LE FOTO. RELIGIONE E CAMORRA. Il parroco “fa l’inchino” durante la processione di San Secondino davanti al caseificio dei Carlino, amici di Michele Zagaria. Polemiche web

28 Maggio 2022 - 19:14

Salvatore Carlino è reduce da una condanna a 4 anni e 4 mesi per avere gestito una bisca clandestina in nome e per conto del boss del clan dei Casalesi, mentre la moglie…. UNA NOSTRA CONSIDERAZIONE

 

 

PASTORANO (g.g.) Scherza con i fanti e lascia stare i santi. Noi osserviamo l’antico monito e, dunque, non ci metteremo a declinare accostamenti e suggestioni lessicali sull’abbinabilita’ del nome del buon San Secondino, la cui statua ha sfilato ieri pomeriggio per le strade di Pastorano, e il contesto materiale, ma proprio, tanto tanto materiale e proprio poco poco spirituale, creato dal parroco e divenuto teatro di una rappresentazione fondamentalmente pagana. Chiariamo subito un punto: in aree depresse come le nostre, dove l’incultura è decisamente interclassista, attraversando longitudinalmente tutte le classi e rendendo, di conseguenza, solo presunte e sedicenti le elites, non saremo certo noi a partecipare alla sagra dello stereotipo, al suk dei luoghi comuni, che riempiono gli arsenali dell’anticamorrismo e del gomorrismo ignorante, parassita, paraculo e in servizio permanente effettivo.
La storia dei cosiddetti “inchini”, cioè delle soste delle icone dei santi, al cospetto delle case di camorristi e malavitosi che salutano dall’alto quasi a rovesciare l’onere del
sussiego, con i santi che vanno da loro e non il contrario. Più inchini per tutti e la cosa molto spesso diventa un pretesto per regolare i conti dello strapaese con quel sindaco, con quel politico locale o con quel curato che magari la sa lunga e, parafrasando Renato Zero, ci sa fare molto di più con i fanti che con i santi.
Ciò, però, non vuol dire che non siano attenti ai fatti, alle vicende e alla necessità di raccontarli con lo strumento nitido, trasparente della cronaca.
Così abbiamo fatto anche ieri con la processione di San Secondino.
Come si coglie da un video postato un facebook, il parroco ha deciso di fermare la statua davanti al caseificio Carlino, formalmente amministrato da Gabriella

Carlino, valente studentessa di Giurisprudenza, non presente al momento del passaggio del santo, ma legato agli sforzi professionali e imprenditoriali di Salvatore Carlino, coadiuvato da sua moglie, che ebbe un momento di celebrità al tempo dell’arresto di Michele Zagaria, quando fu intercettata mentre si compiaceva della capacità e dell’abilità di Francesco Zagaria, detto Ciccio e Brezza, evidentemente un suo conoscente, nonché controversissimo pentito, reduce da una dura condanna a quasi 17 anni nell’ambito del processo che ha portato alla piena, totale assoluzione dell’ex sindaco di Capua Carmine Antropoli dall’accusa di aver concorso esternamente alle sorti del clan dei Casalesi, nel nascondere in luogo sicuro il tesoro dell’appena arrestato Michele “capa storta”. Nessuno ha fissato, ma qualcuno, davanti alla sosta del santo davanti a Salvatore Carlino , che avrà avuto modo forse di intavolare un breve dialogo intimo con il buon San Secondino, affidandogli le sue pene derivate dalla condanna a 4 anni e 4 mesi in quanto gestore di una delle bische clandestine proprio di Michele Zagaria.
Nessun giudizio morale, per carità e niente speculazioni sociologiche che pure avrebbe senso, invece, fare la retorica dell’inchino, come tutta la retorica di chi combatte la camorra col Bignamino in mano e militando ogni giorno contro il malaffare imperante in questa terra, come Casertace fa da anni. Però, una cosa ci sentiamo di dirla al curato di Pastorano. Un sacerdote non giudica, ma ascolta,, un sacerdote non condanna, ma perdona. E su questo non ci sono discussioni che tengano sia in termini dottrinali che in termini di vocazione missionaria, semplice e lineare al punto da guidare l’istinto verso il prossimo, soprattutto quando questi indossa gli abiti di Caino. Ma i processi dell’ascolto o, quando ne ricorrano le condizioni, del perdono, si nutrono di pace, di silenzio, di riservatezza, di intimità, di un necessario allontanamento dai fragori e dai clamori del mondo. Cioè l’esatta antitesi della scena di una processione che si ferma dappertutto, rendendo vulnerabile ciò che la Chiesa cattolica ha difeso per secoli e secoli con le unghie e con i denti da scismi e da dolorose separazioni di cristiani da altri cristiani: l’essenza spirituale di quelle statue, di quelle icone, le cui immagini, pur comprensibilmente care alle genti della genuina religiosità popolare, non possono scadere al rango di idoli della legittimazione secolare. Un problema che angustia da tempo la Chiesa di Roma e che, nel momento in cui coinvolge un personaggio controverso, un sospetto partner della camorra, uno molto conosciuto e non certo per effettive e riservate opere di bene, amplifica esponenzialmente i suoi effetti nefasti. Questo il curato di Pastorano avrebbe dovuto capire; questo il curato di Pastorano non ha capito oggi, infliggendo un gran danno al povero San Secondino.