GOLDEN TULIP VOLALTO. Una leggenda del volley arriva a Caserta: Marco Bracci. Uno di quelli che ha inventato la “Generazione dei fenomeni”
19 Ottobre 2018 - 18:52
CASERTA (g.g.) – Beh, stavolta, c’è poco da scherzare. Il nome scelto dal presidente Nicola Turco è di quelli monumentali della pallavolo italiana. Per lui e per i suoi compagni di squadra che hanno scritto pagine indelebili, che sono stati la squadra più forte della pallavolo di tutti i tempi e di tutto il mondo, fu coniata l’espressione “Generazione di fenomeni“. Marco Bracci, da qualche ora, incredibilmente, nuovo allenatore della Golden Tulip VolAlto 2.o, se ha accettato l’offerta di Turco è perché ritiene che qui ci siano le condizioni per fare molto bene.
Se da allenatore, Bracci ha ancora tanto da dimostrare, è anche vero che in serie A1 con la Bisonte San Casciano, che giocava nel PalaMandela di Firenze, bene ha fatto e non poco nell’anno 2016/2017. E se le cose non sono andate bene nel verso giusto l’anno scorso è perché la dirigenza della squadra toscana cominciava a mostrare crepe che poi si sono rivelate sempre più evidenti.
Marco Bracci che ha allenato anche in A2 maschile, a Santa Croce, aveva intenzione di rimaner fermo almeno fino a metà campionato quando, di solito, saltano le panchine di squadre partite con grosse ambizioni ma non in grado di raggiungere risultati sperati. Il pressing di Turco è stato, però, fortissimo e in questi minuti Bracci sta raggiungendo Caserta dalla natia Fucecchio. Sostituirà il deludente allenatore Cristofani che, in un mese e mezzo di preparazione e amichevoli, non è riuscito a dare un’identità e un gioco credibile alla squadra, inopinatamente sconfitta nelle prime due giornate sempre per 3-0.
Il Bracci giocatore? Ha più medaglie di quante ne avesse Dwight Eisenhower. A 23 anni partecipò al primo atto, all’evento da cui tutto partì, quei campionati europei di Svezia vinti, sovvertendo ogni pronostico della vigilia, dall’Italia di Julio Velasco che batté in finale proprio i padroni di casa che in quegli anni ebebro qualche sprezzo di notorietà sportiva nella pallavolo grazie soprattutto al fuoriclasse Gustafsson che giocava in Italia. La partita finì 3-1, con un Jacopo Volpi letteralmente impazzito alla gioia quando l’ultima palla cadde a terra. Tofoli palleggiatore, Andrea Zorro Zorzi opposto, Lorenzo Bernardi, Mister Secolo, e Luca Bazooka Cantagalli schiacciatori di banda, Andrea Gardini e il meraviglioso Andrea Lucchetta centrali (al tempo non esistevano ancora i liberi). In panchina un’altra super nazionale con Marco Bracci che condivideva il ruolo di sostituto dei due schiacciatori con l’ennesimo Andrea, Anastasi, che fu allenatore della Nazionale e oggi alla guida del Belgio.
Quello che successe dopo è leggenda ormai. Bracci campione del mondo e ancor più coinvolto nei cambi, in Brasile dove, dopo aver battuto per 3-2 i padroni di casa in un Maracanazinho pieno fino all’inverosimile con 25 mila spettatori scatenati, sconfisse, in finale, l’allora fortissima Cuba, capitanata da un altro fortissimo fuoriclasse Joel D’Espaigne, insieme a Zorzi, il più grande opposto di quell’epoca e uno dei più grandi di sempre.
La Generazione dei Fenomeni, con Bracci spesso titolare, non lasciò nulla a nessuno. Ancora campioni d’Europa nel 1993, 1995 e 1999; ancora campioni del mondo nel 1994 e nel 1998. Un filotto che probabilmente nessuno risiucurà mai ad eguagliare.
L’unico grande cruccio, la mancata vittoria di un’olimpiade persa da favoritissimi sia nel 1992 quando l’Olanda ci elimino nei quarti di finale, sia nel 1996, ad Atlanta, quando la stessa Olanda, bestia nera alle Olimpiadi, mentre la battevamo sistematicamente nelle altre edizioni, si aggiudicò una finale in cui Velasco e i suoi partivano sicuramente da favoriti. Non abbiamo approfondito le vittorie molto prestigiose in una Coppa del Mondo e una sequenza impressionante di World League perché altrimenti questo articolo lo finiamo di scrivere domattina.
Stesso di scorso per il palmares conquistato da Marco Bracci nei club (Parma, Modena, Roma e Macerata), colonna portante della grande Maxibon Parma, insieme ad Andrea Giani, un altro che entrò in Nazionale dalla porta principale e dell’alzatore americano Dvorak, a quel tempo, con Paolino Tofoli, lo diventò poi dell’ancora mitica Panini Modena, poi Roma alla quale regalò uno scudetto e poi infine Macerata. Una messa di titoli tricolori, Coppa Italia, Coppa dei campioni, Coppa CEV e chi più ne ha più ne metta.
Una leggenda.