QUESTO È L’ORO DELLA CAMORRA: commercialisti, faccendieri ma soprattutto società appaltanti come Toscana Energia-Italgas, a disposizione del genero di Elvira Zagaria e di Raffaele Diana. Ecco chi andava al bancomat
28 Gennaio 2021 - 13:36
Nella lettura della genesi di questa indagine, cogliamo una dimenticanza e cioè la mancata menzione dello stretto grado di parentela tra “Peppe o’ russo” ed Evira, la sorella di Michele Zagaria, il quale qualche tempo prima di essere arrestato aveva messo sotto la sua diretta ala protettrice, i fratelli Giuseppe e Raffaele Diana (che abbandonò la professione di parrucchiere) definendoli intoccabili. NELL’ARTICOLO UN NUOVO PENSIERO PER IL SINDACO MARCELLO DE ROSA. IN CALCE, GLI STRALCI DELL’ORDINANZA
CASAPESENNA (Gianluigi Guarino) – Come si suol dire, i giudici si sono persi sul più bello. Nell’ordinanza sulla struttura malavitosa che a colpi di subappalti aveva costruito in Toscana un mezzo impero finanziario, i magistrati della Dda suggeriscono al Gip quella che si definisce la cosiddetta “genesi”, cioè la base costitutiva di tutti gli elementi essenziali di ogni provvedimento giudiziario che pone la sua staffa ad un’inchiesta della magistratura inquirente. Il gip di Firenze scrive nelle prime righe delle parentele dei vari indagati.
Sofferma la sua attenzione soprattutto sulla figura di Luigi Diana, cugino diretto di Raffaele Diana e di Giuseppe Diana o’ biondo, cioè del nocciolo operativo dell’organizzazione, sottolineando che si tratta del nipote del noto camorrista Luigi Diana, detto Giggino o’ diavolo, pluripregiudicato, suo omonimo e componente di rilievo del gruppo di Michele Zagaria.
Giustamente viene fatta menzione della parentela stretta, cugini di primo grado, tra lo stesso Luigi Diana e i fratelli Giovanni e Giuseppe Garofalo (i “marmulari”), ospiti fissi di CasertaCe da anni, in quanto uomini di stra-fiducia di Michele Zagaria, per il quale hanno operato soprattutto nel settore dei videopoker e delle macchinette mangiasoldi e che, come abbiamo scritto in diverse occasioni, a Zagaria costruirono anche un bunker in una delle loro abitazioni, con la moglie di uno dei fratelli, attivata full time a lavare e stirare la biancheria dell’allora super latitante più ricercato d’Europa.
Successivamente, il Gip evidenzia anche il curriculum criminale di Giuseppe Diana detto Peppe o’ biondo, arrestato nel 2016, in una delle molteplici ordinanze susseguenti a quella importante del primo ottobre 2015, di cui ci stiamo occupando anche in questi giorni, in relazione all’arresto dell’imprenditore dei supermercati Paolo Siciliano, che decapitò la cabina di comando del gruppo Zagaria con l’arresto del nipote Filippo Capaldo e della sorella del boss, Gesualda Zagaria.
Ma in questa genesi manca il dato più importante: da una decina d’anni, comunque da prima dell’arresto di Michele Zagaria, Peppe o’ biondo, al secolo Giuseppe Diana, aveva conosciuto e si era sposato con un’altra Zagaria, in realtà Zagaria di padre e di madre, cioè la figlia del celeberrimo Francuccio la benzina, deceduto da qualche anno e divenuto un caso nazionale, quando si scoprì che un direttore generale dell’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, gli aveva messo addirittura a disposizione un ufficio all’interno dell’ospedale in cui lui rappresentava, in tutto e per tutto, ovviamente dedicandosi precipuamente al settore degli appalti, il cognato Michele Zagaria.
Francuccio la benzina ha lasciato vedova Elvira Zagaria, sorella del boss. Per cui, Giuseppe Diana, sposando la figlia, è diventato il genero di Elvira Zagaria. Questo manca nella genesi dell’ordinanza, ma probabilmente per una distrazione dato che si tratta di un elemento fondamentale di questa storia.
Prima del 2010, Raffaele Diana, fratello di Giuseppe Diana o’ biondo, faceva il parrucchiere in Emilia Romagna. Poi, improvvisamente riscoprì una passione di famiglia, visto che suo padre è stato un valente muratore. Da quel momento è iniziata una scalata irresistibile.
E attenzione, Michele Zagaria, prima di essere arrestato, come raccontano dei collaboratori di giustizia che poi saranno citati anche in questa ordinanza, aveva raccomandato ai suoi esattori di fiducia, di stare lontani da Raffaele Diana e dalle sue imprese e di non passarci neppure a Natale, considerando dunque i due fratelli una sua diretta emanazione, come d’altronde era ben spiegabile, dal momento in cui Giuseppe Diana, cioè Peppe o’ biondo era entrato ufficialmente in famiglia, sposando la nipote diretta di Michele Zagaria.
Quanto abbia contato l’ingresso in famiglia dei Diana nella loro scalata imprenditoriale, iniziata con l’abbandono della nobile professione di parrucchiere, non lo possiamo ancora stabilire. Ma le relazioni parentali queste sono e queste rimangono. Ecco perché scrivevamo inutilmente (abbiamo letto la sua risposta veramente da “Oggi le comiche”) al sindaco di Casapesenna Marcello De Rosa che frequentare persone del genere, è legittimo nel momento in cui si è privati cittadini, mentre molta più prudenza rispetto a quella dimostrata dalle foto che abbiamo pubblicato (CLIKKA QUI PER LEGGERE) deve avere un rappresentante delle istituzioni, uno che quando indossa la fascia tricolore, è l’Italia, è la Repubblica.
Lo stralcio di ordinanza che pubblichiamo introduce nel discorso una serie di nomi che fino ad oggi non sono stati rilevati. Oltre a quello di Luigi Diana, indagato e per il quale è scattato il provvedimento di divieto di svolgimento dell’attività di impresa, ce ne sono anche altri che abbiamo elencato semplicemente nel giorno in cui è scattato il blitz, ma rispetto ai quali cominciano ad essere più definiti i contorni dei reati che i magistrati fiorentini contestano loro.
Antonio Esposito, che a Casapesenna è molto conosciuto e rinomato per le sue già sperimentate capacità di muoversi alla grande con la fatturazione creativa e con gli incroci tra imprese che nascono come funghi, non è l’unico elaboratore delle strategie finanziarie.
In questa storia ci sono anche altri commercialisti: Francesco Iovine e Franco Cocozza, entrambi casertani, che però in questa indagine (non sappiamo se lo stesso discorso vale per le altre indagini) non sono stati iscritti nel registro degli indagati. Ma il giudice scrive che l’inchiesta sui Diana è partita “seguendo le loro tracce, nell’attività di ricerca molto serrata di strutture commerciali ed immobiliari da rilevare nel territorio della Regione Toscana“. Insomma, dei procacciatori, degli apripista, probabilmente dei suggeritori fidati per attivare il meccanismo degli investimenti da parte degli indagati che per i giudici di Firenze non si chiamano investimenti bensì auto-riciclaggio del danaro sporco del clan dei casalesi.
Circa 5 anni fa, precisamente nel 2016, Luigi Diana era stato incaricato dagli appena menzionati Cocozza e Iovine, che evidentemente lo conoscevano bene e con lui erano in contatto, della realizzazione di una farmacia a Quarrata in provincia di Pistoia.
Veniamo ad altri due commercialisti: Raffaele Napoletano ed Amedeo Corvino, residenti a Casal di Principe ed entrambi con studio, evidentemente associato, in quel di San Marcellino. Napoletano è stato arrestato ai domiciliari, mentre per Amedeo Corvino è scattato l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Erano veramente in diretto contatto con Antonio Esposito perché si occupavano del lavoro tecnico, approntando, così scrive il gip, “la documentazione fiscale e bancaria a copertura degli illeciti, per conto sia del gruppo ESPOSITO/DIANA, sia per i
Laudante, sia per Di Mauro e i Conte.”
Il meccanismo delle fatture era complesso e necessitava di diversi attori con diversi ruoli. Enrico ed Amedeo Laudante di Casal di Principe, entrambi ai domiciliari, sono anello di congiunzione di Guglielmo Di Mauro, finito invece in carcere, il quale è il braccio operativo dei Diana e di Esposito e dunque, scrive sempre il ùGgip di Firenze “è coordinatore e promotore di una consorteria criminale dedita alle fatture false”.
Poi c’era il gruppo dei prelevatori, che si muovevano più agevolmente in quanto le Poste toscane avevano attribuito loro un massimo quotidiano di 600 euro: Michele Conte, di Villa di Briano, Antonio Conte, di Villa di Briano, Nicola Madonna, di Casal di Principe, Angela Conte, di Villa di Briano, Lello Picone di Villa di Briano.
In conclusione, un altro punto che noi riteniamo essenziale: il sistema messo insieme da Luigi Diana, dai cugini Giuseppe e Raffaele Diana e da Antonio Esposito veniva alimentato da un numero impressionante di subappalti. In poche parole, questi qua non hanno mai partecipato ad una gara bandita da un Comune fiorentino, da una Soprintendenza o da un ente museale. Siccome noi qualche rudimento normativo lo abbiamo e sappiamo che la legge consente che il 30% dell’importo complessivo dei lavori può essere subappaltato con una scelta discrezionale e non sindacabile da parte dell’impresa o del gruppo di imprese che l’appalto si sono aggiudicati, ci sovviene una domanda a cui forse questa ordinanza non risponde: ma questi soggetti imprenditoriali importanti, perché sceglievano come subappaltatrici le cooperative o le società semplificate di capitali, targate Diana e dunque a questo punto, secondo gli inquirenti, anche Michele Zagaria?
Due esempi rapidi: “Al Museo degli Innocenti di Firenze i lavori furono eseguiti dall’impresa Feliziani Italo srl“. Dunque, Feliziani Italo srl si è aggiudicata l’appalto. Successivamente è stata questa azienda, di cui poi dovremo andare a capire bene struttura e soprattutto genealogia, a subappaltare i lavori nella misura prevista dalla legge, alla Loreta Costruzioni, società cooperativa degli imprenditori stimatissimi da Michele Zagaria.
Secondo e ultimo esempio: con Toscana Energia, non una società semi-anonima, ma una roba che esiste da quasi due secoli e che è entrata a far parte del mondo complicato della Italgas, altro gigante della energia, reduce da una vicenda non certo edificante che nel 2014 portò al suo commissariamento a causa di infiltrazioni o relazioni mafiose, ha lavorato la Edilcostruzioni srl, cioè un’altra società con sede formale da quelle parti, ma con il cuore creativo ed operativo a Casapesenna.
QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA