Clan dei Casalesi e comunità di recupero per minorenni detenuti. 20 cooperative casertane indagate

15 Marzo 2019 - 21:05

CASAL DI PRINCIPE/SANTA MARIA CAPUA  (ti.pa.) – Si cercano le coperture istituzionali che hanno permesso il triplicarsi delle comunità per minori gestite dai Casalesi.  Da ieri mattina, ci sono altre novità in questa mega inchiesta della Dda di Napoli partita un mese fa e che si sta allargando a macchia d’olio.  Gli uomini della Squadra Mobile, nel Centro di giustizia minorile dei Colli Aminei, hanno acquisito documenti di una quarantina di società cooperative, molte collegate tra loro, che ospitano minori dell’area penale, cioè sottoposti ai domiciliari o ad altre misure cautelari.  Sembra che delle quaranta società, venti siano casertane. Si è partiti da quelle delle sorelle Del Vecchio di Casal di Principe (la Edv di Casagione, che gestisce i servizi amministrativi dell’intero gruppo e seleziona il personale, Serapide, Sant’Elena, Mirò, Giardino d’Infanzia, L’Incontro, Turan, Alice) che si appoggiano, per i progetti di recupero dei ragazzi dell’area penale, all’ex carcere minorile Angiulli, di Santa Maria Capua Vetere, che continua a funzionare senza però offrire servizi residenziali. Alla fine, quindi, lo Stato paga due volte la riabilitazione e il recupero, servizio garantito però solo dall’Angiulli. Ma la retta versata con i soldi pubblici alle coop comprende, invece, il pacchetto completo. Ulteriori verifiche riguardao i dipendenti della struttura, soprattutto quelli con ruoli apicali, che pure avrebbero parentele strette con esponenti del clan e i rapporti con le assistenti sociali del Centro per la giustizia minorile, che assegnano i ragazzi all’una o all’altra comunità, con criteri arbitrari e non immuni da sospetti.