LA FOTO. L’incredibile arsenale del CLAN DEI CASALESI sequestrato ai nuovi boss di CASAL DI PRINCIPE

24 Ottobre 2019 - 14:58

CASAL DI PRINCIPE – Per quanto ricordiamo noi di CasertaCe, questo è il più importante sequestro di armi della camorra, effettuato in provincia di Caserta negli ultimi anni. L’ordinanza dei cosiddetti rampolli dei boss ha portato all’arresto, tra gli altri, di Pino Cantone, figlio di Raffaele Cantone o’ malapelle, ancora una volta di Oreste Diana, dopo il provvedimento di qualche mese fa sulla centrale della droga di Vitulazio, figlio di Giuseppe Diana, finiti in carcere insieme ad altri nomi “eccellenti” a partire da quello di Giacomo Capoluongo, uno degli imprenditori più organici ai vari gruppi con cui ha direttamente o indirettamente collaborato passando dall’area di Michele Zagaria a quella centrale, principale, fondamentale della famiglia Schiavone, proseguendo con quello di Salvatore Fioravante di San Marcellino, una sorta di alter ego, non sempre però in piena armonia, di quell’Enrico Verso, cognato del pentito Raffaele Bidognetti detto ‘o puff, figlio di Frarncesco Bidognetti

detto Cicciotto e’ mezzanotte.

Un’ordinanza importante anche perchè pur non coronata da un provvedimento di custodia cautelare in carcere o ai domiciliari, coinvolge, nella veste di indagato, anche Ivanhoe Schiavone, ultimogenito del boss dei boss Francesco Schiavone Sandokan e unico, insieme ad un altro congiunto, ad aver rifiutato il programma di protezione susseguente al pentimento del fratello Nicola Schiavone, accettato invece dalla madre Giuseppina Nappa, dalle due sorelle e da Walter.

Ivanhoe Schiavone abita a via Bologna, ci dicono da solo, e questo rappresenta anche un modo per dimostrare che il centro del potere criminale, cioè la dimora di Sandokan dove questi fu catturato nel luglio del 1998, non è ancora stata chiusa e non è stata ancora dismessa.

La serietà di questa ordinanza, la sua importanza che poi andremo a spiegare nel dettaglio, orientando i nostri ragionamenti in base alla lettura della stessa, è però impressa in questa fotografia, cioè nel vero e proprio arsenale di guerra, sequestrato dai carabinieri del Reparto Investigativo del comando provinciale di Caserta.

L’elenco completo della armi e delle munizioni sequestrate lo potete leggere in calce a questo articolo. Vi diciamo solo qualcosa giusto per dare senso a ciò che abbiamo affermato nelle righe precedenti: 5 kalashnikov, 3 pistole semi automatiche naturalmente con matricola trapanate. Armi tutte perfettamente manutenute, oleate e funzionanti. Ribadendovi l’invito a leggere lo stralcio integrale per consultare anche il lungo rosario di munizioni variamente connotate e variamente confezionate, vi segnaliamo anche che tutte quante queste armi diventano l’elemento fondante dell’ipotesi di reato regolata dal capo 2 dell’ordinanza, riguardante Giovanni Manna, Antonio Manna e Salvatore Orabona.

Solo 3 persone di cui una, cioè Salvatore Orabona, divenuta collaboratore di giustizia nell’anno 2017 e assurto al rango di pentito credibilissimo per la qualità, per i nessi logici, per la dovizia di particolari che esaltano i contenuti delle sue dichiarazioni, come CasertaCe ha già evidenziato in altri articoli relativi ad ordinanze, partendo da quella già citata su Enrico Verso e Fioravante, per le quali Salvatore Orabona ha fornito un contributo determinante.

Il capo 1, invece, è quello fondamentale cioè quello basato sulla convinzione, fondata su una serie di elementi concreti che il clan dei casalesi, magari collegato ad altri clan di Napoli nord, è vivo e anche piuttosto vegeto. 416bis, associazione a delinquere di stampo camorristico a carico dell’appena citato Salvatore Orabona il quale, dunque prima di accusare gli altri, ha confessato, com’è serio che sia per un pentito, se stesso. Indagati anche Nicola Abate, di Trentola Ducenta, Gerardo Antonelli di San Marcellino, Aldo Bianco di Vairano Patenora, Giuseppe Bove di Trentola Ducenta, Giuseppe Cantone di Trentola Ducenta, Giacomo Capoluongo di San Cipriano d’Aversa, Giuseppe Diana di Casal di Principe, Oreste Diana di Trentola Ducenta, Pasquale Fabozzi di San Marcellino, Salvatore Fioravante di San Marcellino, Gennaro Pennacchio di Lusciano, Raffaele Santoro di Trentola.

E per il momento ci fermiamo qui perchè è già sufficiente. Successivamente entreremo dentro alle dinamiche anche relazionali, attraverso cui i nuovi ras o gli aspiranti boss esprimevano la loro attitudine criminale finalizzata a ricostituire un sistema di terrore, propedeutico a un nuovo assoggettamento delle attività economiche del territorio.

 

QUI SOTTO IL TESTO INTEGRALE DELL’ORDINANZA