazione di Iavarazzo Mario in Villa Literno via Vecchia Aversa snc – decreto 2664/15 R.I.T.) ( cfr informativa della DIA).

[1]() DAMIANO Marcello, nato a Napoli il 31.5.1976, residente a Gricignano d’Aversa in via G. Di Vittorio 2, Parco Nettuno, usuario dell’utenza 3xxxx5 (identificazione tramite SDI dove l’utenza vienne indicata quale propria dallo stesso Damiano – cfr. ad esempio denuncia di smarrimento presentata in data 25.10.2016 presso i Carabinieri di Gricignano d’Aversa), titolare di ditta individuale ODISSEA di Damiano Marcello con P. Iva 03977581218 esercente l’attività di “agenti e rappresentanti di arredamento in vimini e giunco” con sede in Casaluce, via Ugo La Malfa 21. Ulteriore riscontro alla identificazione proveniva dalla conversazione 4256 del 16.10.2015 – utenza 3xxxx3 in uso a IAVARAZZO Michele (decreto 3027/15 RR) nel corso della quale tale Menditto Paolo chiedeva di parlare con Damiano Marcello quest’ultimo presentatogli in precedenza da Iavarazzo Michele. Nell’occasione lo presenta come organizzatore dell’evento fieristico “Mia Sposa” in rapporti commerciali con le società degli Iavarazzo.

 

La conversazione è significativa -secondo la prospettazione accusatoria – poiché conferma il rapporto economico di società di fatto esistente tra la famiglia IAVARAZZO (con Iavarazzo Mario che agiva attraverso i fratelli Francesco e Michele) e spiega in maniera esemplare la figura di soggetto interposto di Armando APRILE, che si presta a “ripulire” la tracciabilità del denaro proveniente dall’affare “pubblicità”, interponendosi con le sue aziende tra i clienti e lo stesso Iavarazzo Mario, che – come ascoltato e illustrato dal protagonista – non può “proprio muoversi”, apparendo quale il reale percettore degli incassi. In tal modo, al fine di evitare i sequestri preventivi e altre misure patrimoniali, si comprende: che da un lato le prestazioni e gli incassi sono curati per conto del principale indagato dal suo socio APRILE Armando;  questi, una volta ricevuti gli incassi (una parte fatturati e una parte in nero) si recava periodicamente (mensilmente, come si coglie dal riferimento ai “lavori di marzo”) a rendicontare gli esiti delle attività commerciali al vero dominusdell’affare, informandolo e quantificando gli incassi.

Quindi, su direttiva dello stesso, lo stesso APRILE provvedeva a curare l’incasso dei compensi, divisi al 50% tra i due soci nel modo illustrato nella conversazione: la parte in nero veniva immediatamente incassata in contanti da IAVARAZZO, mentre la parte destinata a coprire le fatture emesse (“per levarle da mezzo”) veniva incassataformalmente e per intero da APRILE Armando, il quale avrebbe poi restituito la metà dell’importo (costituente la quota di utili e di profitto spettante al socio) a IAVARAZZO Mario attraverso una “partita di giro” che transitava dalle società di APRILE Armando (il quale con bonifico avrebbe trasferito le somme alla PUBLIONE s.r.l. o ADV a seconda dei casi) formalmente riconducibile ai fratelli  IAVARAZZO Francesco e IAVARAZZO Michele; alla stessa maniera, il profitto di APRILE Armando veniva da questi conseguito attraverso analoga partita di giro: questa volta dalla ADV (o Publione) con bonifici verso la BLUINK s.r.l., formalmente amministrata dalla moglie dell’Aprile, ma di fatto a lui riconducibile.

Dalla stessa conversazione emerge in maniera significativa sia l’entità del volume d’affari (si parla di un versamento o movimento da 60-80 mila euro per singola tranche) che – ancora una volta – che il reale potere decisionale dell’operazione competeva proprio a Mario Iavarazzoe non ai suoi fratelli (così Aprile:è meglio che mi metto d’accordo con te, altrimenti quelli”,di rimando  Iavarazzo: e perciò … quelli non me ne fotte proprio”).

Dopo l’incontro, andato via l’Aprile, Mario Iavarazzo avvisava il fratello dell’esito dello stesso e gli spiegava cosa sarebbe accaduto per l’incasso dei proventi dell’attività commerciale.

La conversazione confermava le modalità di incasso precedentemente descritte, con Aprile che avrebbe versato gli importi e per “metà” se li sarebbe ripresi attraverso bonifici (sono 8.300, Michele 4000 se li deve tenere e 4.300 ce li deve ridare”) sfruttando la società ADV, che si comprendeva essere saldamente nelle mani dello stesso Mario Iavarazzo, che operava attraverso i suoi fratelli.

Emerge anche il coinvolgimento dell’altro fratello, IAVARAZZO Francesco, il quale avrebbe dovuto rientrare dalle ferie per andare ad effettuare il “bonifico” secondo le disposizioni ricevute dal “dominus”Mario.