Scagionati da ogni accusa i titolari delle coop Esculapio e Innotec. Ora Raffaele Giovine rischia un’accusa di calunnia
14 Febbraio 2024 - 19:50
Si chiude una vicenda che presenta ancora tanti lati oscuri e che per motivi non certo casuali, ha scritto un’altra pagina ingloriosa nei giorni scorsi, quando il Comune di Caserta ha perso il finanziamento milionario per il Sistema di accoglienza integrata dei rifugiati.
CASERTA. Il gip Orsi, il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di S. Maria Capua Vetere, ha archiviato definitivamente la posizione di Raffaele Basso e Damiano Minervini, il primo già presidente della cooperativa Esculapio ed il secondo presidente della cooperativa Innotec. Basso e Minervini, dunque, escono completamente scagionati da questa indagine, visto che è stato lo stesso pubblico ministero, che ne era titolare, a riconoscere che non esistesse alcun elemento per proseguire la stessa, fino ad arrivare ad un eventuale giudizio.
Questa vicenda scaturisce da un esposto presentato dal consigliere comunale di Caserta Raffaele Giovine, che ora rischia un’indagine a suo carico, per il reato non lieve di calunnia.
Il tutto nasce da una difficoltà, chiamiamola così, del Canapificio di Caserta, struttura su cui non abbiamo mai espresso un giudizio positivo, non certo per motivi ideologici, ma per la sua frenetica ed anomala attività economica, che poco c’azzecca con la normale mission di un centro sociale. Canapificio, tra le altre cose, oggetto di un chiacchieratissimo finanziamento da parte del magnate americano George Soros (CLIKKA E LEGGI). Giovine aveva accusato Basso e Minervini di avere perpetrato, in occasione dell’esecuzione della prima gara d’appalto, vinta da un’Ati formata proprio da Esculapio e Innotec, una frode in atto pubblico, nel momento in cui avrebbero, sempre secondo la ricostruzione, risultata poi del tutto errata, del citato Giovine, incassato importi relativi al finanziamento per le attività di assistenza, nell’ambito, come si diceva, di uno dei progetti del Programma Sai (Sistema di accoglienza integrata); in pratica stiamo parlando della protezione dei rifugiati, cioè di quella particolare tipologia di immigrati costretti a questa condizione per motivi di forza maggiore, in quanto in fuga dalle guerre o dalle sopraffazioni di terribili dittature. In realtà, dalle indagini, è risultato che l’Ati formata da Esculapio e Innotec ha anticipato soldi propri, senza attendere più di tanto e confidando nell’arrivo dei finanziamenti, rallentati dagli atavici problemi della burocrazia e anche dalla denuncia di Giovine.
La struttura dell’accusa formulata dal consigliere comunale che, al tempo, fu corroborata anche da un video pubblicato dal sito Fanpage, si fondò sulle dichiarazioni di un rifugiato che poi è risultato essere un dipendente del Canapificio.
Strana questa storia, di cui ci siamo occupati anche nei giorni scorsi, quando abbiamo dato la notizia della perdita del finanziamento (oltre 7 milioni di euro) da parte del Comune di Caserta, a causa di alcune evidenze emerse nel corso delle ispezioni compiute dai funzionari del ministero dell’Interno, i quali avrebbero ravvisato l’inidoneità di alcuni appartamenti adoperati dall’Ati aggiudicataria della prima gara, bandita dall’Ambito intercomunale dei servizi sociali C01. Strana, perché questa Ati tra Esculapio e Innotec, che vanta una significativa e capillare presenza in tanti comuni e nell’erogazione di tanti servizi alla persona, è approdata dopo essersi schiantata contro un vero e proprio muro di gomma eretto da almeno due (Casagiove e San Nicola la Strada) dei 4 Comuni dell’ambito C01. Primo fra tutti quello di Casagiove, dove il sindaco Giuseppe Vozza che, sulla carta, in base alla sua storica appartenenza politica nell’area rossoverde, dovrebbe essere un paladino del soccorso senza sé e senza ma agli ultimi, ai diseredati, affermò, con modi spicciativi, che nessuna struttura Sai sarebbe stata aperta nel perimetro del proprio Comune. Ciò avveniva mentre asseriva pressoché contemporaneamente, che Casagiove fosse stata tagliata fuori dalle dinamiche di quella gara che però, ribadiamo, non era stata bandita dal Comune di Caserta in quanto tale, ma dall’ambito C01 di cui Caserta è solo comune capofila e dentro al quale Casagiove avrebbe avuto tutto lo spazio giuridico per sovraintendere e controllare ogni procedura dell’aggiudicazione.
Noi che conosciamo Peppe Vozza da più di 20 anni e noi che, come del tutto evidente dalla storia di questo giornale, non ce ne frega nulla del senso comune e del “pensiero conforme”, della vulgata del brav’uomo, dell’onestissimo, ecc. nutriamo un pensiero un po’ più articolato su quello che è stato, diversi anni fa ed è anche oggi il sindaco di Casagiove. Sappiamo, ad esempio, che sua figlia opera all’interno dell’organizzazione dell’ex Canapificio ed è sposata a Gianpaolo Mosca, esponente storico della sinistra maddalonese di quello che una volta si chiamava partito della Rifondazione Comunista. Mosca ha avuto a che fare con il Canapificio ed il Canapificio, in prima linea durante la campagna elettorale di Giovine, a partire dai voti raccolti da Virginia Anna Crovella, ha partecipato a quella gara vinta dall’Ati , soccombendo. Ora, noi possiamo anche dire che in teoria l’Ambito abbia potuto avere un occhio di riguardo per questa cooperativa. Ma non lo si potrà mai sapere, non lo si potrà mai stabilire. Sapete perché? Perché quegli indefessi lavoratori dell’ex Canapificio si erano fatti scadere la firma digitale. Sì, avete letto bene. Sono stati esclusi per questo motivo. Per un motivo tecnico, non economico. Ogni ricorso da loro presentato, ben 7, è stato rigettato dagli organismi della giurisdizione amministrativa, ossia Tar e Consiglio di Stato.
Noi abbiamo mollato da un po’ di tempo il fronte Canapificio, ora ci accorgiamo che il centro sociale più imprenditoriale esistente al mondo, sta ancora in mezzo a certe cose che non competerebbero, ripetiamo, la ragion d’essere di un’associazione che è di volontariato per definizione e, dunque, come tale, dovrebbe combattere il business che è sempre anticamera della formazione di un capitale speculativo, di quel danaro sterco del demonio.