Giovanni Zannini come Giggino don Perignon: ha, giovedì scorso, invaso fisicamente da Maramaldo la sede della Gisec insieme a Luserta. Ormai Magliocca gli si è consegnato

27 Dicembre 2021 - 13:01

Ovviamente non avendone titolo. Come non avrebbe titolo a stare, come invece sta spesso nelle aree del consorzio idrico di Terra di Lavoro. Intanto, la società pubblica versa nel caos più totale, visto e considerato che il nuovo Cda, al di là delle defezioni parziali o totali dei suoi componenti, non è mai entrato in carica nemmeno per l’ordinaria amministrazione, in quanto non omologato dalla Camera di commercio. Lite furibonda tra il presidente della Provincia e i revisori dei conti, i quali potrebbero informare la Camera di commercio della situazione, assumendo un interim per l’ordinaria amministrazione, fino all’assemblea già convocata per il prossimo 8 gennaio. Una data a lungo termine dato che Magliocca non utilizza la facoltà, che la legge gli attribuirebbe, di una convocazione anche ad horas 

 

CASERTA – (Gianluigi Guarino) Nella modalità personalissima ed, evidentemente, eccentrica, con cui il consigliere regionale Giovanni Zannini viaggia come un moto perpetuo, come una frenetica pallina da flipper, per accudire ed alimentare quella che lui definisce “credibilità”, motivo vero – è lui, ancora lui, a dirlo – dei suoi successi in politica, c’è anche un’azione originalissima che scrive, declina degli statuti diversi negli enti pubblici su cui Zannini ha messo le mani.

 

LA “CREDIBILITA'” TOSSICA DI ZANNINI E LA SMARGIASSA PRESENZA FISICA NEI LUOGHI DEL COMANDO

– A pensarci bene, tutto sommato, si tratta di un calcio assestato all’ipocrisia. D’altronde, cos’è la credibilità agli occhi, nella cultura e nella sensibilità di uno come Zannini? Essere in grado di interpretare al meglio i peggiori istinti dello stato assistenziale, che essendo tale, diventa generatore di guai, di corse del gambero e spesso anche di fenomeni corruttivi.

Da che mondo è mondo, in questo paese e nel Meridione in particolare, non è la meritocrazia a decidere chi debba crescere nella società in modo tale da poterla migliorare, bensì è l’affiliazione a questo o a quel politico, con la conseguenza che tanti brocchi occupano posizioni più o meno significative nella pubblica amministrazione che, non a caso, come efficienza è la peggiore d’Europa. Zannini, che non può perdere tempo nel determinare attraverso una graduale e prudente tessitura, il modello clientelare mutuato dalla tradizione, si muove più sbrigativamente, in modo da poter sommare quelle che lui e tanti altri come lui definiscono “operazioni” ad altre operazioni.

D’altronde, la sua peculiarità è proprio questa, una giornata ossessivamente dedicata all’esercizio di certe modalità, con la conseguenza che se gli altri politici della provincia di Caserta fanno, ripetiamo, un’operazione a settimana, lui ne riesce a fare 4. Ma non perchè sia più abile, semplicemente perchè ossessivamente dedica ogni pensiero a questa forma di attestazione di sè che da quando è riuscita a esporre il risultato clamoroso dei 21mila voti di preferenza personali, lo ha portato anche largamente lontano da una realtà fatta di tante subordinate che oggi sembrano non contare, ma che poi sono destinate a un certo momento, a presentare il loro conto.

Un pò spavaldo caratterialmente lo è sempre stato. Figuriamoci ora, dopo “i mille giorni di te e di me” trascorsi, non con Claudio Baglioni bensì con Antonio Luserta e i vari adepti che oggi, non a caso, l’assessore comunale nonchè vicesindaco di Caserta Emiliano Casale, celebra, avendo sgraffignato all’ottimo dottor Seduction, al secolo Giuseppe Cirillo, l’idea di creare l’assessorato alla Notte che ovviamente ha assunto lui di persona, in quanto corredo di un suo cammino esperienziale, evidentemente rivelatosi molto redditizio in una città come Caserta, visto che vivendo di notte più che di giorno, ha triplicato i suoi voti personali.

Prossima tappa, la proposta da inviare all’Unesco affinchè il Jack Daniel’s venga dichiarato patrimonio materiale dell’umanità e le notti di Zannini, Luserta e compagnia, patrimonio immateriale, tipo il tango argentino.

 

DON PERIGNON E’ UN COMICO, ZANNINI FA SUL SERIO – Hanno strappato più di un sorriso, almeno al sottoscritto (al di là degli insulti personali che lasciano il tempo che trovano perchè alla gente non è che interessi granchè, lo stato dei rapporti personale tra il sottoscritto e il consigliere regionale), certe manifestazioni che avrebbero fatto la felicità del mitico Giggino don Perignon, il quale però talune frasi le utilizzava nella finzione dell’attore, del caratterista e non sul serio come leva di gestione della realtà, di quello che dovrebbe essere un alto esercizio morale e civile messo a disposizione dei cittadini e del popolo sovrano, così come ha fatto lo Zannini a colpi di “sotto a chi tocca, avanti il prossimo“, gesti dell’ombrello indirizzati a Gennaro Oliviero, come non succede neanche alle elezioni rionali di Rocca Cannuccia.

Per non parlare poi della foto sul silenzio e sulla preghiera citati con quello sberleffo para-goliardico, tipico di chi si sente antitesi di un monaco francescano, di un benedettino o di un cistercense. In pratica, si sente antitesi di un campare valoriale.

Abituato a vivere direttamente le cose del consorzio idrico, nella cui sede, ubicata nella ex Saint Gobain la sua presenza è stabile ed è stata evidente, platealmente mostrata in passaggi delicati, dentro e a margine di certe assemblee, ora Zannini trova naturale attivare lo stesso atteggiamento con la Gisec, cioè con la società in house dell’amministrazione provinciale di Caserta che gestisce tutti gli impianti di trattamento dei rifiuti di Terra di Lavoro.

C’è chi si è stupito e si è anche un pò scandalizzato di fronte al fatto che un sempre più frastornato ed esagitato (chi pratica con lo zoppo…) Giorgio Magliocca, il quale non si rende conto di aver goduto negli ultimi anni di una moratoria, di un silenzio, di una disattenzione legati anche alla difficoltà, da parte nostra, di poterci occupare di tutto il merdaio di questa terra, che lo ha messo al riparo da polemiche e problemi. L’operazione Gisec ha fatto cadere anche quel velo di percepita innocenza, percepita, non significa necessariamente reale, che ha circondato la sua figura da quando è stato ingiustamente tenuto in carcere per quasi un anno, con accuse che poi sono crollate nei vari passaggi processuali.

 

LA NUOVA VERGINITA’ DI MAGLIOCCA E LA SUA DEFLORAZIONE DEFINITIVA – E’ come se Magliocca avesse vissuto il prodigio di quelle poche donne che, tra leggenda e verosimiglianza, dicono di essere riuscite in quanto poco lesionato, a ricostruire, grazie alla mano sapiente di qualche chirurgo ginecologo, l’imene violato. Magliocca vive una condizione simile: si è ricostruito una verginità attraverso il suo accidente giudiziario, ma ora, ci si perdoni l’ardita metafora, nessun chirurgo e nessuna diavoleria scientifica può riuscire a ricostruirgliela ancora, dopo essere stato deflorato da uomini massicci e virilissimi quali sono Giovanni Zannini e Antonio Luserta.

L’altra mattina, Zannini ha fatto quello che in genere fa al consorzio idrico: ha partecipato direttamente (magari lo ha fatto a fin di bene, chissà), ad un confronto dialettico a quanto pare molto duro e ascoltato da decine e decine di orecchie, che il presidente della provincia ha avuto, badate bene, all’interno della sede della Gisec, da qualche tempo acquartierata nell’antica villa Vitrone di via Renella, con i componenti del collegio dei revisori dei conti, tra i quali, a quanto ci dicono, c’è anche il figlio di Mario Melone, ex sindaco ed ex assessore a Casagiove e oggi in totale disaccordo con il resto della sua famiglia.

E sarebbe stato proprio Francesco Melone ad esporre le sue perplessità sull’attuale momento della Gisec. Trattandosi di un tecnico, ha parlato di procedura civile e di procedura amministrativa. Lo ha fatto anche Francesco Massaro, da almeno una decina d’anni, tranquillo navigatore nelle acque complicate ed affollate da pesci e da cetacei famelici, di questa società di capitale, dove ottenne la nomina a capo dell’organo di controllo dall’allora presidente della Provincia Domenico Zinzi.

 

L’IRRUZIONE DI DUE MACHO-MAN E DI UN POLITICO CHE SEMBRA SUONATO – Prima di rappresentare i punti delicatissimi dell’attuale stato giuridico della Gisec, completiamo il racconto su Zannini che, nella sede istituzionale della società che gestisce gli impianti dei rifiuti della provincia di Caserta, in un contesto, dunque, tutt’altro che informale, ha preso parte al confronto-scontro che il presidente ha avuto con i suoi revisori. Non solo, ma questo è avvenuto anche alla presenza di Antonio Luserta, quindi di un privato cittadino, imprenditore delle cave e ormai braccio destro e anche sinistro di Zannini. Una condizione che non ci risulta lo abiliti ad entrare in una stanza di una società pubblica a partecipare come se si trovasse all’entrata del ristorante “Sergio e Bruno gli incivili”, utilizzato da Giandomenico Fracchia al secolo Paolo Villaggio, in uno dei suoi film quale riproduzione, neanche poi tanto metaforica, dell’antica e celeberrima trattoria romana Cencio la parolaccia.

Potremmo scrivere cose pesantissime sull’etica dell’istituzione e su come un consigliere regionale debba quantomeno provare a rispettarla. Ma ormai qua, si è visto di tutto e di più. Ciò che noi potevamo scrivere, potevamo denunciare, abbiamo scritto e denunciato. Al di là di ciò, di fronte allo scadimento della politica al rango di Suburra, non possiamo andare perchè altrimenti invaderemmo inutilmente e sterilmente il perimetro di azione delle magistrature. E noi non siamo dei magistrati, com’è del tutto evidente.

 

IL GARBUGLIO GISEC: PERCHE’ OGGI NON ESISTE ALCUN ORGANO AMMINISTRATIVO IN CARICA – In conclusione, il 16 dicembre scorso Giorgio Magliocca ha tenuto un’assemblea della Gisec dopo averla convocata, nominando un nuovo consiglio di amministrazione senza seguire le procedure previste dallo statuto e da una delibera di indirizzo del consiglio provinciale, datata 2020. Ha preso una donna e due maschi e ha dato loro i gradi di consiglieri di amministrazione, senza passare per un avviso pubblico e per una valutazione di coloro che a questo avviso pubblico avrebbero risposto, ai sensi dello statuto e ai sensi della citata delibera del consiglio provinciale.

Alla Camera di commercio, com’è noto, devono arrivare degli atti formali provenienti direttamente dal libro delle assemblee affinchè si possa procedere all’omologazione dell’esito di un’assemblea di una società, in questo caso, la nomina del nuovo Cda. Perchè questo accada, occorre che i tre nominati depositino la loro firma digitale. Ora, ci sembra difficile pensare che l’avvocato Massimiliano De Benedictis, la commercialista Caterina De Rosa e Dario di Matteo non le abbiano in dotazione. Fatto sta che, per effetto delle polemiche, forse, anzi, soprattutto dei nostri articoli, è successo quello che è successo, con la conseguenza che alla Camera di commercio non è arrivata alcuna firma digitale.

Oggi, dunque, possiamo dire che il consiglio di amministrazione, sortito dall’assemblea del 16 dicembre, oltre ad essere viziato di illegittimità per le violazioni statutarie e della deliberazione dell’organo di indirizzo a cui abbiamo già fatto cenno, è anche inesistente, in quanto quell’assemblea non è stata omologata.

E’ inesistente perchè fino a quando la Camera di commercio non evaderà, alle condizioni appena menzionate, questa procedura rendendo pienamente valida ed esecutiva l’assemblea del 16 dicembre, il Cda non è in carica, anzi, non e-si-ste. 

Ora, Massimiliano De Benedictis ha ritirato la disponibilità a ricoprire la carica di presidente, non quella però di consigliere. Sulla commercialista di Santa Maria Capua Vetere girano voci sulla decisione che, a sua volta avrebbe preso, di ritirare la disponibilità, stavolta, con modalità full, cioè rinunciando ad ogni carica all’interno del Cda. Insomma, un guazzabuglio. Il collegio dei revisori che con il presidente Francesco Massaro potrebbe assumere l’iniziativa di informare ufficialmente la Camera di commercio della non sussistenza delle condizioni affinchè il nuovo Cda, ormai spappolato dalle rinunce e dalla mezze rinunce, entri in carica, acquisendo, nelle more della celebrazione di una nuova assemblea che il presidente Magliocca ha già convocato per l’8 gennaio, le funzioni Cda, pur limitate alla sola ordinaria amministrazione. Ovviamente, per fare questo, il presidente dell’organo di controllo Francesco Massaro dovrebbe omologarsi, a sua volta, in Camera di commercio, quale legale rappresentante.

E, al momento, non l’ha fatto ancora. Per cui oggi, 27 dicembre la Gisec non è amministrata da nessuno. Non lo è dal giorno 16, cioè da quando Magliocca ha tenuto l’assemblea, ritenendo di aver sostituito il vecchio con un nuovo Cda. In realtà, non l’ha fatto o meglio non è riuscito a farlo per i motivi a lungo illustrati in questo articolo. Quindi, se i revisori dei conti giustamente perplessi e giustamente impauriti nell’assumersi questa responsabilità, non si omologheranno in Camera di commercio come titolare dell’ordinaria amministrazione, l’unico organismo ancora in carica sempre ovviamente per questa ordinaria amministrazione, resta il vecchio Cda, nominato con una procedura regolare, dunque previa pubblicazione di avviso pubblico e vaglio delle candidature e soprattutto omologato dalla Camera di commercio di Caserta.

 

LE PENE DI DARIO DI MATTEO E LA MONTAGNA DI ILLEGITTIMITA’  – Il che tutto sommato, non dispiacerebbe a Dario Di Matteo, cioè all’uomo di Massimo Grimaldi che si è consegnato mani e piedi al cartello politico di Giovanni Zannini, Nicola Caputo e Giorgio Magliocca, Antonio Luserta, Pasquale Capriglione, Salvatore Martiello, Nicola Esposito e Anacleto Colombiano. Di Matteo che ha ormai riposto nel cassetto certe sue sensibilità che aveva mostrato anche a noi, al punto da suscitarci la speranza di aver a che fare con una persona che certe porcherie clientelari o “manipolocratiche” non le avrebbe fatte, teme il passaggio dei revisori dei conti.

Perchè quello sarebbe un azzeramento formale, definitivo, la presa d’atto di un aborto, a quel punto, certificato, stra-ufficializzato del Cda venuto fuori dall’assemblea del 16 dicembre, quello cioè costituito dall’avvocato Massimiliano De Benedictis, nominato da Zannini, dalla commercialista di Santa Maria Capua Vetere Caterina De Rosa, nominata da Bosco e dallo stesso Di Matteo, in quota Nicola Caputo. In tutto questo, non si capisce per qualche motivo Giorgio Magliocca non abbia realizzato quello che avrebbe potuto realizzare  per legge: prendere atto della mancata disponibilità di De Benedictis, a cui si dovrebbe aggiungere, come già scritto prima, entro la giornata odierna, quella di Caterina De Rosa, procedendo alla convocazione immediata dell’assemblea, facoltà che lui può esprimere in quanto la Gisec ha un capitale per il 100% sottoscritto dall’unico socio, cioè l’amministrazione provinciale.