La Domenica di Don Galeone: ” … è a tutti evidente che cristiani non si nasce, ma si diventa!”

8 Gennaio 2023 - 11:34

Celebrando la festa del Battesimo di Gesù, inevitabilmente il pensiero va al nostro Battesimo, al giorno in cui ci è stato cancellato il peccato originale e siamo divenuti figli di Dio. 

8 gennaio 2023 ✶ Dal battesimo di acqua al battesimo in Spirito

Prima lettura: Ecco il mio servo nel quale mi sono compiaciuto (Is 42,1). Seconda lettura: Dio consacrò in Spirito Santo Gesù di Nazaret (At 10,34). Terza lettura: Appena battezzato, Gesù vide lo Spirito di Dio su di sé (Mt 3,13).

Il battesimo: una scelta e un impegno più che una data e una festa

Se chiedessimo: “Cos’è il battesimo?”, avremmo qualche risposta, perché “battesimo” e “battezzare” sono termini ricorrenti; significano: iniziare, inaugurare; abbiamo così il battesimo dell’aria, di una nave, di un bambino. Battesimo significa inizio. Il sacramento del battesimo ci rende figli di Dio non in senso naturale ma adottivo; l’adozione non è solo esteriore ma interiore, per cui possiamo rivolgerci a Dio e chiamarlo Padre. Questa è la nostra nuova dignità: formiamo la famiglia di Dio. Chi ha adottato un bambino, può meglio comprendere questa verità. Non si tratta di un’adozione a distanza, ma Dio chiama noi, estranei, nella sua casa, e ci dà tutto: nome, cognome, affetto, vita eterna. Questa scena del battesimo è stata scritta per noi, perché almeno una volta all’anno facciamo memoria di questa misteriosa e dimenticata adozione. Purtroppo, nessuno di noi ricorda il giorno del suo battesimo. È un male! Chi di noi ricorda di essere stato profumato con olio benedetto, di avere ricevuto una veste bianca, di avere promesso di seguire Cristo e di rinunziare al male? Ricordi lontani, e perciò è urgente riflettere su quell’inizio della nostra storia di salvezza: da quel momento siamo entrati nella Chiesa, famiglia di Dio. Il battesimo di acqua, di privilegio, di separazione, lo hanno chiesto altri per noi; ma il battesimo di fuoco, di consacrazione, di testimonianza, dobbiamo chiederlo noi.

Nati e vissuti in una religiosità senza fede, in una cristianità senza cristianesimo, dobbiamo riscoprire, come i neocatecumenali, le esigenze e la grandezza della nostra fede. “Riconosci, o cristiano, la tua dignità”. E’ difficile, perché viviamo in una religiosità scenografica, folcloristica, postcristiana, ricca di giocattoli religiosi, ma povera di valori autentici. Se pensiamo che la famiglia non è più oggi l’unica agenzia educativa; che i genitori non possono fare scelte definitive per i figli; che molti figli non avranno un’educazione religiosa; che molti genitori chiedono il battesimo per paura o per tradizione o per convenienza (un padrino importante!); se pensiamo che la legge 194 sull’aborto provoca un calo demografico; che dobbiamo convivere con culture e religioni diverse dalla nostra; che verrà introdotta anche in Italia la legge sull’eutanasia, come già è approvata la legge sulle fecondazione eterologa; se pensiamo che solo il 15% di giovani fa riferimento al Vangelo nella vita; che il 70% rifiuta l’etica della Chiesa; che l’80% si stacca dalla parrocchia dopo la cresima … è a tutti evidente che cristiani non si nasce, ma si diventa!

Il battesimo di Agostino  I cristiani sono una razza in estinzione? Qualcuno lo sostiene. Tempo di crisi, ma anche possibilità di scelte radicali per Cristo. Diventa sempre più necessario, sotto la dittatura impersonale del Grande Fratello, schierarsi, scegliere, compromettersi. Aut aut! Questo fece Agostino quando decise di ricevere il battesimo dal vescovo di Milano, Ambrogio. Mi piace ricordare quella scelta, come la descrive nel libro IX delle Confessiones. Nella notte pasquale dal 24 al 25 aprile del 387, Agostino fu battezzato insieme al figlio quattordicenne Adeodato. Agostino ha 33 anni! Il battesimo allora veniva a conclusione di una veglia di preghiere, di riti, di canti, che durava sino all’alba. Rivolto all’Occidente, dove la luce tramonta, e perciò simbolo del male, Agostino promette di rinunciare al demonio; poi, rivolto all’Oriente, dove la luce sorge, e perciò simbolo del bene, Agostino promette di seguire Cristo. Poi scende nella vasca battesimale. Intanto gli chiedeva il vescovo Ambrogio: “Credi in Dio? Nel Signore Gesù? Nello Spirito Santo?”. Ed egli accompagnò la triplice risposta “Credo” con una triplice immersione. Uscito dall’acqua, Ambrogio lo rivestì di una veste bianca, gli lavò i piedi, lo segnò con il santo crisma; infine, accompagnò tutti i battezzati nella Basilica maggiore per l’eucaristia. Il ricordo di quella notte non si cancellò più dalla sua anima: “Fummo battezzati e scomparve così ogni nostra preoccupazione riguardante la mia vita passata. Quanto ho pianto di profonda commozione! Mentre le lacrime scorrevano, io sentivo una grande felicità”.

Il battesimo: non un privilegio ma una missione   La lettura del brano di Isaia ci presenta un panorama di dimensioni universali; esso prevede una sola famiglia umana, sotto il segno della giustizia, della fraternità, della pace. Il punto di riferimento è il Regno di Dio, la sua realizzazione sulla terra. Il cristiano che preferisce riferirsi solo alla Chiesa, rischia di confondere la parte (la Chiesa) con il tutto (il Regno): la Chiesa è nel Regno, dentro il quale essa ha senso, fuori del quale nessun senso. Il compito di un credente è di mettersi al servizio della giustizia; se smarriamo questa verità, corriamo il rischio di diventare centro di coagulo di tutti gli istinti particolaristici; sotto i simulacri religiosi possono condensarsi le forze del male. Questo pericolo fu avvertito anche dalle prime comunità cristiane. Quando Pietro si recò dal centurione romano (un pagano!), i cristiani rimasero scandalizzati di questa sua apertura , e Pietro pronunciò questa verità innovativa: “In verità, ho capito che Dio non fa preferenze di persone: chi pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto”. Pietro comprende che non deve portare il Regno di Dio, perché il Regno di Dio è già presente; non deve spingere a entrare in nessuna Chiesa, perché l’amore di Dio tutti com-prende e tutti siamo in-scritti nel cerchio del suo amore. Più che verità da annunciare, noi abbiamo verità da accogliere; dalle nazioni cosiddette pagane vengono a noi messaggi di bontà che solo la nostra arroganza non riesce a vedere. Quando un credente si appropria della Parola di Dio, può diventare pericoloso; la storia dell’umanità è piena di apostoli aggressori, che non hanno saputo leggere la presenza di Dio nelle altre culture e religioni; sono andati fra i negri o i gialli portando la verità cristiana, senza avere ascoltato quanto lo Spirito aveva maturato tra loro fin da millenni, e perciò hanno rubato, in nome del battesimo, persino il nome e cognome di famiglia ai battezzati, per significare che essi facevano parte ormai di un altro mondo, il mondo cattolico appunto!

Gesù si è messo in fila!   Il battesimo può avere due significati: uno di segregazione e di privilegio, e quindi di alimento sacro degli istinti di potenza; l’altro di consacrazione e di missione, perché si realizzi la pace e la giustizia. Non dobbiamo comportarci come quei cattivi maestri che aspettano l’occasione buona per addottrinare il discepolo, ma come Pietro, che legge la storia alla luce dello Spirito. Dio ci attende per contestarci! Noi oggi viviamo una salutare crisi: da un’appartenenza alla Chiesa di tipo sacrale e sacramentale, noi passiamo ad un’appartenenza alla Chiesa di tipo interiore e responsabile: come Gesù battezzato, consacrato ed inviato ai fratelli. Essere battezzati vuol dire essere mandati; il battesimo è una consacrazione: come Gesù, siamo inviati nel mondo, a denunciare il male, ad annunciare la liberazione. Siamo stati abituati a operare discriminazioni nella vita e nella Chiesa; siamo stati abituati a parlare di lontani e di vicini, di credenti e di non- credenti, di giusti e di peccatori … Queste discriminazioni vanno superate. Dobbiamo ripeterci la verità di Pietro: “Dio non fa preferenze di persone: chi pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto”. Questa apertura non è irenismo superficiale; è un modo profondo di entrare in rapporto con l’altro; le altre distinzioni sono importanti, ma vengono tutte dopo. Gesù si è messo in fila. La scena doveva provocare scandalo ai primi credenti: il Gesù della risurrezione in fila insieme ai peccatori, e nemmeno al primo posto. Siamo disposti a vederlo anche nella gloria della sofferenza della croce (che è sempre grandiosa!), ma uno in fila, all’ultimo posto, o a tavola con i peccatori … tutto questo facciamo fatica a crederlo. Gesù si è messo in fila, non ha avuto nemmeno il primo posto, ma è stato ultimo tra gli ultimi, e per questo Dio lo ha esaltato: “Ecco il mio Figlio prediletto”. Se avremo fatto, oltre alle processioni e alle liturgie, ai canti e alle incensazioni, anche tanti servizi ai fratelli bisognosi, anche noi ascolteremo le parole del Padre: “Ecco il mio figlio prediletto”. Non ci è lecito cantare il nostro bel gregoriano, se non dopo avere lottato contro ogni forma di sofferenza. BUONA VITA!