Ex Canapificio, ultimo atto. Assemblea pubblica nella parrocchia del Buon Pastore

13 Aprile 2019 - 15:10

Caserta – (pasman) La tempesta in un bicchiere d’acqua costituita – per noi – dalla nota vicenda della chiusura per ragioni di sicurezza strutturale dell’ex- canapificio non trova requie ed anzi i toni diventano sempre più surreali. Perché, d’accordo che, in definitiva, tutto è politica, ma qui ci pare che si esageri.

Dopo una serqua di manifestazioni e di iniziative anche a carattere nazionale (in calce, proponiamo l’audio di una intervista in proposito di Mimma D’amico, portavoce Movimento dei Migranti e Rifugiati della provincia di Caserta, alla emittente Radio Radicale) promosse finora, l’altro pomeriggio è stata tenuta un’ennesima e sparuta assemblea pubblica presso il teatro della parrocchia del Buon Pastore in piazza Pitesti, dalla parola d’ordine perentoria: “Ex Canapificio Riaperto Subito”.

Nella foto, un momento dell’assemblea del Centro Sociale Ex Canapificio svoltasi ieri presso la chiesa del Buon Pastore.

A ben vedere, volendo esercitare un minimo di ragione e senza adagiarsi acriticamente a preconcette quanto suggestive visioni insorgenziali della realtà come qui ci sembra si faccia, la questione appare piuttosto semplice. La struttura dell’ex canapificio, sede del Centro Sociale che attua il progetto sprar

in favore degli stranieri per il comune di Caserta (ossia il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), da una verifica della sua stabilità, svolta peraltro estemporaneamente durante le indagini condotte sulla corretta gestione del progetto stesso e che hanno portato a diverse incriminazioni penali, è risultata pericolante.

Bisognava far finta di niente, per una supposta e superiore ragione politica e sociale?

Ovviamente, no! E dunque la magistratura ha fatto quello che era tenuta, non per capriccio, a fare, sequestrando l’immobile per la sua messa in sicurezza, potendoci anche scappare morti e feriti.

Da quel momento è iniziata una tiritera incredibile, a cominciare dallo svolgimento di uno smilzo corteo fatto passare per una fiumana di persone, per venire a presidi in strada più o meno leciti, per finire con caterve di comunicati e promulgazioni. Iniziative tutte marginali,  qualificate addirittura come partecipazione della “città” alla problematica – la quale purtroppo, su queste, come su altre vicende, se la dorme di grosso – e fatta la tara di quanti sempre si accodano senza esitazione all’entusiasmo giornaliero per qualsiasi fenomeno mediatico, specie quando non costa nulla in termini di autentico impegno personale.

Tiritera, dicevamo, sempre sostenuta dai toni gratuiti della rivendicazione, il cui sfondo è costituito da una narrazione che fa immaginare in azione forze complottistiche in odio alle attività del Centro Sociale. In realtà, qui, una mera questione condominiale tra proprietario di casa (la Regione Campania) ed inquilino (il Centro Sociale), peraltro corresponsabile in quanto parte scarsamente diligente rispetto al pericolo strutturale determinatosi ed evidenziatosi nel tempo, è stata buttata nella brutta bestia della politica, che notoriamente distorce tutto.

Anche quel solidarismo giudiziario che la sinistra più integralista come quella rappresentata dal Centro Sociale esprime verso la magistratura quando si tratti dei processi per vere o supposte trame politiche è stato sconfessato nell’occasione. E difatti verso l’autorità giudiziaria sammaritana che ha ordinato il sequestro sono stati usati termini non proprio lusinghieri.

Un esempio di alcuni dei commenti apparsi sui social all’indomani del sequestro dell’Ex-Canapificio disposto dall’autorità giudiziaria.

Così, sperimentati i tempi e le procedure della giustizia e le lungaggini amministrative degli uffici pubblici, quelli in cui si dibatte ogni comune cittadino, il Centro sociale se ne vorrebbe sottrarre e chiede ora per se accertamenti e provvedimenti rapidi, quasi immediati.

A noi pare, invece, diversamente dalla vulgata che si cerca di accreditare, che il Centro Sociale casertano abbia sempre potuto operare liberamente a Caserta nel corso di più e più lustri, prendendosi talvolta anche delle libertà che non gli sarebbero state consentite.

Perciò farebbero forse meglio a concentrarsi sulle azioni concrete necessarie a metter al sicuro la propria sede e capire il da farsi costruttivo che c’è, anziché perdersi nella ideologia preconcetta. E ciò con riguardo anche alla eventuale presenza di amianto nell’edificio, che più di qualcuno ci ha segnalato.

 

 

Qui l’intervista di Mimma D’Amico, portavoce Movimento dei Migranti e  Rifugiati della provincia di Caserta, resa a Radio Radicale sulla vicenda del sequestro dell’Ex Canapificio.