LA NOTA. Scandalo delle toghe, coinvolto anche il pm casertano Cesare Sirignano. Anche i magistrati sono italians e dunque piantiamola di dichiararci stupiti
3 Giugno 2019 - 14:45
CASERTA – (Gianluigi Guarino) Non si capisce per quale motivo ci si stupisca di fronte ai testi delle telefonate, l’ultima delle quali coinvolge anche il valoroso pm antimafia casertano Cesare Sirignano (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO DE IL FATTO QUOTIDIANO), intercettate tra i magistrati, finiti sul registro degli indagati o comunque al centro delle cronache, ioooooo per l’ormai arcinota vicenda delle presunte corruzioni e delle presunte manovre finalizzate a raggiungere, con qualche colpo basso, l’obiettivo della nomina, a Roma e a Perugia, di nuovi procuratori della repubblica appartenenti alla propria corrente, nel caso specifico a quella di Unicost, capeggiata proprio da quel Luca Palamara, leader e guida, per qualche anno, dell’Anm, che sta per Associazione nazionale magistrati.
Ci si stupisce come se i magistrati avessero un dna diverso da quello degli altri italians.
Sono italiani, il popolo dell’aumm aumm, dei percorsi tortuosi, delle scorciatoie e dei giochi di abilità. Noi italians non conosciamo, nell’accezione reale, seria ed etimologica di questo verbo, il concetto di trasparenza. Sappiamo, però, che le regole non scritte, ma potentissime, molto più di una qualsiasi legge codificata, del conformismo imperante, ci obbligano a pronunciare retoricamente la parola trasparenza, almeno 20 volte al giorno, come si fa con gli atti penitenziari di quelle confessioni a cui ci si sottopone per prendere la comunione in chiesa, anche non sapendo cosa sia il pane azzimo, figuriamoci la simbologia del Corpo di Cristo.
Insomma, bisogna dire a tutti che nel proprio lavoro, nella propria casa, nella propria famiglia si è limpidi, appunto, trasparenti.
Si dice continuamente, lo si ripete come si usa con un mantra, proprio perchè non si fa, perchè nel 99% dei casi si tratta di un esercizio rituale tanto diffuso da essersi declassificato, in forza della sua consuetudine, dalla sua collocazione all’interno della categoria viziosa occupata dagli ipocriti. Perchè tutti o quasi tutti, a partire dai cosiddetti alti livelli istituzionali, fino ad arrivare all’ultimo falso disoccupato o falso invalido, predichiamo e poi non razzoliamo di conseguenza.
E allora, per quale motivo, nel paese, magnificamente sintetizzato da Elio e dalle sue Storie Tese, in quella chiamata al disimpegno del “se famo due ‘spaghi” (CLICCA QUI PER ASCOLTARE); per quale motivo nell’Italia in cui si fa finta di non sapere che non c’è un posto di lavoro nel settore pubblico e privato che non sia determinato dalla proverbiale spintarella, termine coniato, in maniera originale, proprio qui da noi, in quanto serviva a descrivere un costume tanto tipico quanto diffuso, da essere diventato, avrebbero detto i latini, “more solito“; ripetiamo, per quale motivo, i magistrati dovrebbero essere esenti da questi vizi collettivi?
Sono nati in Svezia, per caso? Sono stati tolti in culla ai loro genitori, ancora nel tempo dell’immemoratezza neonatale, e deportati per caso in un college delle montagne rocciose, dove hanno costruito una memoria, la loro identità, non conoscendo quella frutto della biologia del dna e della patologia delle prassi, che determinano tutti i fatti del paese in cui sono nati, a partire dalla prima raccomandazione, al rito iniziatico della spintarella utile, magari a iscriversi alla prima elementare, anche se il dato anagrafico non lo consentirebbe?
Sul perchè, abbiamo una convinzione: la funzione della magistratura che imporrebbe, non solo una considerazione ed una pratica esistenziali escatologiche rispetto al primato della legge, che sono chiamati a custodire, applicare, ma che, ancor di più, sono obbligati a rispettare come e ancor più rispetto ad ogni altro cittadino, perchè così c’è scritto, cioè che “è uguale per tutti“, in ogni aula di tribunale, ma dovrebbero dare anche di più, dovrebbero diventare, ce l’hanno ripetuto i vari presidenti della repubblica, anche loro italians e spesso grandi predicatori e pessimi razzolatori, dei sacerdoti del buon vivere, un esempio che diventa una sorta di icona del buon vivere, allargando il perimetro del semplice rispetto della legge e occupando quelli più complesso e controverso della morale, dell’etica pubblica, della religione laica.
Dunque, la figura del magistrato, che è un italians, nato, cresciuto e pasciuto in questo paese, incrociando e conoscendo tutte le sue pessime abitudini, c’è bisogno di un surplus di retorica, di un surplus di ipocrisia. E allora rimanendo dentro alle citazioni prosaiche di tipo musicale, è chiaro che di fronte a questa necessità farisaica, “tutti i…cretini fanno ohhhh“, fingendo di stupirsi perchè Palamara e ora anche Cesare Sirignano, facevano la politica al telefono come la può fare un qualsiasi capo partito o capo corrente o consigliere comunale di un paesino qualsiasi.
In realtà, mentre timbriamo il cartellino del conformismo, fingendo di stupirci, ce la ridiamo tutti un pò sotto i baffi, perchè, terza citazione prosaica, uno dei giocatori d’azzardo del mitico film “Febbre da cavallo“, avrebbe detto “E vai col tango” (CLICCA QUI PER VEDERE), “Anche il giudice è dei nostri“, quando un grandissimo Adolfo Celi, magistrato giudicante, tirava fuori dal suo cassetto il giornale degli ippodromi per contestare alcune frasi, alcune valutazioni, espresse dai vari “er pomata“, Armandino e Fioretti, sui tempi e sulle prestazioni di purosangue e di ronzini.
Diciamocela tutta: questi articoli sullo scandalo delle toghe sono stati letti avidamente soprattutto dai tanti ladroni, dai tanti lacchè e i tanti furbastri del Bel Paese. Li hanno letti insieme ai loro amici, insieme alla combriccola di quelli che hanno fatto carriera con l’imbroglio e con la furbizia.
L’hanno letto in comitiva, dando di gomito al vicino di tavolo e al vicino di desktop e con quel sorrisino stampato sul volto, tipico di chi trova una ragione, quella della conferma su un‘identità nazionale fondata sulla trastola. Quelli là, negli ultimi giorni, si sentono molto meglio, si sentono molto più italiani tra gli italiani perchè la caratteristica etnica di questo popolo prevale definitivamente, sublimandosi in un processo di immedesimazione con chi simbolicamente, ancor più che materialmente, dovrebbe rappresentare il difensore del bene contro il male. Il made in italians prevale su ogni discrimine culturale, professionale e ci affratella tutti in un unico abbraccio che assomiglia ad una vera e propria orgia.