CAMORRA E APPALTI. Su Sergio Orsi & co indagine ed ordinanza “ambiziose”: ecco il set cinematografico messo in piedi dall’imprenditore di CASALE per truccare la gara al Cira

27 Aprile 2022 - 12:32

Dopo aver esaurito ieri tutti gli articoli strettamente cronistici, cominciamo oggi a guardare, a commentare, a valutare i contenuti dell’ordinanza per effetto della qualesono tornati in carcere l’ex reuccio dei rifiuti, l’altro presunto camorrista Fabio Oreste Luongo e che ha ridotto ai domiciliari due dirigenti dell’ufficio tecnico del centro di ricerche aerospaziali di Capua

 

CASAL DI PRINCIPE/CAPUA – (g.g.) Da quando riteniamo di aver acquisito una certa esperienza nella comprensione, anche strettamente giuridica, delle ordinanze che il tribunale di Napoli ha firmato, negli ultimi 15 anni, a decine e decine su richiesta della direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica del capoluogo partenopeo, non temiamo il pericolo che ci può derivare dall’azzardo di leggere e commentare queste ordinanze, dalla pagina numero 1 fino all’ultima, senza averla letta preventivamente per intero o in larga parte.

Ognuno si diverte a modo suo e noi siamo fatti così: riteniamo, infatti, che la nostra autostima abbia fondamenta solide nello studio e nel numero impressionante di ore passate a leggere, a capire, a collegare gli atti giudiziari ai vari codici, alle leggi e ai repertori della giurisprudenza.

Per cui, come si suol dire, noi ci riteniamo in grado di affermare che un’ordinanza su fatti, direttamente o indirettamente ascrivibili alla camorra, “la guardiamo in faccia” sin dalla sua prima riga, considerando significativa, nel pacchetto deduttivo, anche l’immediata individuazione di chi l’indagine l’ha realizzata e di chi è chiamato a darne un primo riscontro, nel caso specifico, da un lato, i pubblici ministeri della Dda Maurizio Giordano e Graziella Arlomede, che hanno coordinato il lavoro dei carabinieri del reparto investigativo del gruppo di Aversa, militari esperti, affidabili e soprattutto grandi lavoratori, intellettualmente onestissimi, come CasertaCe può ben dire, visto e considerato che nel 2008 questo giornale stava qua, come nel 2009, nel 2012, e poi ai tempi dell’indagine sulla tangentopoli maddalonese, ai tempi della tangentopoli di San Felice a Cancello, ai tempi più recenti, di quella riguardante il comune di Lusciano, dall’altro lato, il gip Isabella Iaselli, un’assoluta garanzia per quanto riguarda questo tipo di materia, per il numero di ordinanze, per le decine e decine di migliaia di pagine scritte, negli ultimi 15 anni, su fatti relativi alla camorra casertana.

Insomma, a nostro avviso, la squadra è eccellente. Detto questo, anzi in base a questo, vi diciamo subito che già dal capo 1, quasi sempre quello che in ogni ordinanza rappresenta la base costitutiva di tutto il lavoro inquirente, che ci troviamo di fronte ad una indagine e di conseguenza ad un provvedimento molto ambiziosi.

Nel senso che la partita che si andrà a giocare di qui a poco davanti ai magistrati del tribunale del Riesame, se non sarà agevole per gli indagati e per i loro avvocati, costituirà un esercizio faticoso anche per i pubblici ministeri che in quella sede, si giocheranno già molto.

Diciamo questo perchè l’articolazione del capo 1 è piuttosto complessa. A Sergio Orsi e al figlio Adolfo viene contestato, in concorso con altre persone la cui identità andremo poi a declinare, di aver costruito l’impalcatura di una gara d’appalto truccata con sistemi che facevano leva su tante esperienze del passato e dunque sulla necessità derivata dalla impossibilità di reiterare il copione di un metodo, ormai scoperto e smascherato decine di volte, con il quale un’azienda direttamente o indirettamente riconducibile all’imprenditore che quella gara se l’era aggiudicata con una mazzetta, con una tangente e non ad epilogo di una procedura regolare, giocare la partita corruttiva, applicando la solita trama, magari utilizzando un’impresa popolata di prestanomi.

Non bastava, perchè si tratta ormai, di un gioco ampiamente scoperto. Per cui, secondo l’accusa formulata dai pm e avallata evidentemente dal gip, Sergio Orsi e il figlio avrebbero montato una sorta di set cinematografico costruendo uno schema attraverso il quale loro comparivano direttamente o indirettamente, nelle imprese che alla gara partecipavano ma che non avrebbero dovuto vincere, provando nel contempo a depistare gli inquirenti non rendendo certo disagevole la riconducibilità di quelle ragioni sociali ai loro nomi. Tutto ciò allo scopo di spianare la strada, in questa sorta di bluff attuato ad tavolo del poker, ad un’altra impresa, il cui titolare non era riconducibile alla vita e alle relazioni degli Orsi.

Le aziende coinvolte sono state le seguenti: la Cogefid srl rappresentata dall’imprenditore di Somma Vesuviana Fiore Di Palma, la Italiana Multiservizi srl riconducibile alla famiglia Orsi e infine anche di CoBi. srl di Oreste Fabio Luongo, il quale poi non è certo un’anima candida ma uno che qualche precedente importante ce l’ha sul groppone, eccome se ce l’ha.

La gara per la messa in sicurezza e il riutilizzo dello spazio di deposito del cantiere Lisa, bandita dal centro italiano ricerche aerospaziali o Cira di Capua, che dir si voglia, l’avrebbe dovuta vincere uno di Somma Vesuviana con l’impresa di Orsi e quella di Oreste Luongo a fare la parte dei depistatori. Avete visto? Le aziende di Casal di Principe hanno perso e ha vinto una che non è di Casal di Principe.

Conoscendo un poco Sergio Orsi, ci torna che concepisca queste idee, ritenendo, da uomo furbo, anche intelligente, qual è, che lui però sia l’unico al mondo ad essere furbo ed intelligente. Chiaramente, questo meccanismo che poi culminava nella relazione, creatasi sotto traccia, tra gli Orsi e l’imprenditore Fiore Di Palma di Somma Vesuviana, convinto a svolgere solo il ruolo di controfigura, garantendo l’intero incasso all’imprenditore di Casal di Principe, è già sotto la lente di ingrandimento degli avvocati difensori, che puntano proprio sulla sua complessità e sulla necessità di avere in mano elementi probantie in prospettiva probatori, sul fatto che gli Orsi e questo Di Palma abbiano parlato direttamente, accordandosi, in maniera esplicita, sull’operazione.

E qui sta il bello del calcolato azzardo che ci porta a non leggere l’intera ordinanza ma di occuparci della stessa, pagina per pagina, dalla prima all’ultima, senza mai conoscere, mentre illustriamo la prima, il contenuto della seconda. Avendo solo il capo 1 e null’altro, riteniamo che la prima partita, quella del Riesame, si giocherà su questi elementi di riscontro. Siamo pronti a scommettere, conoscendo la consistenza e la cifra professionale degli inquirenti, che salteranno fuori nel corso della lettura delle pagine che seguiranno.

I due pubblici dirigenti del Cira terminali della corruzione sono Carlo Russo, rup della gara, e Vincenzo Filomena, quest’ultimo progettista dell’ufficio tecnico del Cira e quindi anche dei lavori oggetto dell’appalto in questione. Secondo l’accusa, Orsi avrebbe, in pratica, seppur indirettamente, dettato l’elenco dei partecipanti alla gara, dunque dell’impresa che doveva vincere e delle imprese che, per finta, dovevano perdere. Il ruolo di intermediario tra presunti corruttori e presunti corrotti sarebbe stato svolto da Antonio Fago di Pozzuoli, anche lui finito agli arresti domiciliari.

Ricapitoliamo: indagati nel capo 1 sono Sergio e Adolfo Orsi, i dirigenti del Cira Carlo Russo e Vincenzo Filomena, il mediatore Antonio Fago, Fiore Di Palma, titolare della Cogefid, formale vincitrice di una gara, al contrario sostanzialmente aggiudicata agli Orsi, Oreste Fabio Luongo, titolare di una delle altre partecipanti alla finta gara, e che insieme a Francesco Ciervo, al quale però il gip non ha applicato alcuna misura cautelare, nonostante la richiesta di obbligo di dimora al di fuori della Campania, avanzata dai pubblici ministeri, avrebbe indicato materialmente a Russo e a Filomena i nomi delle imprese da invitare.

Tutto ciò è condito dall’aggravante camorristica che, come si può leggere dallo stralcio dell’ordinanza che pubblichiamo in calce e che comprnde l’intero capo 1, punta molto sulla biografia, sulla storia dei personaggi coinvolti, sui precedenti giudiziari di Sergio Orsi e di Fabio Oreste Luongo, più che su elementi di contatto, di relazione ricostruita e attiva, rinnovati con il clan dei casalesi.

Anche su questo, siamo di fronte ad una impostazione ambiziosa che impegnerà significativamente i pm al cospetto dei giudici del tribunale della libertà di Napoli e degli avvocati degli indagati.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA