IL RIESAME. Confermato l’impianto accusatorio della Procura. Con il rigetto del ricorso sul caseificio dei Griffo, ora Giovanni Zannini è ancora più nei guai

17 Gennaio 2025 - 18:17

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È opportuno sviluppare delle valutazioni sulla decisione dei giudici di S.Maria C.V. resa pubblica nelle primissime ore di questo pomeriggio

MONDRAGONE/CANCELLO ARNONE (g.g.) – Il rigetto, da parte del Tribunale del Riesame di S.Maria C.V., del ricorso presentato da Luigi Griffo e da suo figlio Paolo avverso al provvedimento firmato dal Gip Daniela Vecchiarelli dello stesso Tribunale, non rappresenta una notizia fine a se stessa ma riveste un significato che va molto al di là, collegandosi anche alle altre strutture di una indagine ancora in pieno svolgimento.

La conferma della validità dell’impianto accusatorio, formulato dalla Procura della Repubblica di S.Maria C.V., dai suoi due Pubblici Ministeri Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano, che hanno operato e stanno operando ancora a stretto contatto di gomito con i Carabinieri del Reparto Investigativo del Gruppo di Aversa, costituisce un pacchetto completo, riguardante anche gli altri indagati, a partire da quello più conosciuto, ossia dal consigliere regionale Giovanni Zannini.

Ricapitoliamo: il decreto di perquisizione, grazie al quale l’opinione pubblica ha potuto acquisire, attraverso i giornali, le informazioni principali di questa indagine, è fondato su due pilastri. Il primo è l’ipotesi di reato di concussione, formulata a carico di Giovanni Zannini e del dirigente della mega ripartizione Sanità della Regione Campania Antonio Postiglione. Zannini avrebbe fatto pressioni continue nei confronti dell’allora Direttore Sanitario dell’Asl Enzo Iodice, affinché questi si mettesse a disposizione per le necessità clientelari del consigliere regionale mondragonese, che aspirava, in pratica, ad avvicinare larga parte dei dipendenti – migliaia e migliaia – dell’Asl di Caserta, utilizzando Iodice come trait

d’union; Antonio Postiglione, invece, sarebbe stato l’esecutore materiale del siluramento del Direttore Sanitario, costretto alle dimissioni per effetto di una telefonata fattagli da Postiglione proprio in quanto Zannini lo accusava di non essersi reso disponibile.

Su questa struttura dell’indagine non è possibile, almeno per il momento, ottenere una verifica di riscontro sulla bontà dei gravi indizi di colpevolezza perché ad essa non sono collegati provvedimenti cautelari di tipo patrimoniale.

Occorrerebbero altri provvedimenti, quelli personali, affinché il Tribunale del Riesame, nel caso di specie quello di Napoli, possa entrare nella procedura quale primo organismo di valutazione degli elementi di base di un provvedimento limitativo della libertà personale degli indagati. Ma siccome, al momento, questo non è accaduto, il discorso va accantonato.

Diversa invece è la questione relativa alle ipotesi di reato per corruzione, falso e truffa. Essendosi registrati dei provvedimenti di sequestro di beni, è stato possibile sintonizzarsi sulle valutazioni e decisioni di un primo giudice terzo, ossia quello rappresentato dal Riesame di S.Maria C.V., competente quando gli atti giudiziari riguardano beni reali e non toccano la libertà delle persone. Ecco perché la decisione di oggi è importante.

Luigi e Paolo Griffo, difesi dagli avvocati Mario Griffo e Giuseppe Stellato, hanno perso su tutta la linea, e se il Riesame ha ritenuto valido l’impianto accusatorio nei loro riguardi, non c’è alcun dubbio che ciò si va a traslare anche sui motivi e sulle accuse, sulle ipotesi di reato, formulate dalla Procura della Repubblica nei confronti di Giovanni Zannini e di tutti gli altri indagati.

In poche parole i Griffo hanno ricevuto 4 milioni di euro dal governo, attraverso Invitalia, per riqualificare e allargare significativamente le strutture del caseificio Spinosa da loro rilevato.

Se questo è stato possibile è perché Giovanni Zannini ha messo in piedi una operazione tanto complicata quanto spregiudicata, perché dopo aver ricevuto un diniego dalla dirigente della Regione Campania Brancaccio, e non potendo contare sulla presenza di una commissione edilizia chiamata a fornire un placet ambientale nel Comune di Cancello Arnone, ha collegato quest’ultimo, attraverso una complessa procedura amministrativa, a un comune montano, cioè a Castello Matese, che quella commissione ce l’aveva e ce l’ha.

In questo modo è stato il Comune di Castello Matese, a cui una legge ridicola ha consentito di creare una sorta di sincretismo amministrativo con un comune semi-marittimo, a concedere alla società dei Griffo quei requisiti grazie ai quali i due hanno ricevuto 4 milioni di euro di finanziamento a colpi di documenti truccati, falsificati e chi più ne ha più ne metta, così come abbiamo raccontato nel dettaglio in decine di articoli da noi dedicati, nei mesi scorsi, alla vicenda, (facilmente reperibili sia direttamente nella sezione Cancello Arnone, sia attraverso Google).

Se dunque il Riesame conferma il sequestro firmato dal Gip, vuol dire che ritiene illegale la proceduta propiziata e sostanzialmente attivata da Giovanni Zannini il quale, attraverso questo comportamento, ha concorso, sempre secondo la Procura, al compimento dei reati di falso e truffa, macchiandosi contestualmente, insieme al suo sodale mondragonese Alfredo Campoli, di quello di corruzione, compiuto nel momento in cui i Griffo hanno organizzato il sollazzo caprese in imbarcazione di lusso delle famiglie di Zannini e Campoli, quest’ultimo coinvolto nell’indagine anche per il giro di fatture false, accompagnati dalle loro mogli.