GUERRA DI CAMORRA. Condannato a trent’anni killer nella faida Belforte vs.Piccolo-Letizia. DNA sul passamontagna, i testimoni e le parole dei pentiti

8 Giugno 2024 - 16:46

RECALE – I giudici della Prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno confermato la condanna a 30 anni di carcere nei confronti di Antimo Mastroianni, emessa dalla corte di assise di Appello di Napoli il 23 marzo di un anno fa relativamente alla sua partecipazione all’omicidio di Luca Famiano avvenuto il 1996.

Rigettato, quindi, il ricorso del 59enne, condannato già per la sua partecipazione al clan Perreca di Recale.

I giudici dell’ultima istanza hanno chiarito che la responsabilità di Mastroianni nell’omicidio si era sviluppata dopo le dichiarazioni di alcuni testimoni, quelle di più collaboratori di giustizia e dalla presenza del DNA del 59enne su un passamontagna trovato dagli inquirenti nei pressi dell’auto utilizzata per l’agguato, una Lancia Thema abbandonata insieme alle armi.

Nel raid di fuoco contro Famiano, rimasero ferite dagli spari anche le sue nipoti.

I collaboratori di giustizia Antonio Gerardi e Pietro Nocera hanno riferito che l’omicidio si collocava nella faida tra il clan Belforte e i Piccolo Letizia, legati ai Perreca di Recale, di cui faceva parte Famiano prima di decidere di passare con il Belforte.

Ricordiamo che per il delitto nel giugno di un anno fa la corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato all’ergastolo Antimo Perreca, noto anche come O’Romano, boss dell’omonimo clan di Recale.

LA STORIA DELL’OMICIDIO FAMIANO

Il delitto si inquadra nell’ambito della cruenta faida che, al fine di stabilire il predominio criminale su Caserta e comuni limitrofi, ha visto fronteggiarsi per oltre un ventennio, dal 1986 al 2007, due potenti fazioni camorristiche: il gruppo “Belforte” alias “Mazzacane”, di estrazione cutoliana, e il gruppo “Piccolo-Letizia” alias “Quaqquaroni”,confederato con il clan “Perreca” di Recale. Al tempo, lo scontro tra i clan raggiunse livelli di violenza tali che, nel gennaio del 1998, indussero l’allora Prefetto di Caserta ad emettere quella che fu battezzata come “ilcoprifuoco anti-camorra”, ovverosia un’Ordinanza, prima del genere dalla seconda guerra mondiale, con la quale fu disposta per 20 giorni la chiusura di bar e circoli a Marcianise dopo le ore 22.00.

In tale cornice criminale, come ricostruito dalla Squadra Mobile di Caserta, cui sono state delegate le indagini, il 31 luglio del 1996 FAMIANO Luca fu ucciso perché era transitato dal clan “Piccolo-Perreca” a quello rivale dei “Belforte”. In particolare, un gruppo di persone, incappucciate e armate di pistole e mitra, intorno alle ore 8.00 di quel giorno, tesero un agguato al FAMIANO nel mentre, in macchina con la sua convivente, si trovava nei pressi della propria abitazione di S. Clemente di Caserta. Era seguito a ruota da un’altra macchina su cui viaggiavano suo cognato, la fidanzata e due sue nipoti. I criminali fecero fuoco all’impazzata sulle auto con i mitra e le pistole, determinando il quasi immediato decesso del FAMIANO, morto poco dopo in ospedale, e il ferimento grave delle sue nipoti. Dopo il raid, i delinquenti si dileguarono a bordo di un’auto scura di grossa cilindrata, poi risultata una Lancia Thema rubata alcuni giorni prima. Durante la fuga, detta autovettura fu notata e inseguita da una volante della Polizia che, tuttavia, non riuscì a fermarla a causa dell’azione di disturbo realizzata da un’altra macchina; per ciò, il relativo conducente fu arrestato. Tuttavia, poco dopo la Lancia Thema fu individuata, ormai abbandonata. Al suo interno furono sequestrati numerosi oggetti riconducibili ai killers, tra i quali passamontagna, guanti e altro, oltre ad alcune munizioni cal. 7.62×39 (il calibro tipico del kalashnikov).

CLICCA E LEGGI LA SENTENZA