LA DOMENICA DI DON GALEONE…
7 Settembre 2025 - 06:47

7 settembre 2025 – XXIII Domenica tempo ordinario (C)
La fede comporta scelte radicali (Lc 14, 25)

La domenica “della croce di Cristo”. Il Vangelo di Luca è la descrizione del viaggio di Gesù verso Gerusalemme, città santa, terra di martirio e di gloria. Luca vuole presentare l’intera vita cristiana come un andare con Gesù e come Gesù verso la croce e la risurrezione. È il tema della “sequela Christi”. Da buon regista, Luca organizza tutto il materiale attorno a questo leit motiv, autentico filo d’Arianna nel suo Vangelo. Abbiamo due massime (“Se uno viene a me e non odia … Chi non porta la sua croce…”), commentate da due esempi (“Chi vuole costruire una torre … Chi sta per fare una guerra…”).
“Chi non odia la propria vita…”. Noi non possiamo vivere felici senza avere una buona immagine di noi stessi. Ce lo insegnano la psicologia e la psicanalisi. Inutile, dannoso avere rimorsi! Ci insegnano da ogni cattedra ad amarci, nonostante i nostri vizi e peccati, che non si chiamano più così, ma Ego, cioè Io. La nostra personalità è una perfetta macchina per la vittoria. Perciò non sopportiamo il dubbio, la sconfitta! Siamo diventati il nostro solo e ultimo dio. Gesù ci invita a odiare questo falso e ridicolo io; insomma, a ribaltare i falsi valori del mondo. A mettere al primo posto Dio e i valori del suo regno.
“Chi non porta la propria croce, non può essere mio discepolo”. Le parole di Gesù sono state riservate a coloro che emettono i voti come i religiosi, in realtà sono rivolte a tutti i credenti: prendere la croce significa scegliere Gesù; la croce non è il simbolo della coscienza infelice, ma di un progetto di vita. Che la vita, secondo Gesù, sia un progetto, appare dal brano del Vangelo con quelle due immagini, del costruttore che, prima di costruire una torre, fa bene prima a tavolino i suoi calcoli; e del re che, prima di fare guerra, anch’egli fa bene i suoi calcoli per evitare di essere sconfitto. Anche il cristiano, prima d’intraprendere la “sequela Christi”, deve sapere a cosa va incontro, motivare la sua scelta, non tornare più indietro.
La Parola di Dio non è una parola che si possa pronunciare da qualsiasi cattedra: passa attraverso la testimonianza. Paolo non andò nei suoi viaggi, a fare il predicatore di professione; non apparteneva all’ordine dei predicatori ma dei testimoni; non andò come padre né come maestro, meno ancora come padrone; si presentò, uomo fra gli uomini, preoccupandosi di non essere di peso ad alcuno, lavorando in pace con le sue mani. Fu il primo e vero “prete operaio”. Non dobbiamo stupirci che i vescovi, successori degli apostoli, vivano come gli altri, come Gesù e Paolo, che non cercarono distinzioni, e furono sempre in polemica contro la religiosa ipocrisia, contro i turiboli maleodoranti. Se la comunità cristiana deve essere una comunità fraterna, voi capite quante impalcature devono cadere! Noi abbiamo titoli a non finire! L’Annuario Pontificio contempla ancora i Camerieri segreti e l’Ordine dello Sperone d’oro! Nella società civile sono stati compiuti passi grandiosi nella direzione dell’uguaglianza; la nostra Costituzione italiana all’art. 14 stabilisce che “I titoli nobiliari non sono riconosciuti” (Disposizioni transitorie e finali). All’interno della chiesa, invece, sopravvivono. Sappiamo cosa Gesù pensava del sacro, dei politici, dei religiosi; sappiamo anche a chi andavano le sue amicizie e le sue preferenze. BUONA VITA!
