IL FOCUS. SCIENZA NON FANTASCIENZA. Numero per numero, simulazioni statistiche e tanto altro. Ecco perché deve solo accadere un cataclisma affinché Roberto Fico perda le elezioni
6 Novembre 2025 - 16:56
Il microscopio di Casertace su ognuna delle cinque province. Si parte dal 2020, si arriva alle Europee del 2024 esaminando l’effetto De Luca sfumato, il Pd distrutto a Caserta, le migrazioni di Zannini e Santangelo.
Il risultato che sortisce è netto e inequivocabile. Al centrodestra, per vincere, occorrerebbe…
CASERTA (G.G.) – In concomitanza con l’uscita di un sondaggio molto serio riguardante i candidati alla presidenza della Regione Campania (CLICCA E LEGGI), ci esercitiamo in un’attività che rappresenta uno dei tanti marchi di fabbrica di questo giornale.
I nostri lettori più attenti conoscono infatti l’enorme lavoro da noi compiuto in occasione di tutte le elezioni svoltesi fino al 2024: un lavoro di cui siamo orgogliosi, riguardante soprattutto il tentativo di far comprendere il più possibile le leggi elettorali, spesso astruse e in qualche passaggio assolutamente ininterpretabili, attraverso cui è avvenuta la ripartizione dei seggi alle Regionali del 2020 e alle elezioni politiche del 2022.
Anche in questo caso rientreremo, nei prossimi giorni, nella trattazione complessa della legge elettorale, avendo il vantaggio – per quanto riguarda le Regionali – di poter traslare l’enorme lavoro compiuto cinque anni fa, integrandolo solo con le piccole variazioni inserite nei mesi scorsi dal Consiglio Regionale, a partire da quella riguardante l’apposizione di uno sbarramento del 2,5%, che non consentirà alle liste attestatesi al di sotto di questo risultato di partecipare al riparto dei seggi.
Oggi, però, vogliamo ragionare intorno ai numeri per dimostrare qualcosa che concretamente è già in nuce, cioè potenzialmente molto probabile.
Per fare ciò occorre partire dai dati dell’affluenza delle elezioni del settembre 2020: in Campania votarono 2.774.104 aventi diritto, pari a una percentuale del 55,52%. Ben 199.386 furono le schede non valide, bianche incluse. Conseguentemente, le schede valide per l’assegnazione della vittoria dei candidati presidenti, per l’attribuzione dei seggi alle diverse liste e per il conteggio del risultato delle preferenze di ogni singolo candidato furono 2.574.718.
Questo dato di affluenza fu aiutato anche dalla contemporaneità tra le elezioni regionali e alcune elezioni comunali, svoltesi in centri anche importanti, come per esempio nella provincia di Caserta, a Marcianise.
Il risultato di affluenza delle elezioni 2025 svoltesi finora in tre regioni (la Valle d’Aosta la escludiamo, in quanto trattasi di una microregione a statuto speciale) ha fatto registrare cifre di astensione molto alte e preoccupanti. Calabria e Toscana (dove c’è sempre stata un’abitudine civile a esercitare il diritto di voto) sono finite addirittura sotto il 50%, mentre le Marche lo hanno superato di un centesimo.
La Toscana si è attestata clamorosamente al 47,73%, addirittura 15 punti in meno rispetto al voto del 2020, che sarà anche stato aiutato dal turno delle elezioni comunali, ma 15 punti restano comunque tanti. In Calabria siamo rimasti su livelli molto bassi: 43% circa, contro il 44% del 2020. Nelle Marche si è passati dal 59,75% del 2020 al 50,01% del 2025.
Per cui, verrebbe considerato un dato tutto sommato accettabile – e non catastrofico – un’affluenza in Campania del 47-48%, conseguenza soprattutto della mancanza del voto per le comunali che, come è noto, per una serie di motivi facilmente comprensibili, attirano tradizionalmente più elettori alle urne rispetto a qualsiasi altra consultazione popolare.
Dunque, alla luce di questa media dell’8% di flessione dell’affluenza, su 5 milioni di aventi diritto andrebbero alle urne 2 milioni e 400 mila campani, contro i 2 milioni e 774 mila della volta scorsa. Insomma, una flessione superiore ai 350 mila votanti.
Noi inseriamo nel ragionamento un’altra ipotesi teorica, ma comunque sufficientemente logica: facendo calare dell’8% l’affluenza alle urne, trasliamo la stessa riduzione anche sulla cifra dei voti non validi, che diventerebbero 183.466, il che porterebbe il numero dei voti validi presunti a 2.391.252.
L’AFFLUENZA PRESUNTA PROVINCIA PER PROVINCIA
Nella circoscrizione più grande, quella di Napoli, l’affluenza cinque anni fa fu del 55,52%, che in termini assoluti corrisponde a 1.393.643 voti; a Salerno votò il 57,10%, pari a 567.609 elettori; a Caserta si recò alle urne il 57,53%, pari a 444.894 votanti; ad Avellino il 51,85%, pari a 226.741; a Benevento il 51,69%, pari a 141.217.
Ora dobbiamo distribuire la flessione presunta, legata – come abbiamo visto nelle altre regioni – all’astensione, e da noi fissata all’8%. Ciò porta il numero degli elettori che andranno a votare a Napoli a circa 1 milione 104 mila, elettore più, elettore meno; a Salerno circa 527 mila; a Caserta circa 410 mila; ad Avellino circa 208.661; infine, a Benevento circa 129 mila.
LE EUROPEE 2024, FATTORE DI VERIFICA DEL VOTO DI OPINIONE (AGGREGATO CAMPANIA)
Una valutazione seria non può non considerare, anche all’interno di un focus relativo a una consultazione regionale fortemente orientata dai singoli candidati nelle varie liste per il Consiglio Regionale, la possibile incidenza del voto di opinione.
Ed è per questo motivo che andiamo a mettere sul piatto della nostra simulazione il risultato delle elezioni europee del 2024, relativo all’aggregato dell’intera Campania. Alle ultime elezioni europee del 2024, il cosiddetto campo largo si è attestato al 57,27%. In realtà, la percentuale era superiore al 60%, considerando anche i voti di Azione, che però a queste elezioni regionali non ha presentato il proprio simbolo, poiché Carlo Calenda ha dichiarato di ritenersi alternativo e inconciliabile con un candidato governatore espresso dal Movimento 5 Stelle.
Va precisato, altresì, che molti dei candidati che avevano aderito a una possibile lista di Azione si sono poi ricollocati all’interno di civiche di centrosinistra, a partire da quella denominata “Avanti Campania”.
Non c’è alcuna ragione, guardando alla composizione delle liste di queste Regionali, per pensare che questa forbice tra campo largo e centrodestra possa ridursi. Anzi, nella provincia di Napoli si registra il maggiore divario tra tutte e 5 le province della Campania, in termini di potenzialità di raccolta di preferenze da parte dei candidati del centrosinistra rispetto a quelli del centrodestra.
E, siccome il 2024 è stato l’anno boom di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni, un eventuale 56/57 a 40 alle elezioni del 23 e 24 novembre prossimi deve essere considerato un risultato ottimo per il centrodestra.
I VOTI DI NAPOLI E AREA METROPOLITANA
Alle Regionali del 2020, gli elettori votanti a Napoli e area metropolitana furono, come già scritto nella prima panoramica generale, 1.393.643. A questi furono decurtate 95.899 schede bianche e nulle. In poche parole, i voti validi furono 1 milione 297 mila 744.
Oggi, al dato presunto – costituito dai votanti di cinque anni fa meno l’8%, cioè pari a 1 milione 104 mila – andiamo a decurtare l’8% dei 95 mila voti non validi computati nel 2020, che produce un numero di schede non valide presunte, traslate al 2025, pari a 88.225. Applicando questo dato ai 1 milione 104 mila presunti votanti di questa tornata, otteniamo un numero complessivo di voti validi pari a 1 milione 15 mila 775.
Nel 2020, il centrosinistra, nella circoscrizione di Napoli, raccolse 800.707 voti, pari al 67,67%. I 5 Stelle, che correvano da soli, ottennero 144.744 voti, pari al 12,23%. Insomma, complessivamente, nel 2020 il campo largo valeva il 79,9%.
Il centrodestra, con candidato governatore Stefano Caldoro, raccolse 203.758 voti, pari al 17,22%. In pratica, oltre 63 punti di scarto. È vero, c’è stato l’effetto De Luca e la crescita esponenziale di Fratelli d’Italia, ma poiché non si è verificata una grande trasmigrazione di candidati iper-preferenziati dal centrosinistra al centrodestra, e considerato che a Napoli De Luca è riuscito a mantenere all’interno del perimetro del centrosinistra personaggi che per mesi erano stati nella lista degli “indesiderabili” dei 5 Stelle – che alla fine li hanno candidati – è difficile immaginare una rimonta significativa del centrodestra.
La nostra analisi si apre però anche sul voto più politico delle elezioni europee, che, tra l’altro, sono più recenti: per il Parlamento di Strasburgo e Bruxelles si è votato poco più di un anno fa, ossia il 9 giugno 2024. Questo ci serve per avere una percezione numerica del voto di opinione.
Se nel 2020 ha sicuramente agito l’effetto De Luca, che oggi – venendo meno – accorcerà la forbice clamorosa di quasi 63 punti percentuali tra centrodestra e campo largo, è anche vero che la candidatura a capolista di Giorgia Meloni, nella circoscrizione meridionale, creò la condizione migliore possibile per Fratelli d’Italia. Una condizione che la Meloni non potrà replicare, non essendo capolista in queste Regionali.
Ricapitolando, ed entrando nel ragionamento strettamente numerico del voto assoluto: nel 2020 quello che sarebbe poi diventato il campo largo si attestò a 945.451 voti, contro i 203.758 del centrodestra.
Il centrodestra si è attestato al 28,87%, che non è certamente il 17,22% delle Regionali, ma resta comunque lontano dal 63,15% raccolto dai partiti del campo largo. Un risultato a cui abbiamo sottratto quello di Azione, che non ha voluto partecipare alla coalizione di centrosinistra poiché Carlo Calenda ha dichiarato che il suo partito non appoggerà mai un candidato dei 5 Stelle. Va tuttavia considerato che alcuni esponenti di Azione – come la famiglia Sommese a Napoli – si sono comunque candidati nella coalizione che sostiene Roberto Fico.
Dunque, quasi 63 punti di scarto alle Regionali del 2020, e quasi 40 punti alle Europee del 2024, con la Meloni candidata.
Alle Europee, questa forbice enorme si è ridotta. Non inseriamo i voti assoluti perché riferiti a una percentuale di affluenza diversa da quella delle Regionali (42% contro il 55,32%). Possiamo però dire che il centrodestra ha guadagnato più di 11 punti rispetto alla miseria raccolta alle Regionali del 2020, mentre l’80% (e più) di quello che sarebbe diventato il campo largo si è attestato al 68%.
Ora, considerando anche il venir meno dell’effetto De Luca e un possibile impegno più motivato dei candidati delle liste a sostegno di Cirielli, resta comunque un margine stimato di 25-30 punti di scarto.
E cosa significano 25-30 punti di scarto in termini assoluti? Andiamo a vederlo. Calcolando, come ricorda il sondaggista Antonio Noto, che le liste minori raccoglieranno circa il 4%, l’altro 96% su Napoli e Provincia si traduce in un 62% contro un 37%.
Il 62% della cifra di 1 milione 15 mila 775 (i voti validi presunti) corrisponde a circa 620 mila voti, contro i 370.450 del centrodestra. Uno scarto di poco meno di 250 mila voti, emerso da un computo – diciamo così – molto “garantista” nei confronti del centrodestra, che tiene conto della fine dell’effetto De Luca ma anche del fatto che, a Napoli, non si sono mossi veri “pezzi da novanta” né dalle liste del centrosinistra né da quelle del centrodestra.
I VOTI DI SALERNO
Intanto, premettiamo che, se è vero che il candidato del centrodestra Edmondo Cirielli è di Nocera Inferiore, ossia un salernitano, il risultato delle europee del 2024 va preso con le molle, perché l’anno scorso De Luca si è sostanzialmente disinteressato a quella consultazione, mentre Cirielli e Fratelli d’Italia hanno fatto il diavolo a 4 per portare al Parlamento europeo Alberico Gambino, il quale ha raccolto più o meno 95.000 voti.
Complessivamente, il centrodestra – tra il 27,41% di Fratelli d’Italia, il 10,39% di Forza Italia e il 5,8% della Lega – raggiunge il 43,6%. Il centrosinistra, da cui eliminiamo Azione (i cui esponenti hanno comunque presentato liste in appoggio al centrosinistra), si attestò al 49,29%.
Attenzione: questi dati delle europee li riportiamo solo per tarare i voti d’opinione, perché è chiaro che l’incidenza delle liste conta eccome. Il candidato locale Cirielli merita un bonus, ma certamente De Luca sarà molto attivo insieme all’amministrazione comunale di Salerno e a molte altre amministrazioni della provincia, per due ordini di motivi:
- In primo luogo, perché Vincenzo De Luca vorrà contare nel prossimo Consiglio regionale anche per condizionare le scelte di governo di Fico, e Salerno per lui rappresenta una roccaforte elettorale irrinunciabile.
- In secondo luogo, perché, dopo aver preteso che suo figlio Piero diventasse segretario regionale del PD, non potrà esporlo a una brutta figura bruciandolo immediatamente.
Diamo comunque per buona l’idea che ci sia un pareggio tra le due coalizioni, attorno al 48%. Una grande concessione all’incidenza del candidato governatore locale, dato che, dalle notizie in nostro possesso, la Lega ha presentato una lista molto debole a Salerno che arriverà al massimo a 20.000 voti e che dovrà essere compensata dalla lista civica del presidente Cirielli, affinché quel pareggio possa effettivamente avvicinarsi.
Questo è un calcolo molto buono e favorevole alle ragioni e alle speranze del centrodestra. Ma come ci siamo arrivati?
Partiamo, come sempre, dall’affluenza del 2020: nel 2020 votarono 567.609 salernitani, pari al 57,10%. Le schede non valide, complessivamente tra bianche e nulle, furono 37.375, il che portò il computo dei voti validi alla cifra di 530.234.
A questi due numeri applichiamo la percentuale di astensione – ripetiamo, venuta fuori dalla media delle flessioni di affluenza registratesi alle recenti elezioni regionali di Toscana, Calabria e Marche – dell’8%. Gli elettori presunti di questa volta sarebbero dunque circa 527.000.
A questi vanno sottratte le schede bianche e nulle che, sempre applicando il coefficiente di astensione dell’8%, portano la platea dei voti validi a Salerno a 492.585, che rappresentano l’elemento fondamentale per la divisione delle percentuali di voti ai candidati presidenti, ai partiti e alle liste.
Il centrodestra nel 2020, con la coalizione di Fratelli d’Italia, Forza Italia, la Lega e altre mini-liste associate, raccolse 96.728 voti, pari al 20,30%. Mentre, aggiungendo il Movimento 5 Stelle alle liste del centrosinistra, si raggiunse quota 370.804, pari al 77,81%.
Dunque, 57 punti di scarto, per circa 270.000 voti assoluti. Ovviamente, questo rappresenta – specificatamente per il caso della provincia di Salerno – un dato poco significativo, proprio perché stavolta è il centrodestra a candidare alla carica di presidente della regione un salernitano, e non il centrosinistra.
Cirielli ha mostrato un grande impegno in occasione delle elezioni europee del 9 giugno, quando, “pancia a terra”, lui e la sua intera squadra locale hanno appoggiato la candidatura di Alberico Gambino, il quale ha raccolto 95.000 voti di preferenza, la maggior parte dei quali proprio nella provincia di Salerno.
Dunque, qui ancor più che nelle altre province, è importante consultare i dati delle elezioni europee del 9 giugno 2024. Il centrodestra, con la Meloni capolista e Alberico Gambino candidato a tutto gas, ha raggiunto il 43,43%. Il campo largo, invece, il 49,29%, privandolo dei consensi raccolti da Azione.
Ecco perché, ragionando sempre sul 96% di voti da distribuire tra le due coalizioni principali – e probabilmente sopravvalutando un po’ l’effetto di Edmondo Cirielli quale candidato locale, in grado di mettere in campo magari una lista civica migliore di quelle presenti nelle altre quattro province – abbiamo ipotizzato, sempre con grande ottimismo per le ragioni del centrodestra, un 48% pari, che però potrebbe anche trasformarsi in un risultato che arrida al campo largo con tre o quattro punti di vantaggio.
I VOTI DI CASERTA E I TRE FATTORI CHE LO MODIFICANO RADICALMENTE
Ribadiamo l’affluenza di Caserta alle elezioni del 2020: si recò alle urne il 57,53%, pari a 444.894 votanti. Decurtando l’8% di presunta e possibile astensione, a Caserta andrebbero a votare 409.303 persone.
Per arrivare alla quota dei cosiddetti voti validi, a questi vanno sottratti quelli non validi, cioè le schede bianche e nulle, che la volta scorsa furono 36.969. Applicando l’8% di decurtazione, si ottiene 34.017.
Per cui ogni calcolo sulle liste, sui candidati presidenti e sulle graduatorie dei resti andrebbe fatto su un numero frutto della sottrazione dei voti non validi presunti alla quota dei votanti, dunque 409.303 – 34.017 = 375.286 votanti presunti.
Quando però si ragiona su Caserta non si può non partire da alcuni punti fermi. Intanto, l’enorme differenza – veramente catastrofica per il centrodestra – che si verificò alle elezioni del 2020, quando al 65,53%, pari a 250.622 voti del centrosinistra di De Luca (a cui va aggiunto già il 9,50% del Movimento 5 Stelle, cioè 36.328 voti) per un totale di 286.950 voti, pari al 75,03%, si oppose un flebilissimo 23,34% del centrodestra, con ben 52 punti di differenza.
Ed è partendo da questo enorme divario che si possono poi inserire nel ragionamento tre fattori di varianza che favoriscono il centrodestra:
- Il fluviale spostamento di voti di Giovanni Zannini, vero e proprio sultano delle preferenze, dalla lista De Luca a Forza Italia.
- Quello speculare di Enzo Santangelo.
- Infine quello di Steve Stellato, dalla lista civica di Clemente Mastella a quella di Fratelli d’Italia.
Approfondiamo un attimo questo primo fattore: a nostro avviso, uno Zannini di fatto ancora “intonso” rispetto alle inchieste giudiziarie in cui è pesantemente coinvolto è in grado di realizzare il doppio del risultato di 5 anni fa, quando raccolse più di 21.000 preferenze personali.
E se volete comprendere i motivi di questa nostra convinzione, fate una ricerca nei tanti articoli a lui dedicati e troverete ragioni solidissime. Magari lui deciderà di attestarsi sui 30.000 voti, distribuendo però ad altri candidati del centrodestra ulteriori consensi, giusto per evitare, secondo lui, di dare eccessivamente nell’occhio.
Per quanto riguarda Santangelo, la volta scorsa raccolse 8.800 voti senza l’aiuto del sindaco di Maddaloni. In questa circostanza, con l’aiuto di Andrea De Filippo, può superare i 10.000 voti di preferenza. Con i 5.000 di Steve Stellato arriviamo a 55.000.
Il secondo fattore da considerare è l’estrema debolezza della lista del PD, che la volta scorsa raggiunse il 17,20%, pari a 65.000 voti. Questa lista, oggi più debole, non potrà compensare i tanti voti persi, che potrebbero portarla a dimezzare il risultato di 5 anni fa, facendo transitare parte di quei voti verso il centrodestra, che qualcosa acquisirà anche se il grosso rimarrà nelle liste del centrosinistra. Dunque ci portiamo prudentemente a 60.000 voti.
Il terzo e ultimo fattore è rappresentato dalla Lega: nel 2020 il partito di Salvini ottenne il 9,32%, ma Zinzi, quella volta candidato direttamente, mise insieme una lista che probabilmente – come peso specifico dei singoli concorrenti in lizza – è ancora più forte. Dunque i tre fattori potrebbero compensarsi, perché Zinzi non sarà candidato direttamente, ma in campo scenderanno tre uscenti: Alfonso Piscitelli, Massimo Grimaldi e Antonella Piccerillo.
Non è un mistero che Zinzi punti a un risultato a due cifre, verso il 12%. Aggiungiamo, conseguentemente, ulteriori 3 punti al centrodestra, accreditati alla lista della Lega rispetto alla volta scorsa.
35.640 voti, a cui aggiungiamo circa 1.050 voti corrispondenti al 3% da noi accreditato. Ci portiamo quindi a 57.000 voti, sempre voto più voto meno, ai quali – utilizzando un’ipotesi molto ottimistica, soprattutto sul voto per Santangelo, Steve Stellato e per la Lega di Zinzi – si arriverebbe a 60.000 voti. Numero molto funzionale alle speranze coltivate dal centrodestra in questa circoscrizione.
Ora cerchiamo di abbozzare delle percentuali: il centrosinistra, dividendo il suo risultato presunto per il dato di affluenza del 2020 decurtato dell’8%, e considerando anche la decurtazione relativa ai voti non validi, si attesterebbe – dividendo il dato di affluenza al netto delle schede non valide per il risultato della coalizione – al 60,10%, con una flessione di 15 punti rispetto alle elezioni del 2020.
Tutti questi dati vanno poi valutati in base alla potenzialità dei voti d’opinione. Alle elezioni europee del 2024, i soli 3 partiti del centrodestra hanno raccolto, in provincia di Caserta, complessivamente, il 43,13%. Nel calcolo dei consensi va tolto il 2,92% conquistato da liste minori autonome che del campo largo non fanno parte.
Per quanto riguarda Azione, occorre fare un discorso particolare: se il simbolo è stato ritirato da Calenda, i candidati della lista – fondendosi con quelli di Avanti Campania – sono entrati nel campo largo in appoggio a Roberto Fico. Ci riferiamo a Giovanni Iovino di Cellole e ad altri appartenenti al gruppo che fa capo all’ex consigliere regionale Luigi Bosco.
Per cui, sarebbe un errore eliminare i voti di Calenda dalla cifra presunta per queste regionali del campo largo, che arriverebbe al 55,05%, riferendoci sempre ai consensi raccolti alle europee di un anno e mezzo fa, quando, ad esempio, Giovanni Zannini era già schierato con il centrodestra e fu autore di una campagna elettorale molto aggressiva a favore di Forza Italia e del candidato Fulvio Martusciello.
Poi c’è l’effetto De Luca, che nel 2020 esisteva palpabilmente, in quanto il governatore era reduce dai grandi successi della “tournée Covid” della volta scorsa. Questo potrebbe spostare altri 3 o 4 punti dal campo largo al centrodestra, portando dunque il risultato a un 51% contro un 47%.
Mettiamoci pure un 3% dei candidati e delle liste minori che, per la loro identità, inciderebbero soprattutto sul risultato del campo largo, e magari questo può in qualche modo avvicinare una parità — ammesso e non concesso che queste liste minori drenino un 4%, il che è tutto da dimostrare.
Ricapitoliamo: i tre fattori, l’effetto De Luca e tanto, tanto ottimismo per il voto a favore del centrodestra possono portare a un pareggio o a una vittoria di stretta misura del campo largo in provincia di Caserta. Al di là di questo, non si può andare.
I VOTI DI AVELLINO
Partiamo, come abbiamo fatto nelle altre circoscrizioni esaminate finora, dal dato dell’affluenza. Nel 2020 gli aventi diritto al voto, tra Avellino e provincia, erano 437.280. Alle urne, però, si recarono 226.741 elettori, pari al 51,85%.
Compiamo ora la solita operazione di adattamento di questo dato all’astensione presunta — ripetiamo per l’ennesima volta — derivata dalla media dei dati di astensione registratisi nelle tre regioni già andate al voto, cioè Marche, Calabria e Toscana. Una media dell’8% di flessione nel 2025 rispetto alle elezioni regionali precedenti, celebrate nelle suddette regioni. In questo caso, un dato strutturato e reale relativo al turno del 2025, rispetto a quello di cinque anni prima (quattro anni prima, in Calabria).
Ai 226.741 elettori che si recarono alle urne in provincia di Avellino nel 2020, decurtiamo dunque 18.080 elettori. La nuova cifra è 208.661. A questa dobbiamo applicare anche i voti non validi, allo scopo di ottenere quelli validi su cui operare i calcoli di simulazione.
Poiché, come abbiamo già scritto, i voti non validi furono cinque anni fa in Irpinia 16.012, a questi va decurtato ugualmente l’8%, che equivale a 1.280 voti.
16.012 meno 1.280 fa 14.732 voti non validi presunti alle prossime elezioni del 23 e 24 novembre. Dunque, ai 208.661 votanti che andranno presumibilmente alle urne, vanno sottratti i 14.732, per un risultato pari a 193.929, che costituisce il divisore per stabilire le percentuali presunte che raccoglieranno le due coalizioni principali.
Veniamo all’esito elettorale del 2020: la coalizione di centrosinistra in appoggio a De Luca presidente raccolse 158.685 voti, pari al 75,30%. Non essendosi registrate defezioni di sorta, in stile Caserta, se non quella del simbolo di Azione — i cui candidati sono però confluiti in altre liste civiche, a partire da quella dei socialisti di Avanti Campania — questo 75% lo sommiamo ai voti raccolti sempre nel 2020 dal Movimento 5 Stelle, che correva, come abbiamo già scritto più volte, con Valeria Ciarambino.
La candidata presidente raccolse 12.818 voti, pari al 6,51%. Insieme al 75,30%, fanno 81,81%. Dall’altra parte, il centrodestra raccolse la miseria di 33.204 voti, pari al 15,76%. Il resto finì alle liste dei candidati minori. Ora, su Avellino, a differenza di Caserta, non conosciamo se vi sia stata, e in che misura, una migrazione di candidati dal centrosinistra al centrodestra. Tuttavia, ritenere di recuperare 66 punti di scarto è concettualmente difficile, se non impossibile.
Sviluppiamo, infine, il consueto ragionamento sul voto di opinione, che meglio si manifesta in occasione delle elezioni politiche nazionali e di quelle europee, in cui si registra anche l’incidenza dei leader nazionali, a partire da quella di Giorgia Meloni che, ben difficilmente, potrà incidere così come ha fatto nel giugno del 2024, e che altrettanto difficilmente trascorrerà, con queste prospettive, gli ultimi 15 giorni della campagna elettorale in Campania e in provincia di Avellino.
Fratelli d’Italia ha raccolto il 19,39% con Giorgia Meloni capolista; Forza Italia – Noi Moderati il 14,71%; la Lega il 6,08%. Complessivamente, dunque, il centrodestra si attestava, circa un anno e mezzo fa, al 40,18%. Il cosiddetto campo largo ha raccolto il 56,12%. Il resto è andato ai simboli minori, cioè a Libertà, Alternativa Popolare, Partito Animalista e Pace Terra Dignità. Insomma, 16 punti di scarto con la Meloni in campo.
Si può quindi pensare che una porzione di questi 66 punti di scarto, risalenti al 2020, sia ridotta da un voto di opinione che, in questo momento, favorisce il centrodestra. Ripetiamo: fino a un certo punto, perché il risultato delle europee fu già in parte determinato dalla decisione della Meloni di candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni.
Magari c’è un po’ di trasmigrazione dal centrosinistra al centrodestra da parte di coloro che De Luca non ha potuto garantire. Inoltre, questa volta, non ci sarà l’effetto del governatore regnante e carismatico, uscito dai “fasti” (perché per lui tali furono) del Covid, in una sorta di registro mors… vostra, vita mea.
Tuttavia, anche ragionando su una 20ina di punti in più raccoglibili dal centrodestra rispetto al 15% della volta scorsa, il campo largo sotto al 60% non scende, perché le sue liste sono comunque piene di uscenti e perché Cirielli non è un carismatico capace di fagocitare voti propri. Un concetto, questo, fondamentale, poiché solo un potente flusso di voto disgiunto a favore del candidato del centrodestra e a danno del candidato del campo largo potrebbe offrire qualche minima prospettiva di avvicinare i due competitor alla carica di governatore.
I VOTI DI BENEVENTO. IL FIGLIO DI MASTELLA E I DUE PARLAMENTARI DEL CENTRODESTRA
Su 273.208 elettori aventi diritto al voto, si è recato alle urne, alle regionali del 2020, un numero di elettori pari a 141.217, cioè il 51,69%. Ora decurtiamo il consueto 8%, che porta il numero presunto di aventi diritto andati effettivamente alle urne a 129.937 votanti.
Stessa operazione con i voti non validi: 13.131 meno l’8% (corrispondente a 1.048), quindi i voti non validi passano a 12.083, decurtando ulteriormente il numero dei votanti presunti da 129.937 a 117.854, che rappresentano i voti validi.
Passiamo alle coalizioni. Nel 2020, a Benevento e provincia, il centrosinistra raccolse 82.800 voti, pari al 64,64%. Le liste del centrodestra toccarono quota 31.748 voti, pari al 24,01%. Al centrosinistra vanno aggiunti i voti raccolti dal Movimento 5 Stelle, che furono 10.931, pari al 9,21%. Complessivamente, dunque, il campo largo in base alle elezioni del 2020 potrebbe contare su una percentuale del 73,85%.
Clemente Mastella, storico leader politico sannita e oggi sindaco di Benevento, presentò la sua lista Noi Campani nel 2020, raccogliendo il 12,89%, e col centrosinistra-campo largo l’ha presentata anche nel 2025. Non sappiamo se il fatto che Mastella abbia candidato il figlio Pellegrino possa essere un dato positivo o negativo per lui, però riteniamo che anche stavolta si attesterà attorno a queste cifre, in quanto profonderà sicuramente il massimo impegno personale, perché i figli sono figli.
A Benevento, il discorso di trasmigrazione da una parte all’altra non c’è, anche perché lì le liste sono cortissime, addirittura a due candidati, per l’esiguità della porzione demografica della provincia sannita rispetto alle consorelle del resto della Campania. Quindi, nel caso di specie, eliminiamo un fattore — quello dei cambi di casacca — e ci portiamo direttamente all’esito del voto delle elezioni europee del 2024.
Il centrodestra raccolse in quell’occasione il 44,48%, mentre i partiti del campo largo si attestarono al 49,91%. Stavolta non abbiamo inserito Azione nel calcolo, perché non sappiamo se gli eventuali rappresentanti del partito di Calenda, che ha deciso di non spendere il suo simbolo a favore di Roberto Fico, si siano o meno riciclati in altre liste del centrosinistra, com’è successo sicuramente nelle province di Napoli e Caserta. Tuttavia, qui lo spazio, come detto, è strettissimo, perché i candidati sono due per lista.
Ribadiamo per l’ultima volta che, nelle elezioni del 23 e 24 novembre prossimi, il centrosinistra non potrà giovarsi dell’effetto De Luca, ma Fratelli d’Italia, ossia il maggior partito del centrodestra, non avrà certo Giorgia Meloni capolista nelle cinque circoscrizioni. Magari Forza Italia è cresciuta un po’, ma il pareggio tra Fico e Cirielli costituirebbe un gran risultato, ossia esaudire il massimo delle aspirazioni del centrodestra.
Un obiettivo possibile anche in considerazione del fatto che, rispetto al 2020, il centrodestra può annoverare due parlamentari che al tempo non c’erano, ossia Francesco Maria Rubano, sindaco di Puglianello e deputato di Forza Italia, e Domenico Matera, sindaco di Forchia e senatore di Fratelli d’Italia.
CONCLUSIONE
non c’è bisogno di star lì a spigolare con l’aritmetica, ad astrarre numeri e calcoli di probabilità. Occorre infatti un vero e proprio cataclisma perché Cirielli possa battere Fico, al di là di quello che potrà essere lo scarto tra i due rivali a presidente.
Il centrodestra può aspirare a un ottimistico pareggio a Salerno (ma non molto probabile), forse addirittura a mettere il muso davanti a quello del centrosinistra, ma non di molti voti, a Caserta e a Benevento.
Ma i 270.000 voti di scarto su Napoli e qualche decina di migliaia di voti presumibili a favore del campo largo ad Avellino faranno la differenza. Lo scarto tra i 250.000 e i 270.000 tra Napoli e provincia crea percentualmente una differenza tra il 10,45% e l’11,29%.
Un punto e mezzo anche su Avellino. Nell’ipotesi ottimistica, 2 o 3 punti: il centrodestra potrebbe recuperare tra Caserta e Benevento e si arriverebbe a circa il 10% di differenza, ripetiamo, svolgendo calcoli tutti favorevoli alla coalizione di Cirielli.
IL VOTO DISGIUNTO E PERCHÉ CIRIELLI NON LO ATTRAE
Per quanto riguarda il voto disgiunto, questa è un po’ una leggenda metropolitana. Un fattore che abbiamo accennato fino ad ora, ma che va, in ultima istanza, maggiormente sottolineato, è quello di un possibile voto disgiunto a favore di Cirielli e contro Roberto Fico.
Intanto diciamo che questo rappresenterebbe una verità storica, perché se andate a verificare le ultime tre elezioni regionali — ossia quella del 2010, quella del 2015 e quella del 2020 — le differenze tra la cifra finale raccolta nel primo caso da Stefano Caldoro, eletto presidente, nel secondo caso da Vincenzo De Luca e infine nell’ultimo caso, quello del 2020, con la Campania che passò dal Covid alla cosiddetta “deluchite galoppante”, furono minime.
Stavolta, questi 10 o 12 punti di scarto di voto a favore della coalizione del campo largo corrispondono a circa 230.000 voti, che dovrebbero essere espressi a favore di una lista di centrosinistra con voto a presidente Edmondo Cirielli.
Indubbiamente, c’è un’area di centro nella coalizione del campo largo che soffre la candidatura di un pentastellato a governatore. Il problema è che, dall’altra parte, non c’è un candidato che possieda carisma o sia posizionato, come poteva essere ad esempio Giosi Romano, in un’area moderata e dunque in grado di attrarre voti attribuiti a una lista del centrosinistra con preferenze a candidati di quest’area, ma allo stesso tempo pronti a premiare “uno di loro”.
Una condizione inesistente in un candidato come Cirielli, freddo, poco empatico e soprattutto considerato troppo di destra per essere scelto da elettori di centro.
