INCHIESTA SU GIOVANNI ZANNINI. Per il giudice del Riesame esiste un grave sospetto di collusione tra il sindaco Raffaele Ambrosca, gli imprenditori Griffo e il consigliere regionale
13 Marzo 2025 - 14:18

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SECONDA PUNTATA DEL NOSTRO FOCUS. Sintetizziamo le tesi del presidente della sezione Riesame del tribunale di Santa Maria Capua Vetere prima di tutto sull’abuso edilizio e sulla specificità del caso della realizzazione del caseificio per il quale non bastava la presenza nel PUC di un piano di realizzazione Vinca. Successivamente affrontiamo i temi del reato di falso e di truffa. In calce all’articolo ripubblichiamo il testo dell’ordinanza, dandovi appuntamento alla terza ed ultima puntata
CANCELLO E ARNONE (g.g.) – Stamattina ci occupiamo della seconda e di parte della terza parte dell’ordinanza con cui il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione Riesame, presidente Giuseppe
Al di là del merito di ciò che scrive il giudice Meccariello, che dimostra a nostro avviso di aver svolto, soprattutto a garanzia degli indagati in questa inchiesta che vede pesantemente coinvolto anche il consigliere regionale Giovanni Zannini, ci è piaciuta l’impostazione metodologica, ossia la modalità attraverso cui Meccariello ha sviluppato il suo ragionamento. Un criterio generale, che si basa infatti su tesi esposte sempre in compagnia delle possibili contro-argomentazioni – noi amiamo dire al riguardo essere avvocati del diavolo di se stessi – rende il discorso molto più efficace, le tesi sempre attive e molto più complicatamente confutabili.
Naturalmente, non possiamo entrare, per motivi di spazio e tempo, nei dettagli relativi al merito tecnico-giuridico delle ragioni esposte dal Riesame sammaritano.
Ma questa carenza la colmiamo nel momento in cui pubblichiamo, per la seconda volta, il testo integrale del provvedimento, invitandovi a leggere, prima di tutto, la parte che va dalla pagina 6 alla pagina 12, ossia il paragrafo intitolato “L’abuso edilizio: le necessità della Vinca“.
Sintetizzando, invece, per chi non ha il tempo o l’estro per leggersi le pagine appena consigliate, diciamo che il giudice Meccariello sviluppa il suo discorso partendo dalla confutazione della difesa dei Griffo, la quale sostiene che la Vinca (Valutazione di Incidenza Ambientale) per i lavori al caseificio di Cancello e Arnone, targati Spinosa Spa, non fosse necessaria in quanto una Vinca complessiva aveva dato il via libera al Puc di Cancello e Arnone.
In pratica, sostiene la difesa, se la valutazione di incidenza ambientale ha validato, per quanto riguarda la specifica materia che disciplina, l’intero Puc e conseguentemente i suoi piani d’attuazione, la nuova Vinca, quella specifica per il caseificio, costituirebbe solo un doppione.
E qui inizia il ragionamento che, ripetiamo, ci piace, del giudice Meccariello. Ok, scrive la toga che presiede il Riesame, questo è vero in termini generali, ma la vicenda del caseificio è tutt’altra cosa e appartiene a quel cluster di interventi di utilizzo del territorio che necessitano di una procedura ad hoc, in quanto ricadenti dentro al perimetro, o in un’area esterna a questo, ma comunque in grado di condizionare la vita delle specie animali e vegetali, dell’habitat naturale.
LA ZONA DI TUTELA EUROPEA CHE CAMBIA TUTTO
Esistono, al riguardo, solide strutture normative, a partire dalla direttiva Habitat dell’Unione Europea la quale costituisce elemento che segna con il timbro della peculiarità le aree appena nominate.
Gli sviluppi normativi e conseguentemente quelli giurisprudenziali, a partire dalla seconda del Consiglio di Stato, non lasciano adito a dubbi. E d’altronde, se l’area della Regione Campania che si occupa di gestione del territorio in relazione ai vincoli ambientali, ha detto chiaro e tondo a Giovanni Zannini che il progetto del caseificio necessitava di una Vinca ad hoc, se Zannini, in una intercettazione telefonica, ha comunicato ai Griffo che occorrevano necessari interventi di adattamento radicale degli scarichi e di altre strutture, se sono state truccate le carte relativamente alle distanze tra le mura dell’opificio e l’area di interesse naturale, in modo da far dire alla commissione Vinca del Comune di Castello del Matese, attivata da Zannini con l’accordo del sindaco Salvatore Montone, vuol dire che nessuno dei protagonisti di questa storia ha mai ritenuto che quello della valutazione di incidenza ambientale non rappresentasse un problema in quanto il Puc di Cancello e Arnone, gratificato da una sua Vinca di carattere generale, ne attribuiva i crismi anche all’area del caseificio.
No, non è così. Potrete leggere nell’ordinanza che pubblichiamo in calce ogni dettaglio di contenuto della sentenza del Consiglio di Stato, che supera anche una posizione più morbida espressa a un certo punto dalla Unione Europea sulla Vinca postuma, cioè su lavori già iniziati, nel nostro caso già completati.
Quello esplicitato dal giudice è un profluvio che, ripetiamo, non possiamo declinare in questo articolo, che diventerebbe a sua volta un profluvio di parole ma che sono consultabili in calce.
Dunque, non era possibile fare una Vinca postuma, ma quel progetto necessitava di una autorizzazione Vinca perché la struttura si trova in un’area interna o comunque contigua ad un Sito Natura 2000. Aree miratamente tutelate dall’Unione Europea con una legislazione che estrapola questi luoghi dalle previsioni di carattere generale riguardanti i Puc e le autorizzazioni in questi insite, come può essere una Via.
La Vinca, già di per sé, è un’autorizzazione specifica, gemmata dalla Via (Valutazione di Impatto ambientale). Nei Siti di Natura 2000 o attorno ad essi costituisce una condicio sine qua non.
Ripetiamo, non siamo molto soddisfatti della necessità di aver dovuto realizzare una sintesi di un ragionamento che, essendo di carattere tecnico giuridico, a una sintesi non si adatta, ma per la terza volta vi invitiamo a leggere, per quanto riguarda lo specifico reato di abuso edilizio da cui poi si sono prodotti quelli di falso, truffa e corruzione, lo stralcio dell’ordinanza che pubblichiamo in calce.
Va aggiunto però, in conclusione, che secondo il giudice Meccariello, non esiste neppure la possibilità di sanatoria. Il permesso di costruire attribuito dal Comune di Cancello e Arnone e costruito con l’imbroglio, di cui secondo i magistrati della Procura di Santa Maria Capua Vetere, sarebbe rimasta vittima la commissione Vinca del Comune di Castello del Matese, andava revocato in autotutela senza se e senza ma.
Non essendoci la possibilità di una sanatoria, il caseificio della Spinosa Spa, società che abbiamo scoperto essere intestato alla moglie di Luigi Griffo, nel riconoscimento della piena validità dell’ordinanza di sequestro, non può non avere, in futuro, una prospettiva di abbattimento.
LE CONTESTAZIONI DI FALSO IDEOLOGICO E TRUFFA
Affrontiamo questa sezione, ossia la terza, dell’ordinanza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione Riesame, in maniera parziale e suddividendola in due parti, con la seconda che andremo a sviluppare speriamo già da domani, programma di lavoro permettendo, o nei prossimi giorni, sicuramente nei primi della settimana che verrà, quado chiuderemo il focus.
La cosa che ci ha colpito di più rispetto a quanto scritto dal giudice relativamente ai reati di falso ideologico e truffa contestati agli indagati, a partire da Zannini, passando agli imprenditori Paolo e Luigi Griffo, è la valutazione del ruolo avuto dal comune di Cancello ed Arnone.
Il giudice Meccariello spiega che esiste una grande probabilità sul fatto che questo comune, gli uffici, ma a questo punto, aggiungiamo noi, pure il sindaco Raffaele Ambrosca, divenuto ingloriosamente, visto il suo passato politico, un soldatino di Zannini, abbiano avuto un ruolo attivo fondamentale nell’elaborazione e la realizzazione del piano criminale.
Chiaramente, Meccariello non fa il processo alle intenzioni e, come dovrebbe fare sempre un giudice, che non è un pubblico ministero, non esclude la possibilità che lo zelo, la fortissima volontà di Ambrosca affinché i Griffo realizzassero, con le modalità da loro desiderate, il caseificio, fosse legata a motivazioni relative ad un vantaggio economico per le casse del comune, oppure alla causa dei miglioramenti dei livelli occupazionali di questo centro del basso Volturno. Lo deve dire, lo deve scrivere il giudice, in quanto non ha elementi per sostenere il contrario.
Un contrario, ossia la possibilità che l’atteggiamento di Ambrosca e del comune di Cancello ed Arnone, fosse attivato da altre ragione, esiste come esistono possibilità più innocenti e meno pregiudizievoli per chi opera negli uffici comunali e per il sindaco.
REATI A CANCELLO ED ARNONE? FORSE SI’, MA…
Noi, che non facciamo i giudici, possiamo dire che, esistendo la possibilità legata a motivi economici di carattere generale o ad alimentare la causa dell’occupazione di persone, di cittadini di Cancello ed Arnone, non possiamo, allo stato delle cose, eliminare dal novero delle possibilità anche altre ragioni meno edificanti.
Attenzione. Meccariello ha nella sua testa che al comune di Cancello ed Arnone siano stati compiuti dei reati. Lo scrive con chiarezza nel momento in cui definisce “censurabili, se non illecite” le modalità di azione, ma aggiungiamo noi, e sono tre, la vera e propria mobilitazione degli uffici comunali, la velocità attraverso cui Cancello ed Arnone stipula una convenzione con il comune di Castello del Matese, dotato di una commissione Vinca, le molteplici telefonate tra Zannini ed Ambrosca, ma soprattutto – e questa per noi rappresenta una sorta di prova regina – la convocazione ad horas di un consiglio comunale per l’11 agosto, giorno che cade nel periodo in cui i consigli comunali o qualsiasi attività pubblica sono praticamente fermi.
Per il momento, spiega Meccariello, non si può contestare il reato di falso per induzione al responsabile dell’Ufficio tecnico al comune di Cancello ed Arnone, in quanto sono necessari ulteriore atti di indagine che farebbero emergere, proprio tramite la contestazione del reato di falso al responsabile dei Lavori pubblici di Cancello ed Arnone, una collusione tra il comune, il sindaco Ambrosca e gli interessi di Luigi e Paolo Griffo, che erano diventati anche gli interessi di Giovanni Zannini.
Per quel che riguarda il reato di truffa, regolato dall’articolo 640 del codice penale, il giudice Meccariello avverte la necessità di ribadire dettagliatamente il significato del medesimo. Lo fa per individuare da un lato i comportamenti di chi al reato partecipa, ovvero Zannini, i Griffo e i tecnici che attestato il falso rispetto alla struttura del caseificio, dall’altro lato la vittima della truffa, ossia Invitalia che, ricordiamo, dei 13 milioni di euro stanziati ne ha erogati quasi due, già intascati dalla società Spinosa SpA.
In conclusione di questa seconda puntata del focus sulle ragioni del Riesame che ha confermato sia il sequestro della struttura immobiliare del caseificio, sia il milione e 800 mila euro e passa, corrispettivo del già incassato dai Griffo, dedichiamo un ultimo passaggio interessante.
Esiste la truffa in quanto l’intera operazione di falsificazione dei documenti per negare a monte il reato di abuso edilizio conclamata ha fatto sì che ad Invitalia arrivasse un’informazione, l’attestato di un requisito costruito attraverso la commissione di reati. Qui sotto, la frase scritta dal giudice Meccariello:
“Sul punto, volendo compiere un “giudizio controfattuale”, pare chiaro che eliminando (astrattamente) dall’istruttoria compiuta da INVITALIA il parere di non assoggettabilità a VINCA adottato dalla Commissione di Castello del Matese
(sulle cui modalità “illecite” di conseguimento si è in parte già detto e di cui si parlerà più diffusamente nel prosieguo) certamente INVITALIA avrebbe negato il finanziamento, rifiutando la sottoscrizione del relativo contratto per mancata
integrazione delle condizioni stabilite dal richiamato art. 19 bis D.M. 9.12.2014.“
Nei prossimi giorni, la terza puntata.