ELEZIONI EUROPEE. La cricca ha colpito ancora: Massimo Grimaldi cacciato dalla lista di Fdi. Ennesima figura di merda (borgatarese, come vuole Giorgia) di Arianna Meloni che si era impegnata sulla parola. E ora Marco Cerreto…

1 Maggio 2024 - 12:25

Operazione chiusa a tavolino perché, oltre all’uscente parlamentare europeo Denis Nesci, il gruppetto Lollo-Donzelli-Fitto-Cirielli ha deciso che gli eletti dovranno essere due pugliesi, Gambino e l’ennesimo gabbiano di “Azione universitaria” (ormai tendenti alla prostata) Nicola D’Ambrosio. Siccome Grimaldi poteva essere, con solo due preferenze a disposizione dopo la candidatura della premier a capolista, una pur remota minaccia, è stato messo alla porta. E in provincia di Napoli nella notte salta fuori il nome di… IN CALCE ALL’ARTICOLO LA LISTA DI FRATELLI D’ITALIA.

CASERTA (gianluigi guarino) Se è vero, come è vero, che Massimo Grimaldi aveva già fatto stampare i santini e i manifesti per la sua candidatura alle elezioni Europee, forte delle rassicurazioni ricevute da Arianna Meloni, allora il buon Massimo, nonostante i quasi vent’anni di carriera politica iniziata nel 2005 con l’elezione, al tempo un po’ fortunosa, a consigliere regionale, ha letto le cose in maniera tutt’altro che lucida. Ma d’altronde, lui, più che pararsi il culo in questo modo, chiudendo un accordo con il capo del partito in Campania, Edmondo Cirielli, e quella che riteneva, ovviamente da lettore non attentissimo di CasertaCe, la “capessa” della macchina del partito in Italia, non è che potesse fare.

Come, infatti, abbiamo scritto più volte in queste ultime settimane, la figura di Arianna Meloni è meramente marginale. Non sappiamo neppure se la sorella Giorgia,

ci limitiamo al solo nome di battesimo, perché così ha dichiarato di desiderare si faccia, nella scheda elettorale e anche fuori da questa, l’abbia capito fino in fondo che l’amata consanguinea (camminiamo sempre lungo il crinale dell’idioma borgataro, pure rivendicato con orgoglio da Giorgia a Pescara, domenica scorsa) non conti un emerito cazzo.

La premier la chiama e Arianna le ripete quello che le dice il marito Francesco Lollobrigida e magari spaccia per decisioni sue quelle che il consorte ha assunto, mettendo il primo piede fuori dal letto nuziale di prima mattina.

Non conta perché, al bivio della sua vita, quando si trattava di decidere se mandare “o meno a cagare” (usiamo sempre il borgatarese puro, in onore di ciò che Giorgia ha rivendicato domenica a Pescara) il marito Lollobrigida, in arte Lollo (oddio, il suo cognome è un po’ un incidente della storia e la grande bersagliera non se ne abbia da lassù), ha deciso di rimanere con lui, nonostante qualche marachella anzi, qualche grossa marachella subita.

Quella tra Lollo e Arianna Meloni non è una riappacificazione di maniera, ma una riappacificazione vera. Perché oggi, Arianna Meloni svolge più o meno, diciamo più e non meno, la funzione di receptionist a via della Scrofa, fidandosi – beata lei – di tutto quello che il marito decide per il partito.

Il fatto riguardante Massimo Grimaldi, cacciato con un calcio in culo dalla lista nell’ultimo giorno utile per ufficializzarla, non fa altro che confermare in pieno ciò che abbiamo scritto negli ultimi giorni.

Dopo che Arianna Meloni ha rassicurato Grimaldi, al punto da indurre questi, come già scritto, a stampare santini e manifesti, è scomparsa dai suoi radar, ha interpretato questa cosa e, conseguentemente, la cacciata brutale del Grimaldi dalla lista di Fratelli d’Italia della circoscrizione meridionale, come un segnale lanciato anche a Edmondo Cirielli, capo assoluto del partito in Campania. A nostro avviso, si tratta di una chiave interpretativa del tutto errata, che non tiene conto del grado di cinismo che il Cirielli ha sempre mostrato negli anni della sua attività politica dove, a suo modo, ha raggiunto tutti gli obiettivi prefissatisi, come dimostra la nomina a capo della segreteria tecnica del ministero della Salute della sua nuova fidanzata Maria Rosaria Campitiello. Perché Cirielli, al di là di quello che abbia potuto raccontare in queste ore a Grimaldi, che da lui era andato a suo tempo insieme a Stefano Caldoro per proporre la sua candidatura, ottenendo il riscontro di un impegno solenne a consegnargliela in nome e per conto del partito, non ha, e di questo siamo sicuri, certo battuto i pugni sul tavolo quando si sono riuniti quelli che contano nelle varie regioni della circoscrizione Sud, una delle 5 in cui è suddivisa l’Italia, quando ci sono le elezioni Europee. Anzi, Cirielli, sotto sotto, è anche contento perché dopo la candidatura a capolista di Giorgia Meloni, restano due nomi da poter esprimere e nella combinazione dei pesi elettorali, poteva anche capitare che il radicamento ventennale di Grimaldi e le strutture, seppur piccole, dell’area socialista già craxiana di Caldoro, avrebbero potuto insidiare l’elezione di Alberico Gambino.

Come si suol dire, sempre nel rispetto, a questo punto assolutamente sacrale, dell’idioma borgataro, “a finale” si sono seduti Gino Lollobrigida, pardon, Francesco, il solito Giovanni Donzelli, che nel partito comanda grazie alla forza che gli dà il suddetto Gino, pardon, Francesco, il potentissimo ministro Raffaele Fitto e lo stesso Cirielli.

Prima di tutto hanno dovuto prendere atto che in Puglia, oltre all’uomo di Fitto, che dovrebbe essere Francesco Ventola, con la T e non con la D, c’è anche il candidato del sottosegretario Marcello Gemmato, che non può certo fare la figura di chi viene letteralmente azzerato nella propria regione dall’antico e potente ras della politica salentina e poi dell’intera Puglia.

E sono due. I calcoli di Fdi ritengono che alla fine gli eletti saranno 5 in questo collegio. Fermo restando che l’uscente calabrese Denis Domenico Nesci è dato da tutti come già eletto, a colpi di aperture di patronati (anche qui da noi), ne rimangono due da piazzare a Bruxelles e a Strasburgo. Ed è qui che Donzelli ha scoperto le sue carte: il candidato abruzzese che sarà appoggiato anche dall’appena confermato governatore Marco Marsilio, si chiama Nicola D’Ambrosio da Chieti e proviene anche lui “da sti cazzi” (borgataro purissimo) di “gabbiani” della destra giovanile, qualcuno già alle soglie della pensione, ma che ancora ricordano i tempi della mitica “Azione universitaria”, un requisito che viene fatto passare come un portato, come un segno di identità ma che, volta per volta, si sta trasformando in un segno di potere, in una roba che somiglia a quello che ai tempi della Roma repubblicana erano gli optimates delle antiche famiglie del patriziato, cioè i nobili, quelli della casta dei senatori, quelli capitanati ma Marco Tullio Cicerone contro Catilina e contro Giulio Cesare.

Non ditelo, però, a Giorgia Meloni, pardon, a Giorgia, che ha disegnato, al contrario, un partito che si specchia e si rispecchia nella platea di Pescara che lei ha definito, con molto ottimismo, “la sua classe dirigente”, come il motore dei populares, che erano, invece, le classi medie e le classi meno abbienti di Roma le quali, se dovettero mordere il freno con Catilina, che fu accoppato in Toscana dall’esercito dei senatori-optimates, trionfarono con il loro nuovo leader, Giulio Cesare, che qualche numero più di Giorgia riteniamo abbia dimostrato di averlo. Certo, ci fu il colpo di coda delle Idi di marzo, ma dopo quel giorno finì la Roma repubblicana e finirono per sempre anche gli optimates, dopo che Giulio Cesare aveva seminato veleno davanti alle loro case. Iniziò un’altra storia, quella della Roma imperiale.

Questo gruppetto, che abbiamo chiamato cricca, negli articoli precedenti a questo, forse sbagliando addirittura per difetto, si mette attorno ad un tavolo e con buona pace della radice popolare di questo partito, che Giorgia rivendica ad alta voce, si spartisce il potere e non tollera nessun tipo di ingerenza, nessun tipo di disturbo. La lista per le Europee, almeno per quanto riguarda la circoscrizione meridionale, da noi attenzionata per ovvi motivi di interesse geo-editoriale, è stata fatta a tavolino. Con due preferenze reali da dare (quella per Giorgia è scontata), ha fatto diventare cenere la parola data da Arianna Meloni la remota possibilità che Massimo Grimaldi potesse essere anche lontanamente un’insidia per almeno un paio dei 5 “eletti a tavolino”, in pratica già nominati dalla cricca, ossia l’uomo di Gemmato che si chiama Michele Picaro, quello di Cirielli, ossia il paganese Alberico Gambino e Nicola D’Ambrosio, amico di Giovanni Donzelli in Azione universitaria, speriamo un’Università vera, e non la Niccolò Cusano nella quale si è laureato (?) Gino Lollobrigida, pardon Francesco.

Ma questa donna, considerato che la sorella è una delle persone più potenti d’Europa, non ha di meglio da fare, magari un impiego a Palazzo Chigi, che non fare figure di merda, anzi, de merda (romanesco-borgatari fino alla morte da adesso in poi) a via della Scrofa?

Post scriptum: dopo aver individuato nell’imprenditore di San Giuseppe Vesuviano, un tal Antonio Ambrosio, il candidato della Campania, ieri sera da Roma sono partite decine e decine dei telefonate.

Dunque, chi sostituirà Grimaldi a Caserta? Gimmi Cangiano che, giustamente, sia detto sempre in borgatarese corrente, con tutte le figure di merda, pardon, de merda che sta facendo ad Aversa, se n’è andato all’estero, o dice di trovarsi all’estero, presumiamo con la Mendez, ammesso e non concesso che non l’abbia cambiata negli ultimi giorni, come si fa con certe auto. Alfonso Piscitelli pare sia stato sostituito dalla signorina Tim o dalla signorina Vodafone. E mentre Cangiano e Piscitelli tacciono, Marco Cerreto ottiene la candidatura alle Europee, quinto in lista dopo Giorgia, Nicola Benedetto, Ersillia Amatruda e, come già scritto sopra, Antonio Ambrosio da San Giuseppe Vesuviano. Se i quadrumviri o la caricatura dei quadrumviri hanno deciso così…