CLAN DEI CASALESI. Massimo Alfiero resta al 41 bis. La Cassazione non crede alla dissociazione e la sua famiglia…
26 Novembre 2018 - 12:36
CASAL DI PRINCIPE – Massimo Alfiero è stato uno dei componenti di punta del gruppo stragista di Giuseppe Setola, nel periodo in cui questi insanguinò l’agro aversano e Castel Volturno riassumendo le redini di capo del gruppo Bidognetti del clan dei casalesi.
Alfiero ha vissuto momenti in cui sembrava ormai avviato stabilmente e anche formalmente verso la collaborazione, poi le cose sono cambiate non essendo stato considerato evidentemente dotato di un’attitudine reale a intraprendere questo percorso.
Da qui, la decisione di tenerlo al carcere duro, in regime di 41 bis. Lui, parimenti ad altri camorristi che, come abiamo scritto ultimamente, si sono rivolti al tribunale di sorveglianza per chiedere la revoca del regime carcerario duro, ha incassato un diniego, rispetto al quale ha presentato ricorso alla corte di Cassazione.
Questa ha respinto a sua volta l’istanza. Per cui Massimo Alfiero resta al carcere duro, cioè al regime del 41 bis. Ciò perchè, così si legge nelle motivazioni degli ermellini romani, la sua famiglia è ancora legata al clan e perchè il suo percorso di dissociazione non è mai realmente iniziato.
Per la cronaca, come abbiamo già scritto diverse volte in queste settimane, quando ci siamo occupati di analoghi ricorsi, va sottolineato che la normativa, che regola gli stessi, è cambiata. Fino a qualche tempo fa, il detenuto poteva scrivere direttamente, di suo pugno alla corte di Cassazione. Ora, invece, lo può fare, solo attraverso un avvocato.