L’IMBROGLIO INTERPORTO-COMUNE DI MARCIANISE. Le gravi accuse, non penali ma etico-professionali, del Gip a Luigi D’Angiolella. L’Ordine degli Avvocati cosa fa? Un tubo
9 Settembre 2019 - 18:06
MARCIANISE – Le pagine 126-127 dell’ordinanza sull’affaire Interporto-Comune di Marcianise ha come ospite d’onore (si fa per dire) il mitico avvocato Luigi Maria D’Angiolella, conosciuto dai lettori di Casertace per i molti articoli che gli abbiamo dedicato soprattutto intorno alla vicenda di cui continuiamo a scrivere in questi giorni, ma anche in una roba gemella o quasi, come quella rappresentata dagli incarichi assunti da D’Angiolella nell’ambito dell’Asi ed entità politico-amministrative limitrofe.
Ah, dimenticavamo: alle prossime elezioni regionali D’Angiolella dovrebbe dare una mano alla figlia dell’ugualmente mitico presidente del Consorzio Idrico Pasquale De Biasio.
Questa si presenterà con il Pd o con una lista satellite e il papà, che ha scelto di farle fare le ossa proprio nello studio di D’Angiolella a Caserta, chiederà un’ulteriore mano al professionista, che considera un amico che, non sappiamo il motivo, non può dirgli di no.
Esaurita la presentazione, veniamo al punto.
Al sottoscritto piace proprio come ragiona, nella sua ordinanza, il giudice Orazio Rossi.
Mi piace perché ha un’impostazione etico-filosofica attraverso la quale, per ogni argomentazione, si coglie la necessità orgogliosa di fornire a chi l’ordinanza legge motivazioni profonde e approfondite.
Come i filosofi antichi, il giudice Rossi diventa una sorta di avvocato del diavolo di sè stesso.
Si pone il problema di una elaborazione profonda della propria tesi.
E così, l’avvocato Luigi Maria D’Angiolella non è un sintomo della malattia, ma la prova provata e vivente che dietro l’abuso d’ufficio, per il quale sono stati arrestati Gennaro Spasiano, Giuseppe Barletta, Antonio Campolattano e Nicola Berti, esiste un accordo criminale in cui il privato, cioè Barletta, diventa attore co-protagonista, se non addirittura protagonista dell’architettura finalizzata all’ottenimento dei permessi a costruire illeciti.
Diremmo noi, altro che coprotagonista.
Ma il giudice è giudice e ha bisogno di rimanere legato alla lettera del diritto, anche se Orazio Rossi, a un certo punto non ce la fa più e sbotta, come potrete leggere, con un paio di interrogativi retorici che, letti dal sottoscritto, mi hanno dato un senso di fratellanza ideologica e, perché no, anche stilistica, con lui.
L’avvocato D’Angiolella, il suo essere prima fornitore di servizi immateriali, molto ben remunerati, da Barletta e Campolattano, poi consulente del Comune di Marcianise, per dare il via libera alla convenzione della vergogna, diventa per il Tribunale di S.Maria C.V. una sorta di gradiente di fusione, il collante di un concorso indiscutibile del privato in un reato tipico della pubblica amministrazione qual è l’abuso d’ufficio.
Domandina facile facile al presidente dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere, lo stimato Adolfo Russo.
Hai letto bene quello che scrive il Gip sul comportamento di D’Angiolella?
Te la voglio mettere elegante e quindi uso termini strettamente giuridici: questo contenuto, sempre secondo te, integra tutte le condizioni affinché l’Ordine degli Avvocati possa far partire una procedura disciplinare nei confronti di questo collega?
Abbiamo scoperto essere il genere del compianto professore Giuseppe Abbamonte, uno dei padri del diritto amministrativo italiano, e dunque cognato di Orazio Abbamonte, poco padre – in senso di diritto – molto figlio in senso di Abbamonte, cognome storico, autorevole, celeberrimo e scolpito nella pietra, al punto che la partita della concorrenza, in quegli studi napoletani, parte sin dagli spogliatoi con un vantaggio di 3-0.
Noi questa vicenda di D’Angiolella l’abbiamo scritta decina di volte. E fin quando scriveva Guarino, ok, è il punto di vista di un giornalista.
Ma adesso che a scriverlo è un giudice del livello di Orazio Rossi, tutt’altro che un manettaro, come ha dimostrato in tutta la sua carriera e anche in questa ordinanza, che fai, amico Adolfo, tu e il tuo sodale Iaselli, fischiate con la testa per l’aria facendo finta di niente?
Così sarà, perché questa è Caserta, questa è la Campania, questo è il Sud e questa è l’Italia.
In questo passo dell’ordinanza c’è anche la vicenda dei vigili urbani e del sequestro al tempo ordinato dalla molto compianta Pm Antonella Cantiello, a cui si deve l’inizio di questa indagine.
E anche qui rispetto a ciò che dice il giudice, ci siamo portati, a suo tempo, avanti con il lavoro. Correva l’anno 2017, mese di aprile. Questo giornale, in splendida, ma veramente splendida solitudine, raccontava del sequestro operato dai vigili urbani di Marcianise, dello scandaloso capannone di Leroy Merlin.
Come in splendida solitudine, durante quello stesso giorno, scrisse dell’apertura serale degli uffici del Comune affinché Spasiano potesse redigere il permesso a costruire, perché – spiega il giudice come noi spiegammo a suo tempo – questi qua di Leroy Merlin e dell’Interporto hanno cominciato i lavori con tanto di cantiere aperto senza avere il permesso a costruire del Comune di Marcianise.
Sembra roba pazzesca, ma è andata tragicamente così.
Non a caso, in questo articolo, abbiamo parlato sempre di Comune di Marcianise. In parte perché Spasiano, da dirigente, lo rappresentava; dall’altro perché non possiamo essere tacciati di strumentalità e di spirito di persecuzione nel momento in cui affermiamo che ai nostri occhi è impossibile che un marchingegno doloso, che implicava enormi conseguenze in termini di business e di estesa occupazione del territorio, potesse essere realizzato senza che ci fosse un pari concorso, uno speculare coprotagonismo nell’elaborazione delle strategie da adottare da parte dell’amministrazione comunale.
Una cosa molto simile, se non sovrapponibile, a quel “dolo intenzionale” che il giudice non ravvede e che è alla base della sua decisione di non allontanare, con divieto di dimora, così come aveva chiesto la Procura della Repubblica, il sindaco Velardi e i componenti della sua giunta di allora che sono ancora in carica.