TUTTI I NOMI. La camorra entra nel mercato nero dei medicinali, business da oltre MEZZO MILIONE. Ecco chi si è “salvato”

5 Ottobre 2025 - 16:00

CASAL DI PRINCIPE – La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Sergio Beltrani, si è pronunciata sui ricorsi presentati da nove imputati coinvolti, nell’ambito di un’inchiesta condotta dai militari del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Aversa, nell’ambito di un’articolata indagine coordinata dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia su un traffico illecito di farmaci salvavita, avverso la pronuncia della Corte di Appello di Napoli

Il mercato nero dei medicinali, in particolare farmaci di fascia “A” (a carico del Servizio Sanitario Nazionale), veniva gestito da un gruppo criminale definito dagli inquirenti “nuova gerarchia del clan dei Casalesi”, e aveva come finalità il commercio parallelo all’estero – in particolare verso Regno Unito e Albania – per un profitto illecito quantificato in oltre 600.000 euro.

Gli imputati, tutti appartenenti al gruppo criminale denominato “nuova gerarchia del clan dei casalesi” riconducibile alla fazione Bidognetti, sono stati ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, ricettazione, furto, truffa, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e da privato, continuati ed in concorso. La Cassazione ha confermato le condanne già inflitte dalla Corte d’Appello di Napoli e, in precedenza, dal GUP del Tribunale partenopeo in sede di rito abbreviato infliggendo a Massimo Perrone (considerato il capo, condannato nel 2019 a 18 anni di carcere) una pena di 8 anni di reclusione; 4 anni e 8 mesi a Daniela Cotugno;  4 anni e 6000 euro di multa ciascuno per Emanuele Gatto e Vittorio Giarnieri; 3 anni e 1000 euro di multa a Salvatore Calvanico; 3 anni e 6 mesi a Gianluigi Natale; 3 anni e 4000 euro di multa a Vincenzo Di Donato; 2 anni e 4000 euro di multa ad Antimo Di Donato e 2 anni di reclusione a Raffaele Palumbo.

Secondo gli atti, la rete operava mediante false ricette, intestazioni fittizie di carte PostePay, raccolta e le spedizioni dei medicinali avvenivano attraverso un “box office” gestito da Gianluigi Natale a Parete. Ogni membro aveva compiti precisi, dalla logistica al trasporto, dallo stoccaggio alla gestione dei proventi.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi per sei imputati – tra cui Massimo Perrone, Emanuele Gatto, Raffale Palumbo, Vittorio Giarnieri, Vincenzo Di Donato e Salvatore Calvanico – confermando integralmente le pene. Ha invece annullato la sentenza per: Daniela Cotugno limitatamente alla circostanza aggravante dell’ agevolazione mafiosa e nei confronti di Gianluigi Natale, ugualmente limitatamente alla circostanza aggravante dell’ agevolazione mafiosa con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per un nuovo giudizio.

Riduzione della pena, legata alla collaborazione, per Antimo Di Donato.