LA NOTA DI GIANLUIGI GUARINO. Don Antonio Lucariello è scorretto, bugiardo e codino. Gli piacciono gli imprenditori milionari e sulla notizia dei Nas è scappato per non confrontarsi con Casertace

17 Gennaio 2025 - 16:36

NON DIMENTICARTI DI SEGUIRE CASERTACE NELLA COMMUNITY WHASTAPP
CLICCA QUI -> https://chat.whatsapp.com/DAgb4AcxtG8EPlKwcTpX20

Questo è il locale dove si svolgeva il servizio di volontariato sotto la Chiesa di Carinaro.
A seguito dell’intervento dei Nas sono stati rimossi anche gli avvisi che – a caratteri cubitali – informavano la cittadinanza che il cibo poteva essere consumato anche dopo la data di scadenza

CARINARO (Gianluigi Guarino) – Che un certo tipo di clero rappresenti il virus più tossico della Chiesa Cattolica e dell’esercizio della fede non l’abbiamo detto noi, ma l’ha sostenuto il Papa in persona, richiamando più volte vescovi, parroci e anche cardinali ad atteggiamenti meno legati al secolo, cioè alle cose materiali, e più attivi nella cura della dottrina, di una spiritualità da testimoniare attraverso il linguaggio dei semplici che guarda in alto e non in basso e neppure in orizzontale.

Don Antonio Lucariello è un sacerdote anche stimato a Carinaro, ma che per i nostri gusti (che ricalcano quelli del Santo Padre, il cui dettato testimoniale apprezziamo e seguiamo con grande attenzione) flirta troppo con gli imprenditori, quelli del soldo, quelli della beneficenza non discreta, bensì ostentata a scopo di autopromozione.
In passato, ad esempio, c’è capitato di conoscere e anche di far cenno a forme di esposizione secondo noi mal concepita della fede popolare.
Per esempio, queste “mazze di Sant’Eufemia” che consistono, in pratica, nel diritto di assumere l’esclusiva dell’attività degli accollatori della santa, rappresentano un rito che evoca un nervo scoperto dell’intera storia della Chiesa e delle chiese.
Don

Antonio Lucariello dovrebbe sapere, per gli studi teologici che ha compiuto, che i grandi scismi sono avvenuti proprio sul terreno di quella che altri popoli e altri interpreti della fede cristiana hanno bollato come idolatria.

Con tutto il rispetto per l’imprenditore Ferdinando Canciello e del signor Mattiello, marito della sindaca di Carinaro Marianna Dell’Aprovitola, le aste si fanno per il palo della cuccagna a Carnevale non per portare a spalla una santa che – attenzione, bisognerebbe sempre ricordare questa ovvietà dottrinale – non è, come tale, la protagonista, l’attrice principale dell’espressione piena di chi crede, ma è solo il soggetto che intercede presso l’altissimo affinché le preghiere siano esaudite.

Quindi, più bagattelle si organizzano attorno alla venerazione di un santo o di una santa e più si disperde il senso fondamentale di quello che dovrebbe esserne il culto.

La Chiesa cattolica ha vissuto momenti veramente complicati quando masse di persone hanno costruito un rapporto con i Santi patroni o con le Sante patrone assolutamente fine a se stesso.
Per cui, queste mazze di Sant’Eufemia, aggiudicate un anno ad un milionario, un altro anno ad un imprenditore che se l’è passata male per un periodo e ora invece se la passa molto bene con la moglie sindaca di Carinaro, rappresentano un pericolo di scivolamento delle attenzioni dei fedeli esclusivamente verso l’immagine fisica di una Santa attorno alla quale ci sono troppe cose pagane, le bagattelle di cui prima, che hanno a che fare con il soldo.

Anche perché, a dirla tutta, avendo letto in sintesi l’agiografia di Santa Eufemia le sue spoglie, arrivate sulla spiaggia di Rovigno in Istria, trasportate da Costantinopoli, resistettero all’utilizzo di possenti macchine da trasporto rimanendo ferme immobili fino a quando la semplicità di un fanciullo con due giumente riuscì prodigiosamente a muovere i resti della santa.

Il che è esattamente il contrario di quello che succede ogni anno a Carinaro, quando le possenti macchine da trasporto del tempo presente, costituite da imprenditori potenti, si aggiudicano a colpi di quattrini la possibilità di muovere in spalla l’immagine di Sant’Eufemia.

Essendo questa la concezione molto secolare e anche un po’ pagana del culto della santa patrona, non stupisce (almeno) l’idea che una questione dibattuta possa essere affrontata in maniera non lineare da don Antonio Lucariello. Non stupisce, in sostanza, che il parroco compia un atto di evidente scorrettezza nel momento in cui evita di confrontare la sua posizione, le sue idee, sulla vicenda della visita dei Nas dei Carabinieri nella sede dell’associazione Carità con chi la notizia l’ha data (ossia Casertace), scegliendo invece con un altro organo di informazione che gli torna comodo e con il quale sa bene che non incrocerà un confronto dialettico rispettoso ma non certo collegato all’obiettivo di estrarre momenti di verità da un dialogo, che è ricchezza di per sé, a differenza di ciò che è il monologo da lui realizzato davanti alla telecamera.

Anche questa cosa, ossia la professione di inortodossia di una risposta data ad un giornale diverso da quello che ha pubblicato la notizia (e che non dovrebbe per etica professionale accettare una replica ad una cosa di cui si è occupato in prima battuta un altro organo di informazione), restituisce l’immagine di un prete abituato a non essere messo in discussione. Ma siccome noi di preti ce ne intendiamo, siccome il sottoscritto è nato e vissuto in una casa di sacerdoti illuminati grazie ai quali ho conosciuto tante tonache di professione, tanti avanzi di sagrestia, cioè tanti soggetti su cui era lecito dubitare finanche dell’esistenza di una fede, non soffriamo di alcun tipo di sudditanza. Al contrario, come ben sanno i nostri lettori e tanti “vescovi-conti” che in questo tempo continuano a guardare troppo alla borsa e non al cielo e a cui non abbiamo risparmiato mai critiche, Casertace rifugge l’idea dell’intoccabilità di una tonaca, perché una tonaca che pecca fa peccato cento volte in più di uno che la tonaca non porta.
Don Antonio Lucariello impari l’educazione e l’etica che lo avrebbe dovuto portare a replicare all’articolo presso chi l’ha scritto, com’è giusto e serio che sia, e che oggi ne rivendica in pieno il contenuto.

I Nas, infatti, per assumere quel provvedimento di chiusura hanno dovuto necessariamente rinvenire alimenti quantomeno mal conservati che avrebbero potuto nuocere alla salute di chi era destinato a consumarli.
Poi scaduti, o non scaduti, fa poca differenza. Nas, non a caso, significa Nucleo Antisofisticazioni e Sanità.
Questo prete non ci piaceva prima, cioè quando ci siamo fatti spiegare cosa diavolo fosse questa “mazza di Sant’Eufemia”, e non ci piace a maggior ragione oggi nel momento in cui, codinamente, è scappato dal confronto con il giornale che aveva pubblicato una notizia che lo riguardava.

Evidentemente a Carinaro ci deve essere una tradizione di sacerdoti secolari. E probabilmente il loro riferimento strutturale, il cardinale Crescenzio Sepe, colui che da vescovo gestì decine e decine di miliardi di vecchie lire nel Giubileo dell’anno 2000, costituisce un vivido esempio che però non rinfocola certo l’ardore cristiano di chi non può riconoscersi in pastori che invece di guidare il gregge, vanno continuamente a caccia di quattrini.
Invece di indugiare nei suoi comodi monologhi senza contradditorio, don Antonio Lucariello rifletta sul post di Facebook firmato da quelli dell’associazione Carità che non muovono un passo senza la sua autorizzazione. Le bugie non si dicono, don Antonio. Non le devono dire i laici, figuriamoci i sacerdoti.
La Festa di Sant’Antonio Abate fissata per oggi non è stata rinviata per il maltempo e per il freddo perché il buon Sant’Antuono pur avendo vissuto tutta la sua vita in un caldo deserto, ha voluto morire il 17 gennaio. Giorno in cui cade la ricorrenza a lui dedicata. E il 17 gennaio nell’emisfero boreale è uno dei cosiddetti giorni della merla, cioè i più freddi di tutto l’anno.
Magari, don Antonio, se chiedesse a qualche suo confratello in questi giorni di confessarlo male non farebbe.
La festa di Sant’Antonio Abate non si è svolta per il problema dei Nas. Lei è stato spiazzato dall’articolo di Casertace perché riteneva che la balla del freddo potesse rappresentare una verità ufficiale, che magari in tanti riconosceva come non vera, non reale, ma che nessuno avrebbe contestato.

Peraltro, a voler mettere una staffa sulla certezza della bugia espressa nel post, c’è un dato incontestabile:

Ma con noi, caro don Antonio, casca proprio male.