Che duello su Facebook tra Giuseppina Nappa, la moglie di Sandokan, e la giornalista Marilena Natale. Ecco perché la prima ha torto e la seconda ha ragione

2 Febbraio 2019 - 17:19

CASAL DI PRINCIPE (ginaluigi guarino) – Giuseppina Nappa, moglie di Francesco Schiavone “Sandokan“, non ha saputo resistere al richiamo della socializzazione del suo pensiero. Di per sé, già questa sembrerebbe una novità anche un po’ escatologica, perché demolisce il principio, connaturato con l’Homo Mafiosus, dell’omertà e del silenzio che diventano strumento di promozione dei crimini.

A pensarci bene, però, Giuseppina Nappa è stata sempre una lady camorra sui generis.

Di lei, che ha subito anche arresti e condanne, si dice che abbia, diciamo così, su un piano dialettico, contribuito a talune decisioni prese dal marito o da altri esponenti del clan dei Casalesi, riguardanti la vita o la morte di persone entrate a vario titolo nel meccanismo della malavita organizzata.

Ma se da un lato Giuseppina Nappa, che tutto è, fuorché una stupida, non si è mai estraniata dalle dinamiche criminali, magari non partecipando direttamente alla strutturazione dei piani di morte ma dicendo comunque la sua, è anche vero che non ha saputo resistere, molto spesso, alla tentazione di partecipare al dibattito pubblico com’è senz’altro quello che si concretizza in un articolo di giornale.

Solamente il sottoscritto, al tempo in cui dirigeva il Corriere di Caserta, le ha risposto tre o quattro volte al telefono della redazione, dove

la signora Nappa in Schiavone chiamava per contestare questo o quell’altro articolo. E lo stesso, a quanto ci risulta, ha fatto anche con altri giornali.

Insomma, una biunivocità che ha creato sempre una difficoltà nel classificare la signora con precisione nei tempi in cui il clan dei Casalesi era vivo e vegeto e lei insegnava tranquillamente in una scuola di Vairano.

Va da sé, dunque, che l’irriducibile dura modalità con cui la collega Marilena Natale racconta le vicende della criminalità organizzata, che ha combattuto, mettendoci dentro passione e una partecipazione emotiva uniche nel suo genere, ha incrociato, confliggendo con essa, questa particolarità caratteriale della Nappa.

E la storia continua perché la moglie di Sandokan ha deciso di stare su Facebook. Magari, per passare il tempo nelle giornate un po’ noiose trascorse in località protetta, dov’è andata all’indomani del pentimento del figlio Nicola Schiavone.

Una premessa: se a noi stessi non facciamo mai sconto dell’obbligo culturale e morale di mettere in discussione e, in qualche circostanza, di dar torto alle nostre ragioni, impegnandoci duramente in un lavoro di documentazione e di dimostrazione argomentativa rigorosa, non sarà, perché per un vero liberale non potrebbe mai essere, che ora diamo torto a Giuseppina Nappa additandola come soggetto privo della libertà di espressione, in quanto si chiama Giuseppina Nappa e ha sposato il Capo dei capi del clan dei Casalesi.

Certi diritti, sopravvivono e prevalgono anche di fronte ai comportamenti più negletti perché sono connaturati con la sfera più ampia, universale, dei diritti dell’uomo.

Specularmente, non daremo ragione a Marilena Natale perché si tratta di una valorosa collega, che la camorra non l’ha fatta, bensì l’ha combattuta.

Il liberale vero, per l’appunto, “libera” l’arena della discussione dal pregiudizio ad personam, finanche quando questo sarebbe giustificato.

Il fatto è che proprio dentro al percorso di un ragionamento liberale, garantista, si ritrova a ragion evidente che connota le tesi e le prese di posizione di Marilena Natale.

Perché se è vero che la giornalista non fa sconti sul piano lessicale, è anche vero che contestare con durezza l’intervento commemorativo sull’olocausto che Giuseppina Nappa ha postato su un gruppo Facebook, è assolutamente sacrosanto. Perché, con tutto il rispetto per il pensiero di lady Sandokan, un grande olocausto com’è stato quello degli ebrei non può essere commemorato da chi ha assistito e ha contribuito, quantomeno moralmente, ad un bagno di sangue che definire olocausto non costituisce peccato di enfasi iperbolica.

Poi, non è che uno risponde ad un anatema come quello pronunciato dalla Natale, con un insulto personale. Perché anche nella durezza dei toni la Natale non ha scritto, semplicemente perché non è vero, che Giuseppina Nappa è una puttana, al contrario la medesima ha scritto, con l’utilizzo di un simbolo grafico, che Marilena Natale è una zoccola. E badate bene, la stessa cosa, rispetto a quest’ultimo elemento di chiara asimmetria nella reciprocità dialettica, l’avremmo scritta se, invece di Giusy Nappa, quel simboletto della roditrice l’avesse messo su Facebook lo spirito socializzato di Rita Levi Montalcini.

Quello che è successo dopo nei successivi messaggi, da noi pubblicati integralmente in calce, è duello rusticano che per non deve far perdere di vista l’aspetto fondamentale della storia, non costituito da un pregiudizio, ma da un giudizio, per l’appunto, sulla storia. Per questo motivo, se Giuseppina Nappa può pensare di replicare avendone il diritto, a meno che non ci sia una norma codificata e scritta che impedisce ai congiunti, protetti dallo Stato, dei pentiti di Camorra di sviluppare quest’attività, è anche vero che noi, dopo aver, come si suol dire in lingua “giudiziarese”, esaminato tutti gli atti, riteniamo che Giuseppina Nappa di ssere messa all’indice e e soprattutto non le deve essere consentito di insegnare in una scuola, su questo la Natale ha evidentemente ragione.

Ripetiamo, questa affermazione non smentisce il nostro assunto iniziale. Anzi, lo rafforza.

La storia degli atti giudiziari, che badate bene, non è solo quella dei provvedimenti restrittivi della libertà personale ma è anche il racconto su atteggiamenti, su un modo di porsi rispetto al problema camorra, sancisce, infatti, quella che a nostro avviso è una verità, che se non è processuale, è sicuramente, anzi, smaccatamente, di tipo morale.

Ecco perché la collega Marilena Natale ha ragione. Con ampia facoltà di replica per chi ritiene che non sia così.

Il post di Lady Schiavone sull’Olocausto

La grave offesa alla giornalista

post di Marilena Natale del nov 2018