Sei mesi fa l’inchino del Santo, oggi il caseificio dei Carlino becca l’interdittiva antimafia

13 Dicembre 2022 - 12:52

Secondo la Prefettura di Caserta, la sentenza di primo grado che ha condannato l’imprenditore Salvatore Carlino a quattro anni e quattro mesi per aver gestito una bisca del clan dei casalesi, rende necessaria l’emissione del provvedimento che vieta al caseificio di avere rapporti con enti pubblici

GRAZZANISE – Nel gennaio scorso Salvatore Carlino, imprenditore caseario di Grazzanise, è stato condannato a quattro anni e quattro mesi poiché gestore di bische clandestine i cui proventi finivano nelle casse del boss Michele Zagaria (CLICCA QUI PER L’ARTICOLO).

Il processo in rito abbreviato ha visto la condanna di Francesco Zagaria Ciccio E’ Brezza, ormai noto collaboratore di giustizia, e anche di Paolo Gravante, l’altro soggetto che aveva in mano il casinò del clan.

A pochi mesi dalla sentenza, la Prefettura di Caserta nelle scorse ore ha emesso un provvedimento di interdittiva antimafia per il caseificio Carlino,

formalmente amministrato da Gabriella Carlino, ma legato agli sforzi imprenditoriali del papà, il citato Salvatore Carlino.

Ricordiamo che, attraverso il provvedimento di cancellazione dalla white list di un’impresa provoca che questa non potrà rifornire le amministrazioni e quindi ricevere scommesse pagate da soldi dello Stato.

Già lo scorso maggio vi avevamo raccontato qualcosa riguardo alla famiglia Carlino, precisamente il momento in cui, durante la processione di San Secondino, il santo patrono di Pastorano, la statua è stata fermata proprio dinanzi l’ingresso del caseificio dei Carlino, attraverso la storica mossa dell’inchino (GUARDA LE FOTO).

Un episodio che è andato a rimpolpare le fila degli avvenimenti che collegano la storia dei cosiddetti inchini, cioè le soste delle icone dei Santi, dinanzi alle case e alle attività di persone legate ad ambienti criminali.