ELEZIONI REGIONALI. Maaa daaai! Cirielli vuole candidare a governatore Costanzo Iannotti (pardon, il barone Jannotti Pecci). Un nostro profilo non autorizzato del personaggio

2 Ottobre 2025 - 12:42

Peppino era un uomo simpatico. Sembrava esser nato per fare l’autista. Si nutriva del prestigio della persona che accompagnava, che dilatava a dismisura. Non permetteva assolutamente che qualcuno gli sedesse accanto. Il personaggio – colui che Peppino considerava un VIP – doveva restare fermo sul sedile posteriore, e mai e poi mai poteva accadere che aprisse da sé lo sportello per scendere.
Lui, Peppino, smilzo e agile, balzava dal volante allo sportello posteriore e, in un battibaleno, lo apriva: solo allora il suo datore di lavoro poteva uscire dall’auto. Quest’ultima, mai e poi mai, avrebbe potuto essere di rango inferiore a una Thema o a una Croma.

Peppino amava farlo e se ne vantava. Se avesse avuto a disposizione una sedia gestatoria del Vaticano, sopravvissuta ai tempi in cui Giovanni Paolo II dismise definitivamente il simbolo più vistoso del papa re, il suo VIP – il suo eroe – l’avrebbe portato sulle spalle. Lo smilzo di Telese non era solo un semplice autista del “personaggio” di turno. Peppino era L’AUTISTA.

Nei suoi racconti, spesso infarciti di simpatici aneddoti e di una realtà che spesso decollava verso l’invenzione onirica, lui – Peppino – diventava protagonista delle trame fondamentali che coinvolgevano immancabilmente la persona che accompagnava. Più grandi erano le trame, più elevato era il livello delle frequentazioni dell’uomo (di donne VIP, all’epoca, nella mia zona, neanche a parlarne) che lo aveva arruolato; e più lui si sentiva figo, importante a sua volta: sicuramente il più figo del bar del quadrivio di Telese, che noi autoctoni della valle vivevamo come centro di tante cose, come una sorta di ombelico

del mondo che conoscevamo.

Per quel che mi riguarda, quello era il mondo della cittadina termale, centro di gravità del resto della valle che io seguivo, ai tempi del fax, da corrispondente de Il Giornale di Napoli, partendo dalla mia San Lorenzello e declinando in discesa morfologica verso Telese, muovendomi in prima battuta dai monti di Pietraroja e di Cusano Mutri, con transito obbligato da Cerreto Sannita.

Conobbi Costanzo Iannotti per la prima volta vedendolo scendere dallo sportello posteriore di una Thema, spalancato dopo un balzo – e un brivido di tipo felino – dal grande Peppino.

CIRIELLI E COSTANZO IANNOTTI, IL PERCHÈ DI UN FEELING BIOLOGICO – Costanzo Iannotti, diventato poi Jannotti Pecci, è il candidato alla presidenza della Regione Campania a cui pensa, a mio avviso tutt’altro che casualmente, Edmondo Cirielli.
E qui ci dobbiamo portare un po’ avanti col racconto, favorendo, seppur temporaneamente – perché questo resta il ritratto non convenzionale e non autorizzato di un uomo che conosciamo profondamente – il sorpasso della cronaca sul narrato.

Cirielli cercava una persona con un’attitudine ben precisa: quella di non appartenere. Ma non solo a un partito – semplicemente a una causa, a una comunità che vive, si organizza, compete, e alla fine conquista il governo del Paese.
Jannotti ha bisogno di stare con chi vince.
Oggi è di destra a Roma, ma a Napoli non ha mai litigato con De Luca o con il sindaco Manfredi.
C’è una differenza tra Costanzo Jannotti e Giosi Romano, in pratica costretto ieri a scrivere un comunicato di rinuncia alla candidatura.

Romano parte dalla politica e arriva alla tecnocrazia; Jannotti ha al centro della sua vita l’opportunità, che per i suoi detrattori – e non mancano, soprattutto tra quelli che lo conoscono bene a Telese e nella valle – diventa opportunismo.
Romano, poi, era l’unico che poteva realmente giocarsi la partita del centrodestra contro il centrosinistra.

Cirielli lo sapeva bene. Sapeva che Romano sarebbe comunque uscito bene dalle elezioni e, siccome è un politico prima ancora che un tecnocrate, avrebbe sfruttato il risultato per assumere un ruolo centrale all’interno di Fratelli d’Italia e, in generale, nel centrodestra campano.

Jannotti, invece, è un anaffettivo. Ha dimostrato negli anni di esserlo non solo rispetto alla politica, ma – sempre secondo quei detrattori di Telese e della valle telesina che lo hanno conosciuto bene – anche rispetto ad altri valori personali e familiari.

Per cui, se sarà candidato, come è nei piani di Cirielli, Costanzo Jannotti andrà in consiglio regionale prima di tutto per i 10mila euro al mese e non sarà certo l’uomo che si alzerà per dire a Roberto Fico e Vincenzo De Luca: «Cari miei, io sono lo speaker dell’opposizione, il contraltare politico al vostro governo».

Cirielli lo ha capito, perché lui stesso sta in Fratelli d’Italia solo perché, ai tempi della nascita del partito a Salerno, nella sua Nocera Inferiore, non c’era spazio altrove, schiacciato com’era tra il deluchismo imperante e la posizione decisamente più forte di Mara Carfagna, leader di una Forza Italia che aveva il quadruplo dei voti della neonata Fratelli d’Italia.

Dunque, due uomini che sanno cogliere le opportunità o, per chi non li digerisce granché, due opportunisti, che stanno molto bene insieme.

DAL MATRIMONIO MINIERI ALLO ZIO MOCCIA: IANNOTTI SPECIALISTA DELL’ARRAMPICATA – Esaurita la sgasata cronistica che rivela la carta che domani, venerdì, Cirielli getterà sul tavolo del centrodestra per il governatorato della Campania, torniamo alla narrativa.
Che mai come in questo caso è il racconto di un testimone del tempo, di un uomo della valle telesina com’è stato Costanzo Jannotti: appartenente a una famiglia normale, un po’ decaduta, ma in grado di mettere a fuoco come nessuno vere e proprie missioni.

Mio zio, monsignore, latinista e grecista – uno dei due o tre intellettuali sanniti riconosciuti – mi diceva sempre: homo homini lupus.

Si esaltava o si commuoveva per una musica che gli piaceva fino a entrargli nelle budella, e soprattutto mortificava la percezione e l’intelligenza che gli permettevano di capire subito con chi avesse a che fare, sacrificandole alla necessità di vivere insieme agli altri, di creare un afflato collettivo, un’allegria goliardica molto più di quanto il conformismo clericale consentisse a un sacerdote.
Voleva condividere emozioni, e – come il sottoscritto che lo guardava – non ci riusciva mai, o quasi mai.

Sposò Costanzo Jannotti nella meravigliosa congrega settecentesca di San Lorenzello. Fu un matrimonio importante perché Costanzo Jannotti era riuscito a impalmare una delle partite migliori e più ambite della valle telesina: Annalisa Minieri, appartenente alla famiglia storicamente creatrice di tutto ciò che sono stati – e sono ancora – le Terme di Telese e il Grand Hotel Telese.

Mio zio Nicola, che tutto sommato era un ingenuo come il sottoscritto, era costantemente blandito da Jannotti e si era convinto che questi lo considerasse una guida morale e culturale.

Se non ricordo male, al suo funerale, Costanzo Jannotti non c’era.

Per cui, se Jannotti – com’è probabile – dovesse essere il candidato del centrodestra per la presidenza della Regione, eh vabbè, qui c’è uno che lo conosce come le sue tasche, che nel suo ufficio delle terme ha scritto articoli e spedito fax.

Il 23 agosto del 2023, Costanzo Iannotti fu oggetto di un mio articolo: la sua posizione di presidente dell’Unione Industriali di Napoli incrociò le ambizioni di un casertano, Gianluigi Traettino.

Francamente, in quell’occasione tratteggiammo i lineamenti di un personaggio che – in questa premessa dell’articolo – abbiamo integrato.
Ma quello era allora, e questo è oggi.

Al netto di Peppino, lì dobbiamo andare per descriverlo, in quanto è doveroso farlo nel frangente in cui il suo nome gira come ipotetico player del centrodestra alle elezioni regionali del 23 e 24 novembre.

Costanzo Jannotti è intelligente, su questo non c’è dubbio. Ma ancora più che intelligente, è furbo, scaltro.
Non è mai stato realmente – e non è neppure oggi – un imprenditore particolarmente bravo nella missione che dovrebbe essere tipica di ogni imprenditore: produrre fatturati. In America, probabilmente, non avrebbe avuto successo.

Ho sempre nutrito il dubbio che potenzialmente fosse in grado di fare davvero l’imprenditore, ma non ha mai svolto seriamente questa funzione perché ha sempre dedicato le sue non comuni attitudini intellettive alla costruzione e alla cura di svariati orditi relazionali con altri mondi imprenditoriali.

Il comparto affettivo dell’esistenza – e qui lo confessiamo, ci uniamo anche noi a quelli a cui non piace in valle telesina – lo ha sempre impegnato poco, costituendo per lui una sorta di complemento d’arredo.
Al contrario, ha sempre vissuto in full immersion nella promozione di sé stesso.

Questa sua base costitutiva, questo suo tessuto connettivo – così scrivevamo nel 2023 e così confermiamo oggi – ha fatto sì che ben poche battaglie lo abbiano visto soccombere nei perimetri in cui si sono concentrati i suoi obiettivi.

IANNOTTI DIVENTA JANNOTTI PECCI E IL BARONATO CON TRE PALLE DI NOBILTA- Oggi, e da tanti anni, sin dai tempi di Telese, Costanzo Iannotti è divenuto Jannotti con la J. L’attuale presidente dell’Unione Industriali di Napoli considerava, infatti, troppo plebea la semplice vocale “I” e dunque l’ha sostituita con la “J”, molto più à la page, aggiungendo anche un secondo cognome, Pecci, raccolto da un ramo del suo albero genealogico.

Due anni fa, Gianluigi Traettino costruì una trama con l’obiettivo di entrare nel salotto buono della Confindustria nazionale. Non poteva trovare un osso più duro di Costanzo Jannotti Pecci.

Negli anni ci hanno provato ben altri calibri a “farselo”, e non ci sono riusciti.

Costanzo Jannotti Pecci – pardon, il barone Costanzo Jannotti Pecci – è quasi sempre uscito vincitore.
Eh già, barone.
Qui il ricordo ritorna a Peppino: non lo abbiamo mai sentito dimenticare la definizione precisa di quello che al tempo gli dava il lavoro: “O’ barone”.

Perché Jannotti, già che si trovava in attività di riesumazione, aveva associato il secondo cognome Pecci all’autorevole titolo.

E allora, quando lo si nomina, bisogna farlo bene:
lui è il barone Costanzo Jannotti Pecci,
perché, a un certo punto della sua vita, sono uscite fuori anche le palle di nobiltà.

A volte il sottoscritto dimentica queste cose, perché lo ha conosciuto con il cognome scritto con la “I” normale.
Insomma, lo scontro perfetto tra un barone costruito con grande pazienza e con una determinazione meticolosa, che ha portato Costanzo Iannotti – ehm, il barone – a considerare importanti le apparenze, in quanto utili, se non addirittura fondamentali, per sbarcare il lunario in questa terra in cui la realtà, i fatti concreti, il lavoro considerato come unico strumento per raggiungere il successo… sono un optional.

E allora, avendo Cirielli deciso che il centrodestra debba perdere, e perdere male, salvando solo il suo risultato di partito a Salerno,
uno come il barone Costanzo Jannotti Pecci è proprio quello che ci vuole.