Incendiò l’automobile del suo debitore per ottenere la restituzione di 5000 euro. Arriva la sentenza della Corte di Cassazione

21 Aprile 2019 - 12:00

Caserta – E’ stato condannato anche in un’ultima istanza, dinanzi alla Corte di Cassazione, Gennaro D.A.

L’uomo aveva cercato di far valere un suo titolo di credito di circa 5000 euro minacciando e addirittura incendiando l’auto del suo debitore, un imprenditore.

Il legale del signor D.A. aveva tentato di far derubricare l’imputazione da tentata estorsione ad esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ma la Cassazione non ha accolto la sua richiesta, respingendo il ricorso.

Il dispositivo della sentenza, testualmente recita:

“All’esito delle indagini – scrivono nelle motivazioni – è emerso che la vittima era in effetti debitore per la somma di 5.100,00 euro, oggetto della richiesta con modalità violente e minacciose. Tale somma era il corrispettivo di una prestazione fornita dal ricorrente all’azienda della persona offesa e, sotto tale profilo, la pretesa dell’imputato è da ritenersi legittima. In relazione alla somma, e fino ad una maggiore concorrenza, però, la vittima, in qualità di terzo pignorato, così come il debitore, avevano ricevuto la notifica di pignoramento presso terzi a favore di un altro creditore dell’imputato. A seguito di tale notifica la somma di 5.100,00 euro non poteva più essere direttamente versata all’imputato. La circostanza che la vittima avesse ricevuto la notifica di un pignoramento presso terzi proprio da un creditore dello stesso imputato, infatti, rendeva per lo stesso indisponibile ogni credito da questo vantato nei sui confronti. In tale contesto, pertanto, il credito del ricorrente, pure legittimo, non era esigibile ed l’imputato non avrebbe potuto rivolgersi al giudice civile per ottenerne il pagamento, di talché il ricorso alla violenza o minaccia, in difetto dei presupposti richiesti dalla norma, non configura la fattispecie dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni ma il reato di estorsione”.

La condanna di un anno ed otto mesi è stata dunque confermata per l’imputato casertano.