Dopo il decesso del maresciallo casertano. Soldati, non si muore solo di uranio impoverito

7 Aprile 2019 - 11:10

CASERTA (Tina Palomba) – “I militari non muoiono solo a causa dell’uranio impoverito, ma ci sono anche altri fattori di rischio a causare le patologie”. E’ quanto ha dichiarato Ivan Catalano deputato della passata legislatura nel corso del convegno che si è tenuto giovedì alla Camera dei deputati, ‘Uranio: un anno dalla IV Commissione Presente e futuro’. Nel corso dell’incontro, organizzato dall’Osservatorio militare e ‘Associazione Vittime dell’Uranio impoverito’, sono emersi altri interessanti elementi oggetto di studio. Il 50 per cento dei militari che sono stati colpiti da queste gravi patologie, come le leucemie, sono originari del Sud Italia e circa il 20 per cento sono campani, da dove arriva una forte presenza di arruolati missionari.

L’ultimo decesso è stato quello del maresciallo Gianfranco Monaco di San Prisco (Caserta) avvenuto lo scorso mese di agosto aveva partecipato per la Brigata Garibaldi Caserta alle missioni in Kosovo. Sono oltre 7000 i malati e 362 i morti: questi i dati dati forniti nel corso del dibattito.  Catalano ha spiegato: Confermati

i risultati della Commissione Uranio Impoverito. Oggi diamo notizia della pubblicazione di uno studio scientifico finanziato da Corvelva, che ha dimostrato quanto dichiarato dalla commissione uranio impoverito e vaccini, ovvero che vi sono  rispetto ai non missionari e che nonostante la commissione abbia avuto a disposizione i dati più aggiornati,  dove per sanitario si intende la profilassi vaccinale’.

Questo studio – continua Catalano – è stato supervisionato da me e condotto insieme ai consulenti che hanno preso parte alla commissione durante le indagini. Abbiamo analizzato i dati resi pubblici, aggregati e anonimizzati per sesso, classe d’età e corpo di appartenenza a una specifica arma, 3.663 nell’intero periodo (1996-2012)È molto importante in quanto conferma che i militari non muoiono solo a causa dell’uranio impoverito, e che è l’insieme di fattori di rischio a causare le patologie’. Occorre creare anche uno strumento, come un fondo sanitario per i militari, che dia assistenza economica incondizionata, a chi per servire il paese in Italia o all’estero si ammalaFinalmente – conclude Catalano – viene messa a tacere l’affermazione che chi va in missione torna in patria più sanoIl prossimo passo sarà quello di studiare nel dettaglio i dati dei militari che restano in patria, verificando se si ammalano di più rispetto ai civili.’