La Domenica di don Franco: “Un gesto di bontà fa del bene al malato ma anche a noi”

13 Febbraio 2021 - 21:39

14 febbraio 2021 / VI Domenica del TO (B)
SE VUOI, PUOI GUARIRMI … LO VOGLIO, GUARISCI!

Prima lettura: Il lebbroso abiterà fuori dell’accampamento (Lv 13,1). Seconda lettura: Fate tutto per la gloria di Dio (1  Cor 10,31). Terza lettura: Lo toccò e disse: Lo voglio, guarisci! (Mc 1,40).

Prima lettura: il lebbroso, un morto sociale!  “Colui che è affetto da lebbra non entra in città né mantiene rapporti con gli altri persiani perché, dicono, se è malato, ha certo commesso qualche mancanza contro il dio Sole”. Con queste parole lo storico Erodoto, nel V sec. a.C., registra la credenza dei popoli dell’antico Medio Oriente. I lebbrosi sono da sempre considerati impuri e perciò esclusi dalla comunità. Presso alcune tribù il lebbroso non viene neppure sepolto assieme ad altri defunti: nessuno lo vuole vicino né da vivo né da morto. La lebbra era “la figlia primogenita della morte” (Gb 18,13). Nell’Antico Testamento solo  due grandi profeti erano riusciti a curarla: Mosè guarisce la sorella Miriam (Nm 12,9) ed Eliseo il generale della Siria, Naaman (2Re 5,1). Preso gli antichi il mondo era diviso in due zone: una occupata dalle forze della vita (Dio, gli angeli e le persone pure), l’altra occupata dalle forze del male (gli dèi pagani, i diavoli e i peccatori). I rabbini ebrei avevano catalogato gli uomini in puri e impuri, ma Dio rifiuta questa discriminazione: egli si avvicina agli impuri, li accarezza, perché nessuna delle sue creature è impura, tanto meno i suoi figli. L’Antico Testamento ci racconta che Dio colpì gli egiziani proprio la lebbra (Es 9,9) e lo stesso castigo è minacciato contro Israele se sarà infedele (Dt 28,27). Prendendo spunto da alcuni oracoli di Isaia (Is 35,5; 61,1) i rabbini avevano compilato una lista dei segni della presenza del regno di Dio. La guarigione di un lebbroso era  molto più di un miracolo: era la prova che era giunto il messia (Mt 11,5).

Cristo trascende l’ordine costituito   Rimaniamo impressionati nel leggere le minuziose disposizioni contenute nel Levitico, fatte passare come volontà di Dio. Per gli ebrei, l’anima era legata al corpo in una unità maggiore di quanto non credesse la filosofia greca. Perciò ogni malattia fisica era l’espansione di una malattia
morale. La lebbra era per eccellenza il segno del peccato; non era solo una distruzione fisica ma comportava anche una morte sociale, un’esclusione dal culto, una reale scomunica. Sono crudeli le misure ordinate da Mosè: i lebbrosi dovevano vivere fuori dall’accampamento, in solitudine, vestire abiti stracciati, e gridare: “Sono immondo!”. Era questa la più crudele delle imposizioni, un modo per avvertire gli altri, ma soprattutto per convincersi che era giusto così. Attraverso
regolamenti severi, avvisi di garanzia, veniva salvata la purezza della razza, la virtù dei borghesi, la coscienza dei religiosi e dei politici. Le guide del regime ci vogliono sempre far credere che tutto funziona bene, che “l’ordine regna a Varsavia”. Qualche coraggioso, se esce dall’accampamento, al
rientro può anche trovare la porta chiusa, e, come san Francesco, venire accolto con villanie e bastonate. Gesù, nel racconto di Marco, “si impietosì” (ὀργισθεὶς), fino a stendere la mano per guarire il lebbroso, violando così la legge. Alcune notazioni sono necessarie:  “Se vuoi puoi purificarmi!” (Ἐὰν θέλῃς δύνασαί με καθαρίσαι). Non chiede di essere guarito, ma di essere purificato. In tutto il brano mai apparirà il verbo “curare o guarire”, ma sempre per tre volte – il che indica la completezza – il verbo “purificare” (καθαρίζω), cioè lui vuole almeno il contatto con Dio. Ha perso tutto, perché la religione lo ha emarginato, è impuro, non può neppure
rivolgersi a Dio. La sua disperazione è totale!

“Guarda di non dire niente a nessuno” (Ὅρα μηδενὶ μηδὲν εἴπῃς). Nel Vangelo di Marco si ripete questa proibizione (1,44; 7,36; 9,9, etc.). Perché Gesù non voleva che si divulgassero i prodigi che compiva? La cosa era impossibile in quei piccoli villaggi di Galilea! È certo che ai dirigenti religiosi dava fastidio il fatto che Gesù aiutasse la gente e che lo facesse andando contro i comandamenti della religione, per esempio curare di sabato o mangiare con peccatori. Per questo,
di Gesù hanno detto che era indemoniato (Mc 3,22), che violava le leggi religiose e che bisognava ucciderlo (Mc 3,6; Gv 5,16; 9,16), che era un bestemmiatore (Mc 2,7; 14,64), un impostore (Mt 27,63), un sovversivo (Lc 23,2) e persino un pericolo per la stabilità del tempio e del paese (Gv 11,48). Gesù non ha voluto la fama. Non ha voluto apparire come un populista o un nazionalista (Lc 4, 14). Neanche che lo prendessero per re (Gv 6,15). E non ha ceduto alla tentazione del potere
(Mt 4,1). “È venuto per essere il servo” (ἦλθεν διακονηθῆναι) di tutti (Mc 10,45). Non dimentichiamo che il titolo di Messia era il titolo più esaltato dalla religione! Gesù invece non ha voluto essere un personaggio “religioso”, ma un essere “umano”, profondamente umano. Il Vangelo non è e non vuole essere un “progetto politico”. La politica è esercizio del “potere”. IlVangelo è esercizio del “servizio”. Di “destra o di “sinistra”, il Vangelo non vuole né l’uno né l’altro.
Quello che importa è la nostra vita buona.
“Mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè” – non Dio! – “ha prescritto”. I sacerdoti dovevano certificare che la persona era sana. E naturalmente questa visita non era gratuita, ma si dovevano pagare ben tre agnelli, o uno se la persona era povera. Il Dio dei sacerdoti è un Dio a pagamento. Il Dio di Gesù è tenerezza gratuita. Chissà che faccia avranno fatto quei legulei, davanti al lebbroso guarito! Essi vivono tra le carte, i codici, i tariffari, i modelli, le
ricette, le notifiche, i permessi … nell’illusione che il loro sportello sia l’ombelico del mondo, che ogni problema si possa risolvere grazie ad una legge canonica o civile, che una persona si possa ridurre a un numero, a una pratica, che quando le carte sono a posto, tutto è a posto!
“Il lebbroso cominciò a proclamare il fatto” (ἤρξατο κηρύσσειν). Il lebbroso, prima doveva proclamare la sua condanna, ora proclama la sua guarigione; non obbedisce neppure a Gesù, che gli aveva imposto il silenzio; ma neppure Gesù aveva obbedito alla legge di Mosè. Questo lebbroso c’insegna che la volontà di Dio non sempre coincide con le nostre teologie e le nostre legislazioni, anche se contrabbandate come “volontà di Dio”. Quanto male e quante menzogne abbiamo
coperto con questo santo Nome! Quante guerre abbiamo organizzato al grido di “Dio lo vuole!”.

Contro le virtù dei sepolcri imbiancati!   A questo “disordine costituito e sacralizzato”, Gesù reagisce. Non dice: “E’ giusto, pazienza, offri al Signore, ti aspetta il paradiso!”. Gesù contesta le leggi, tocca il lebbroso, entra in comunione con lui. Per Gesù, non c’è legge quando è in gioco la dignità dell’uomo. Omnia munda mundis!
Possiamo farisaicamente anche scandalizzarci di come venivano trattati i lebbrosi nel mondo antico, ma anche oggi noi segreghiamo i “diversi” con leggi di copertura sacralizzate da quella gente per bene che Gesù ha bollato come ipocriti e sepolcri imbiancati. Cristo ha restituito non solo ai lebbrosi la loro dignità (direi: il loro privilegio!), ma ha gridato contro l’accampamento, scoprendo che le virtù stabilite erano sepolcri imbiancati, che i potenti dell’accampamento erano guide cieche. Tutti, chi più e chi meno, siamo integrati organicamente nell’accampamento. Molti di noi devono rendere conto ai superiori dell’accampamento. Noi cristiani, più di tutti, siamo “i cultori dell’uomo” (Paolo VI). Sovente la chiesa è stata accusata di oscurantismo. La storia vera è diversa. Dal diacono Lorenzo a madre Teresa è una catena umana ininterrotta di servitori dell’uomo. Quando lo Stato, onnipresente con le sue tasse ed assistenziale solo sulla carta, doveva ancora essere pensato, la chiesa già fondava università, scuole, ospedali. Dispiace che i cristiani tacciano davanti all’arroganza degli avversari, e non ricordino i santi, i missionari, gli studiosi a
servizio dell’uomo. Di questa chiesa, “mater et magistra, sancta et semper sanctificanda”, dobbiamo cercare di essere figli affezionati.

Francesco cambiò vita dopo avere abbracciato un lebbroso  La lebbra! La sola parola comunica paura, è il simbolo della massima sciagura per due motivi: il
primo era la convinzione che fosse una malattia terribilmente contagiosa; il secondo era che la lebbra era una punizione di Dio; la lebbra non è mai considerata dal punto di vista medico, ma dal punto di vista religioso. Solo così si spiegano le misure severe contenute nella prima lettura; non si tratta solo di misure profilattiche, ma di preservare “la santità del popolo di Dio”. Chi ha contribuito a far cambiare mentalità e legislazione è stato anche Raoul Follereau, morto nel 1973, al quale si deve anche la Giornata mondiale dei lebbrosi. Gesù si muove a compassione, tocca il lebbroso, lo guarisce. Non dobbiamo pensare che tutto questo non costasse nulla a Gesù. Come uomo, provava anche lui ripugnanza, ma la compassione è più forte di ogni paura. Noi, come ci
comportiamo? E’ vero che oggi la lebbra fa meno paura (anche se ci sono ancora circa 20 milioni di lebbrosi nel mondo), ma vi sono nuove malattie, nuove lebbre, nuovi lebbrosi, come Aids, droga …
Ci sono tante altre categorie di esclusi nella nostra società, tenuta fuori dell’accampamento, cioè fuori da una società dove si decide per loro e su di loro. Oggi lebbrosi sono anche quanti vivono nelle baracche, sono i falliti, i bruciati dalla società dei consumi, quanti portano handicapp, sono gli anziani, sono i carcerati … che la società vede come un peso e un pericolo. Come ci comportiamo? Solo difendendoci, isolando i malati? Un gesto di bontà fa del bene al malato ma anche a noi.
Ricordiamo che Francesco di Assisi iniziò una nuova vita dopo avere incontrato e abbracciato un lebbroso.

A cura del Gruppo biblico השּׁרשים הקּדשים Le Sante Radici
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