LA NOTA AVERSA. Le ragioni (nobili) della storia, della memoria e quelle (meno nobili) degli interessi: come la giri giri Luciano Sagliocco ha di nuovo umiliato la vicenda umana e politica del fratello
19 Luglio 2020 - 19:31
AVERSA (gianluigi guarino) – Tre anni fa, per la precisione poco più di tre anni fa, Rosario Capasso e Giovanni Innocenti salvavano il sindaco Enrico De Cristofaro il quale si era premurato di assicurarsi i loro servigi prima di assumere la decisione di silurare dalla giunta comunale la sua vice Federica Turco. Già allora la suddetta si giovò di un’interpretazione, in verità condivisa anche da noi, favorevole alla sua causa, alla integrità della sua credibilità politica.
Si disse: De Cristofaro ha rotto con Noi Aversani e conseguentemente ha deciso di revocare la Turco dalla sua Giunta.
In verità, le cose non andarono proprio così. Anzi andarono proprio al contrario: il primo cittadino, a ragione o a torto, ruppe con la sua vice e non con il movimento che l’aveva mandata in consiglio comunale, mobilitando elettoralmente tutti i non pochi amici del compianto Giuseppe Sagliocco, scomparso pochi mesi prima di quelle elezioni, dopo essere stato fatto cadere attraverso un colpo di mano, in cui, fuori dal consiglio si distinse per l’impegno di tessitura Guido Rossi, che di Sagliocco era stato assessore al bilancio, e dentro al consiglio il “solito” Giuseppe Stabile il quale abbandonò la seduta che avrebbe determinato la caduta del sindaco, dichiarando di accusare un malore. Neanche la “creanza” di dirglielo in faccia ebbe, di parlare chiaro ad una persona già pesantemente segnata dalla malattia, che di lì a pochi mesi lo avrebbe portato alla morte.
Insomma la frattura si ebbe tra sindaco e vicesindaco. In conseguenza di questa, effetto e non causa, dunque, si consumò anche lo strappo definitivo con Noi Aversani. Questo ridimensionava anche un po’ la tesi di questo giornale, basata sulla nostra dura presa di posizione assunta subito dopo la decisione fortissimamente voluta da Luciano Sagliocco e dalla stessa Federica Turco, agevolmente convinti da Mimì Migliaccio, altro assessore di Sagliocco senior.
Scrivemmo nei giorni della rottura tra De Cristofaro e Noi Aversani che a Luciano Sagliocco, tutto sommato, ben gli stava, perché noi di Casertace, gliel’avevamo detto e anche scritto che con “quello la non ci si doveva mettere” e che tutto sommato con quel ribaltone De Cristofaro completava la sua strategia distruttiva, attivata contro Peppino Sagliocco ai tempi dei cantieri di via Roma e a quel punto sigillandola con un colpo di maglio alla sua eredità politica.
Eravamo troppo coinvolti per aver vissuto da amici veri e disinteressati (perché in passato nulla avevo risparmiato neppure a lui in termini di critiche e biasimi), gli ultimi mesi della vita di Peppino. Inoltre, sottovalutavo e sottovalutavamo la figura di Federica Turco. O meglio, la valutavo e la valutavamo in base a quello che affermava durante il consiglio comunale e che scriveva nei comunicati stampa o nelle sue incursioni social. Roba da batteria. In tanti anni di professione, il politico, anzi la persona che non mette al centro della propria esperienza, prima di tutto interiore, i contenuti abbiamo la riconosciamo leggendo la prima mezza riga di un suo scritto. La Turco, dunque, non c’era apparsa né migliore e né peggiore di tanti suoi coetanei, politicamente nati già vecchi, che evadevano ogni giorno il rituale di una necessità conformistica di far vedere di occuparsi di cose importanti, quando invece interiormente, ogni pensiero era rivolto ai giochi di Palazzo o di palazzina.
Insomma, niente di nuovo sotto il cielo. Deja vue. E invece, in quel ribaltone, nella definizione delle sue ragioni, la Turco aveva avuto un ruolo di protagonista, perché già al tempo era in grado di condizionare totalmente mosse e decisioni di Luciano Sagliocco e del figlio Francesco. Questo noi non l’avevamo capito. L’abbiamo compreso solo ora.
Nei mesi successivi, il giudizio più cortese che la vicesindaca detronizzata e da noi sottovalutata perché ci trovavamo di fronte senza accorgercene ad una fuoriclasse del neobraciolismo e del neoricottismo, confezionò nei confronti di Capasso e di Giovanni Innocenti fu quello di additarli come “ribaltonisti”, cioè come persone che avevano preso i consensi di rappresentanza da una parte e, tradendoli, erano passati con la maggioranza per un tozzo più o meno grande di pane.
Ora, non è che all’improvviso ci siamo convinti che ad Aversa sia capitato un fatto unico nella storia della politica universale. Per carità, dopo averli sottovalutati, non dobbiamo compiere l’errore contrario di sopravvalutarli. Protagonisti ben più autorevoli della pur abile Federica Turco hanno infatti utilizzato l'”arte della politica” nella parte in cui questa serve ad affermare le ragioni, ma soprattutto le ambizioni, di una persona o di un gruppo di persone. Ora, se Machiavelli scriveva la storia del fine e dei mezzi, scriveva anche tanto altro. Stesso discorso vale per i grandi cardinali delle corti francesi Mazzarino e Richelieu. Ma nella vita di queste persone non c’erano solo l’abilità e il tornaconto, ma anche le “ragioni della storia”. Se a tre anni da quel ribaltone, Giovanni Innocenti correrà per far votare Zannini, ma presumibilmente anche la Turco, non si può liquidare la cosa rifugiandosi nella solita ragione che essendo la politica popolata da uomini e da donne, possiede tutti i difetti, tanti, e tutti i pregi, pochi, degli uomini e delle donne.
E più ragioni della storia di queste, dove le troviamo? La domanda la rivolgiamo a Luciano Sagliocco più che alla Turco perché vi diciamo che questa, se Peppino Sagliocco fosse stato vivo, tutti quei voti, alle elezioni comunali del 2016, non li avrebbe presi. Bisogna dunque rivolgersi all’erede biologico, ma non certo politico della buonanima. Perché è stato lui, cioè Luciano Sagliocco, a differenza di ciò che aveva deciso di non fare il fratello, ad aver fin dal primo momento portato in carrozza la Turco dotandola di una rendita elettorale, di un robusto sostegno economico. Insomma di una rendita di posizione, quella di pupilla (aridaje, ritorna questa parola già da noi usata nell’articolo collegato a questo), che il fratello non gli aveva riconosciuto. E non per distrazione, bensì dopo una valutazione che in un articolo di domenica scorsa abbiamo definito “frutto della corteccia cerebrale”.
Qui il problema non è tanto quello del centrosinistra o del centrodestra. Il problema è un altro, anzi sono due. Uno più nobile, il secondo pragmaticamente ruspante, che realmente rende incomprensibile le decisioni di Luciano Sagliocco. Il primo riguarda le appena citate “ragioni della storia”, cioè quel pezzo di nobiltà, che nella maggior parte degli eventi che hanno scandito le cose del mondo, ha affiancato le tante nefandezze, pur compiute dalle menti più eccelse. Peppino Sagliocco era morto nel gennaio del 2016. In suo nome era stata fatta una lista, consegnata al suo carnefice politico, cioè a De Cristofaro. Questi aveva fatto fuori la Turco e Noi Aversani, sfregiando ulteriormente la memoria del suo predecessore, grazie solo e solamente alla disponibilità di Rosario Capasso, ma soprattutto, e scriviamo così perché oggi è lui uno dei fattori della trama, di Giovanni Innocenti.
Maison, nel rispetto delle ragioni della storia che poi sono le ragioni della memoria di suo fratello, Luciano Sagliocco avrebbe dovuto entrare in un meccanismo popolato da protagonisti della peggiore politica locale, quella che il fratello aveva sinceramente avversato, diventando consapevole, attraverso la coscienza di uno che sa di non avere molto tempo da vivere che gli rimaneva poco per dimostrare che la politica può essere anche un'”altra cosa”.
Poi c’è la ragione pragmatica: se proprio l’idea è quella di rinnovare ruolo e presenza di una famiglia storicamente protagonista della politica normanna, va candidato Francesco Sagliocco il quale non è che trascorrere la giornata a raccogliere margherite o a fare lo speleologo, ma ricopre la carica di consigliere comunale e che sarebbe stato dunque pienamente legittimato a candidarsi lui alle prossime regionali, anche in virtù di quel cognome, che la Turco, fino a prova contraria, non porta.
Questa storia ci tocca molto. La volta scorsa, nel 2016, bombardati dalle pressioni personali, emotive, di congiunti che in quei miei articoli rivivevano un dramma personale, mi fermai e ci fermammo.
Stavolta, non accadrà.