Pietro Apicella “a’ Roccia”, uomo di camorra per la DDA, puntava agli appalti a San Marcellino di Anacleto Colombiano, usando il genero del sindaco Marcello Della Corte

16 Ottobre 2024 - 18:20

La chiacchierata distesa con Elisabetta Corvino e il marito Vincenzo Di Bona sul destino delle elezioni comunali a Casal di Principe. Quattro elementi nelle conversazioni che portano ad Anacleto Colombiano, ma poi a toglierci ogni dubbi ci pensano gli stessi magistrati antimafia

SAN MARCELLINO (g.g.) – Scartabellando un po’ di qua e un po’ di là nelle ordinanze che riteniamo più importanti per conoscere le dinamiche economiche che hanno portato avanti nei primi due decenni di questo secolo il clan dei Casalesi e gli imprenditori di fiducia dello stesso, ci siamo imbattuti in una conversazione tra Pietro

Apicella, detto “Pietro a’ Roccia” figlio di Vincenzo e nipote di Dante Apicella, pesantemente coinvolto in una delle ultime indagini in ordine di tempo portata avanti in grande stile dalla Direzione investigativa antimafia e provocò una vera e propria retata tra camorristi, imprenditori e imprenditori-camorristi che si muovevano sotto l’egida del citato Dante Apicella, fiduciario di Nicola Schiavone, boss e figlio di Francesco Schiavone Sandokan, co-fondatore principale del clan dei Casalesi, cosa che lui stesso ha raccontato divenendo collaboratore di giustizia, relativamente agli appalti pubblici nell’agro Aversano.

ELISABETTA CORVINO E LA REPUTAZIONE DI APICELLA

Noi non sappiamo se la reputazione di Pietro Apicella fosse nota alla preside di scuola Elisabetta Corvino, candidata a sindaco sconfitta per soli 9 voti da Ottavio Corvino, e se la reputazione fosse nota anche al marito, Vincenzo Di Bona. Fatto sta che nel luglio 2019 i coniugi conversano amichevolmente con Pietro Apicella, il cui mestiere fondamentale è quello di collaboratore di campo dello zio, l’imprenditore di camorra Dante Apicella.

Parlano delle elezioni comunali dell’epoca, vinte da Renato Natale e perse dal centrodestra, secondo Corvino, incapace di presentarsi unito per i colpi di testa di Luigi Petrillo.

LA “GENTE SERIA” NEGLI APPALTI

Va presa con le molle, invece, la parte che conduce, coinvolgendolo solo indirettamente, alla persona di Anacleto Colombiano, sindaco di San Marcellino al tempo, sindaco di San Marcellino oggi, nonché presidente dell’Ato provinciale delle acque per volere esclusivo di Giovanni Zannini, al quale Colombiano è legato non a doppio, bensì a triplo filo.

Pietro Apicella parla con un interlocutore non identificato e coinvolge un tal Marcello, affermando che c’è una gara d’appalto in scadenza a cui sta partecipando – testuali parole di Apicella – “gente seria“. Che francamente, non volendo attivare automaticamente la cultura del sospetto, in gergo camorristico la “gente seria” può identificarsi in persone, imprenditori nel perimetro di camorra.

All’inizio non è chiaro né chi sia Marcello, né dove si stia svolgendo la gara. Ma proseguendo la conversazione, Pietro Apicella dice al suo interlocutore che lui avrebbe fatto arrivare una comunicazione “tramite Marcello che è il marito della figlia“.

Questa affermazione consente di capire un po’ meglio l’identità di chi viene chiamato in causa. Ma un po’ meglio è una cosa, ben altra cosa è la certezza. Ma un passetto in avanti in questa strada viene tramite l’analisi di quanto detto da un interlocutore di Pietro Apicella.

IL LAVORO AD AVELLINO

L’Apicella e il suo compagno di chiacchiere abbandonano l’argomento della gara d’appalto in cui sarebbe in ballo la “gente seria” e si soffermano sull’attività professionale del sindaco in questione che proprio in quel periodo starebbe compiendo dei lavori ad Avellino. Le prime battute della chiacchierata, le seconde battute e anche questa terza battuta a cui noi possiamo dare un supporto, visto che proprio nel 2019 scriviamo di appalti vinti dalla famiglia di Anacleto Colombiano con quella che allora era l’Air, l’azienda speciale della regione che si occupava di cose del tutto diverse rispetto ad oggi, ossia i trasporti pubblici su gomma.

In quegli articoli ponemmo il problema di un’incompatibilità tra la carica di sindaco di San Marcellino con la funzione di imprenditore che Anacleto Colombiano svolgeva assieme ai suoi fratelli e la potestà di ente appaltante di un’azienda speciale il cui 100% delle quote era allora come oggi nelle mani della regione Campania che può essere, anzi diventa quasi sempre, interlocutore diretto, controparte o partner di un comune, di un’amministrazione, del suo sindaco pro tempore.

Colombiano ci rimase male, presentò una querela a cui poi sono seguite altre, ma questo, sia detto per inciso rapidamente, non ci fa né caldo né freddo.

Ma è una conversazione molto ampia tra Apicella e il mister ics non identificato che entrano anche nelle vicende del comune di San Marcellino che, ricordiamo, nel 2019 funzionava con una dinamica più genuinamente democratica, in quanto esisteva una maggioranza, capitanata dal sindaco Colombiano, e una minoranza. Cosa che non si è verificata nella consiliatura successiva, quella in corso, visto che Colombiano governa da monarca assoluta, essendosi aggiudicato le elezioni comunali a mani basse, senza il fastidio di dover competere anche con una sola lista avversaria.

In quell’estate 2019 si era evidentemente registrata nella maggioranza Colombiano un po’ di maretta e un certo Anacleto, chissà, forse c’è un sostenitore dell’Anacleto Colombiano sindaco con lo stesso nome, contattato da un tal Barone mentre era in vacanza in un lido, aveva confermato la riappacificazione in consiglio comunale.

QUATTRO ELEMENTI NON FANNO CERTEZZA, PERO’…

Noi dobbiamo affermare, in quanto garantisti, che se esiste una possibilità in base agli elementi ora esposti che Pietro Apicella si riferisse a Colombiano sindaco, al comune di San Marcellino, quando parlava al suo interlocutore della gara a cui partecipava “gente seria” e per la quale era stato chiesto a tal Marcello di fare da trait d’union con l’amministrazione e della pace fatta in consiglio raccontata da Anacleto, bisogna dire forte e chiaro che una cosa è la possibilità, una cosa è la certezza.

L’apparenza esiste, la certezza assolutamente no in questa pagina 818 della famosissima ordinanza che ha messo insieme il lavoro dei carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta su Nicola Schiavone Monaciello e sulla rete corrutiva per i mega appalti di RFI e le faccende non meno significative del sistema delle gare pubbliche, delle gare d’appalto nei comuni dell’agro Aversano e non solo, stavolta con il contributo investigativo della Dia e imperniata sulla figura di Dante Apicella, coadiuvato da tutta la sua famiglia, tra cui il nipote Pietro di cui stiamo scrivendo.

Ma l’ordinanza non finisce a pagina 818, ma contiene anche una pagina 1291 e una pagina 1292.

Data 9 luglio, sempre del 2019. Pietro Apicella conversa amabilmente (come piaceva fare in quei giorni) stavolta con un tale Franco. Ed ecco di nuovo entrare il solito Marcello. Stavolta il suo nome balla sulle labbra di Franco, il quale evidentemente sembra essere molto interessato alle dinamiche delle gare d’appalto in un comune in particolare nel quale il citato Marcello avrebbe importanti conoscenze che gli consentirebbero di sapere informazioni sui lavori da bandire tramite gare d’appalto e quelli in corso.

MARCELLO CHI È? NON CASERTACE, MA LA DDA…

A questo punto, la sintesi compiuta non da noi, bensì dalla DDA. I magistrati antimafia ritengano che si stia parlando proprio del sindaco di San Marcellino che il 9 luglio 2019 era proprio Anacleto Colombiano.

Ma Marcello a questo punto, per essere considerato dal camorrista Pietro Apicella e dall’interlocutore Franco un uomo che conosce le gare d’appalto di San Marcellino, chi era? Che diavolo di cognome aveva? Quale funzione svolgeva per sapere tale informazioni?

Ci soccorre di nuovo la DDA la quale, come nei migliori gialli, alla fine svela l’identità misteriosa e lo fa proprio a pagina 1292 dell’ordinanza Monaciello-Apicella: trattasi di Marcello Della Corte, genero del sindaco Anacleto Colombiano, a questo punto la forte possibilità è diventata certezza, in quanto è sposato con la figlia, Maria Antonietta Colombiano.

Se stasera Anacleto Colombiano vuole favorirci come quello propinatoci l’altra sera in un suo post e che poi lo stesso limone che ci vuole infliggere il suo maestro, Giovanni Zannini, restiamo a disposizione dato che, pur essendo il sottoscritto un pregiudicato, in termini tecnici per reati d’opinione, follemente ancora non depenalizzati, nonostante ci sia una legge in Parlamento da anni, di solito io e i miei parenti non finiamo “in bocca” ai camorristi in quanto possibili interlocutori per facilitare appalti pubblici, magari a favore di “gente seria”.

Per cui, dopo aver scritto un articolo del genere, il limone, agrume disinfettante per antonomasia, ci sta proprio bene.