LA DOMENICA DI DON GALEONE…
12 Ottobre 2025 - 06:22

12 ottobre 2025 ⭐︎ XXVIII Domenica tempo ordinario (C)
Una fede capace di dire: Grazie! (Lc 17, 11)

La domenica “del grazie”. Nel racconto biblico, Naaman, guarito dalla lebbra, fa la sua “professione di fede”, e comprendiamo che Dio chiama alla fede anche quelli che noi giudichiamo lontani da lui (prima lettura). Nel Vangelo Gesù guarisce dieci lebbrosi e si sofferma con ammirazione su uno di loro “straniero”, che ritorna a dire grazie (terza lettura).
La lebbra: malattia per eccellenza, la più temuta, la più ripugnante, perché provoca la demolizione del corpo, l’esclusione dalla società; nell’immaginario collettivo, essa è la maledizione divina; perciò stare con i lebbrosi, curare i lebbrosi è autentico eroismo. Francesco, ricordiamolo, cambiò vita dopo avere incontrato e abbracciato un lebbroso, e i primi francescani dovevano superare la stessa prova del fondatore; un giorno Francesco trattò male un lebbroso, e come penitenza volle mangiare nel suo stesso piatto. Francesco, prima di chiamare il sole “fratello”, chiamava fratello il “lebbroso”. I lebbrosi probabilmente sono giudei, uno è sicuramente samaritano; se fossero stati sani, certamente non si sarebbero messi insieme! Vale la pena ricordare che spesso ci vuole il dolore per smontare l’orgoglio e farci sentire tutti fratelli: “Gesù maestro, abbi pietà!”: una preghiera bellissima, non c’è presunzione, ma solo l’umile abbandono di chi non ha più speranze, e si affida al Signore. Gesù risponde in modo insolito: non guarisce subito i lebbrosi, ma ordina loro di presentarsi ai sacerdoti, li mette alla prova: un solo lebbroso guarito torna indietro a dire grazie, e al lebbroso riconoscente Gesù dice: “La
Grazie: una parola rara, in via di estinzione. I figli non la dicono ai genitori, gli alunni ai professori, i credenti a Dio. Tutto e subito ci sembra dovuto. Non si tratta di solo galateo, però tra gratitudine e religione esiste un continuum necessario; non si confondono, una non è l’altra, però le qualità umane e naturali sono la migliore e necessaria base per le virtù divine e soprannaturali. Difficile virtù oggi la gratitudine: i nostri rapporti sono fondati sull’utile, sul contratto, sul “do ut des”; questa mentalità utilitaristica ed egocentrica snatura anche la religione, ci fa smarrire il senso del gratuito, dell’eucaristia appunto, che è “rendimento di grazie”. Con Dio e con i santi abbiamo una mentalità sacro-mercantile, contrattuale. Al pari dei numeri di emergenza, abbiamo un lungo elenco di santi dell’SOS. Oggetti smarriti? Sant’Antonio. Casi impossibili? Santa Rita? Pericoli di viaggio? San Cristoforo. Malattie di gola? San Biagio. Difficoltà scolastiche? San Giuseppe da Copertino. Amori difficili? San Valentino … Eppure ringraziare significa ricevere ancora doni: il samaritano pregando ricevette la salute, ma ringraziando ebbe in dono la fede. Proviamo a pregare con fede: “Ti ringrazio, mio Dio, di avermi creato”, di avermi dato il dono della vita, della fede, della speranza. Diceva santa Teresa alle sue consorelle: “Tutto è grazia”, e quindi dobbiamo sempre ringraziare! BUONA VITA
