LA CAMORRA dei quattrini veri. Altra conferma: ecco chi raccoglieva dagli imprenditori milioni di euro finiti a Michele Zagaria come socio e non come estorsore

27 Ottobre 2019 - 16:33

CASAPESENNA(g.g.) Le conferme arrivano una dietro l’altra. Perchè i collaboratori di giustizia o pentiti che dir si voglia, possono essere più o meno affidabili, sempre criminali sono e dunque le cose che dicono vanno prese con le molle, ma su questa cosa le dichiarazioni concordano. Non una, due o tre, ma decine: Michele Zagaria, tutto sommato, aveva una rete limitata di imprenditori oggetto di estorsioni.

La maggior parte di questi erano suoi soci. Il boss sfruttando una cosa che chiamare omertà, a nostro avviso, è riduttivo, visto che si tratta del suo pieno e ampio riconoscimento sociale, economico ed oseremmo dire anche politico, proponeva, da latitante, come se niente fosse, affari a tantissimi soggetti di Casapesenna.

Anzi, il più delle volte erano gli imprenditori a proporgli degli affari.

Il tutto poteva avvenire perchè non ce n’era uno a Casapesenna di cui Zagaria temeva la delazione, sul quale nutriva dubbi sul fatto che avrebbe tenuto la bocca chiusa. Casapesenna non è stata, infatti, solo in silenzio. Ha creato e ha legittimato Michele Zagaria come unica guida in questo comune per anni e anni.

E allora non può stupire se all’interno dell’ultima ordinanza delle lunga serie, dedicata alle persone più vicine, più intime durante la latitanza, cioè a Vincenzo Inquieto

che lo ha ospitato fino al giorno della cattura, ci sia un pentito cioè, ancora una volta, Massimiliano Caterino, il vero biografo di Michele Zagaria, dato che è in grado di raccontare fatti, dettagli, curiosità ma soprattutto contesti che si sofferma sul ruolo svolto da Vincenzo Inquieto al servizio dell’attività più importante, più lucrosa: la divisione degli utili aziendali.

Massimiliano Caterino dice che Vincenzo Inquieto sostituì, a un certo punto, Antonio Piccolo, il quale era entrato in contatto lavorativo con l’Inquieto nella delicatissima funzione di raccogliere, imprenditore per imprenditore, impresa per impresa, i soldi che Michele Zagaria prendeva, non in quanto camorrista ed estorsore, ma in quanto socio a tutti gli effetti concreti, che aveva trasposto la sua identità, la sua attitudine, il suo potere criminale di capo o di capo insieme ad altri del clan dei casalesi, nel meccanismo dell’aggiudicazione degli appalti, nella relazione con i sindaci, con i politici e con i colletti bianchi che dovevano aggiustare le gare e dovevano fare in modo (mitica la storica seduta di commissione fatta a casa di un imprenditore con le buste asportate dalla cassaforte del comune di Trentola per i lavori dell’uscita del Jambo aggiudicati a Martino) che queste finissero a quelle imprese di cui Michele Zagaria era diventato socio in affari.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA