LE FOTO. CAPUA. Mister legalità Adolfo Villani andasse a vedere cosa succede nella monnezzeria di Via Lazzaro di Raimo. Sito di stoccaggio abusivo, senza vasche Imhoff, senza scarico in fogna, senza pozzetti. Dovrebbe avere un quarto dei nostri attributi

23 Maggio 2024 - 20:37

Dato che ogni tanto la enuncia a chiacchiere salvo poi permettere alla premiata ditta familiare Giacobone-Zenga-Buglione di farsi beffa di ogni legge, oggi gli proponiamo un argomento ancora più serio che coinvolge l’attività della neo interdetta antimafia CZeta

CAPUA (g.g) L’ultima volta che abbiamo sentito parlare ufficialmente di un pezzo di  terreno ubicato in quella che oggi si chiama via Lazzaro Di Raimo e che fino a qualche anno fa, almeno per quanto riguarda la nomenclatura usata dalla guardia di finanza, veniva chiamata via Grotte Di San Lazzaro, è stato nell’agosto del 2016, quando, per l’appunto,  le fiamme gialle della Compagnia di Capua, pedinando e fermando due persone dell’est Europa a bordo di un automezzo che trasportava illegalmente quelli che in dialetto si chiamano “scamazzi edili” e in italiano scarti di cantieri o di attività di riqualificazione di case e palazzi, scoprirono che, dentro al perimetro che circondava un’area di circa 2mila mq, c’era di tutto e di più:  eternit, guaine bituminose, fusti di oli esausti, nonché materiale costituito da scarti di lavorazione industriale, pneumatici e cemento. 

Insomma, una discarica totale e per di più molto pericolosa per la tipologia del materiale rinvenutovi.

In base a questo lavoro della guardia di finanza scattò un provvedimento di sequestro con tanto di denuncia alla autorità giudiziaria di tre persone ossia dei due operai sorpresi a bordo dell’autoveicolo e il legale rappresentante dell’impresa “Ecologia

Falzarano Srl” di Airola, provincia di Benevento. 

La denuncia all’imprenditore, oggi defunto, fu messa nero su bianco in quanto – così era scritto sul comunicato stampa delle fiamme gialle – proprio all’Ecologia Falzarano il Comune di Capua aveva affidato quella che veniva definita la “piattaforma ecologica comunale”. Scritta così può significare tutto e può non significare nulla visto che una piattaforma è un luogo fisico in cui si svolgono attività materiali. Esistono piattaforme petrolifere, piattaforme della logistica, piattaforme come specialità dello sport olimpico dei Tuffi, piattaforme dei rifiuti, queste ultime utilizzabili per stoccare oppure per lavorare come momento finale o intermedio di un processo di smaltimento, monnezza di genere vario.

Stoccare o anche, dunque, trasferire e quelle si chiamano appunto piattaforme o siti di trasferenza. Nella riga successiva, però, era la stessa guardia di finanza a specificare bene a quale tipo di piattaforma fosse assimilabile il sito di via Lazzaro DI Raimo: “isola ecologica” si tratta di una definizione chiara e perfettamente leggibile. L’isola ecologica, infatti, nella lunga e complessa filiera del trattamento, del riciclaggio, dello smaltimento delle tante forme di rifiuto è un’area recintata e sorvegliata che  accoglie rifiuti  conferiti gratuitamente e direttamente dai cittadini. Si tratta di quei rifiuti che, per tipologia, dimensioni e quantità non possono essere prelevati con la raccolta ordinaria. Insomma si tratta di ingombranti, vecchi elettrodomestici, mobili e cose del genere. Un’isola ecologica è dunque un luogo importante dove si completa la raccolta differenziata.

Sempre nel comunicato del 2016 la guardia di finanza spiegava anche, come detto, i motivi della denuncia al legale rappresentante di Ecologia Falzarano. Era questa, infatti, l’impresa, al tempo titolare dell’intero servizio della raccolta nella città di Capua, a cui il Comune aveva assegnato pure la gestione dell’isola ecologica. Ma quell’isola era di impossibile realizzazione in quanto, scriveva ancora la guardia di finanza, l’impresa dell’Ecologia Falzarano era del tutto inadempiente avendo mancato il suo impegno contrattuale di renderla agibile, garantendo il preliminare adeguamento funzionale e la successiva manutenzione.

E qui terminava la parte più importante della nota delle fiamme gialle.

 L’isola (ecologica) che non c’è di via Lazzaro di Raimo

Da quell’agosto ad oggi sono trascorsi quasi 8 anni. Vogliamo pensare che, stando a ciò che all’interno dell’area di via Lazzaro di Raimo succede ogni giorno il Comune di Capua, magari nel periodo in cui era sindaco il generale dei carabinieri in pensione, Edoardo Centore, ne abbia ottenuto il dissequestro. Vorremmo individuare questo atto. Se il sindaco Villani o anche qualcuno dell’opposizione ce lo trovasse, non potremmo non esprimere loro  la nostra gratitudine, visto che al momento possiamo solamente affermare che sarebbe impensabile che questo decreto di dissequestro non ci sia mai stato-

Ma quali sono le attività svolte oggi dentro ai 2mila mq che 8 anni fa la Procura della Repubblica e la guardia di finanza sequestrarono? Verrebbe da dire, citando, un po’ irrispettosamente dato che stiamo parlando di monnezza, Giovanbattista Vico , “corsi e ricorsi storici”. Cos’è, infatti, CZeta l’impresa dei rifiuti più amata da Nicola Ferraro, condannato per camorra se non una filiazione quasi diretta di Ecologia Falzarano di Airola?

Ve lo abbiamo spiegato in decine di articoli e dunque è perfettamente inutile tornare sui rapporti tra Aniello e Carlo Ilario di Czeta e la famiglia Falzarano.

Attualmente, i camion della CZeta, neo interdetta per infiltrazioni camorristiche, trasportano nel sito in questione tanta frazione indifferenziata, che quando è tanta, ma proprio tanta, permette o anche un bimbo di tre anni di affermare che la raccolta differenziata è un flop o un mezzo flop, così come succede oggi a Capua.

D’Altronde basta esaminare le parole: se uno differenzia vuol dire che non indifferenzia. E se, al contrario, come succede a Capua indifferenzia, vuol dire che non differenzia.

Ecco perché quel sito è illegale

Non siamo dei grandissimi esperti di normative riguardanti lo stazionamento in un qualsiasi sito del suolo italico di monnezze assortite. Quel poco che sappiamo, però, ci è sufficiente per affermare che per quello che trasporta CZeta all’interno del sito, questo è un posto che produce più percolato di quanto un antico piroscafo producesse fumo nero.

Il percolato che fa paura

E il percolato è un brutto, bruttissimo affare. Abbiamo delle immagini e delle testimonianze. I camion di CZeta scaricano la monnezza indifferenziata ossia la magna Pars e questa viene buttata letteralmente all’interno del cosiddetto compattatore che per l’appunto è un affare che compatta, che riduce il volume attraverso un’attività di pressa. Ora, se tu premi e spremi una spugna bagnata, cosa cola dalla stessa? Acqua, tanta acqua; se tu premi e spremi quintali e quintali di rifiuto indifferenziato, in cui è presente una grossa percentuale di materiale organico, di scarti alimentari etc cosa ne verrà fuori?  Un bel po’ di acqua merdosa, concedeteci la licenza. Che se fosse solo merdosa non sarebbe niente visto che oltre ad essere tale diventa, in significativa percentuale, anche pericoloso. Si chiama percolato che letteralmente significa: “Liquido che si forma in una discarica esposta all’azione di acque meteoriche”

Noi, per il momento non abbiamo ancora affrontato la questione della classificazione urbanistica che il comune di Capua ha attribuito a quest’ area Non lo abbiamo fatto perché questo è un discorso che va declinato dopo aver affermato ciò che è oggi quello luogo che si configura, in tutto e per tutto, come un sito di stoccaggio provvisorio e per di più illegalmente tenuto. Li viene portata la monnezza e li la monnezza viene messa all’interno di un compattatore.

Un sito di stoccaggio provvisorio, legalmente gestito, non è una cosa che tu arrivi la e ci appoggi i rifiuti e poi Dio ci pensa. Ci sono delle regole precise, ferree, granitiche. Siccome si tratta di un travaso di rifiuti, crediamo solo indifferenziati, perché non vogliamo mai credere che la frazione organica raccolta con la differenziata, non venga portata immediatamente senza ulteriori tappe di trasferimento, al biodigestore di Giugliano.  L’impresa, nel nostro caso CZeta, che svolge l’ attività di stoccaggio  provvisorio deve ottenere un’autorizzazione per scarico in fogna. Perché il percolato, il residuato liquido, delle frazioni organiche rimaste impigliate nell’indifferenziato è pericoloso e deve essere conferito in fogna e non nei terreni. Non basta che ci sia l’asfalto o le mattonelle così come si vede o intravede nel sito di via Lazzaro di Raimo. Perché quel veleno penetra dappertutto. Ma avere la possibilità, giuridicamente riconosciuta, di scaricare in fogna, presuppone l’esistenza di impianti di filtraggio i quali garantiscano che lo scarico in fogna non superi le cifre stabilite con precisione dal decreto legislativo 152/2006.

Per parlare di filtraggio, bisogna anche parlare di vasche di depurazione, perché tu attraverso la depurazione filtri. E li in via Lazzaro Di Raimo di vasche di depurazione non si vede neppure l’ombra. Se uno guarda bene, vedrà un qualcosa che somiglia a delle rampe di garage che formano un incavo che diventa in pratica un raccoglitore che non risolve nessuno dei problemi fondamentali della depurazione, condizione necessaria per un filtraggio e dunque per immissione in fogna correttamente realizzata.

 In poche parole occorrerebbero le cosiddette vasche Imhoff  le quali, manuale alla mano, sono dispositivo utilizzato per il trattamento dei liquami nei piccoli o medi impianti di depurazione” con un funzionamento meccanico ed elettronico molto articolato

Se il sito di stoccaggio è illegale, ancor più grave è che sia anche abusivo

Attenzione, noi per spiegarvi bene la questione abbiamo dato per buona la circostanza che quello sia un sito di stoccaggio autorizzato ma in realtà non è così perché un sito di stoccaggio può essere autorizzato solo se su di esso insistono impianti come quelli da noi appena descritti. E noi ci siamo limitati a citare l’impiantistica fondamentale, attorno alla quale poi ci sono tanti altri piccoli dispositivi, pozzetti etc che in questo sito di via Lazzaro di Raimo  sono assolutamente latitanti.

Ora, se questo luogo di stoccaggio non può essere un luogo di stoccaggio e invece vi si stoccano tonnellate di rifiuti, vuol dire che è un luogo clandestino. Insomma una discarica pericolosa e per di più non autorizzata che, però, clamorosamente viene utilizzata dal Comune di Capua attraverso il titolare del servizio di raccolta, ufficialmente venuto fuori da una gara d’appalto.

Arrivati qui, però, proseguiamo con questo nostro giochino che potremmo definire “Matrioska dell’illegalità”.  Formuliamo una domanda: ma quel luogo può essere utilizzato per impiantarci sopra un sito di stoccaggio, anche se l’impresa lo rifornisse di tutti gli impianti che ne rappresentano requisiti obbligatori per legge?

Noi siamo rimasti al 2016 e dunque, ad un titolo riteniamo appartenente al capitolato di allora, stipulato tra il Comune e la Ecologia Falzarano la quale, come scriveva la guardia di finanza avrebbe dovuto impiantarci un’isola ecologica e non un sito di stoccaggio. Poi, magari, in questi anni è cambiato qualcosa e noi non lo sappiamo.

La destinazione del PUC che non risolve il problema

 A non risolvere il dubbio contribuisce la classificazione che il PUC, da un anno a questa parte, attribuisce a quest’area: categoria Fe, attrezzature ecoambientali. Anche in questo caso definizione generica per un terreno ad uso seminativo, tra le altre cose di proprietà della Regione Campania e non del Comune di Capua.

Ricapitolando, siamo al cospetto di una situazione inquietante, ad una  matassa piena di percolato e liquame che il Comune di Capua farebbe bene a chiarire, partendo da questa principale e fondamentale domanda: ha mai attribuito alla CZeta l’autorizzazione all’utilizzo dell’area in questione?

In conclusione, almeno per oggi, perché abbiamo intenzione di tornare sull’argomento il sindaco Adolfo  Villani e l’assessora al ramo, Rosaria Nocerino hanno il dovere di rispondere a questa domanda chiarendo il perché a 1300 mt di distanza,, dal Teatro Ricciardi, a 50 mt dal Liceo Garofano, a 400 mt dal santuario di San Lazzaro, nella iva dove si svolgeva la più importante fiera zootecnica della provincia di Caserta, la Fiera di Santo Stefano, si sviluppino attività a nostro avviso assolutamente illegali e pericolose per la salute pubblica. Abbiamo formulato in maniera decisa e perentoria quest’affermazione sull’illegalità solo a conclusione dell’articolo perchè, come sempre, CasertaCe, prima studia, poi spiega, argomenta e poi, sulla  scorta di questo duro lavoro preparatorio ed assertivo non si sottrae mai dal metterci la faccia e da esprimere la sua opinione.

Adolfo Villani, ronzino da tastiera e tribuno sfiatato della legalità, del predica bene e razzola male

Ne avesse di attributi some i nostri il sindaco Villani, quello che parla di leoni da tastiera, quello che parla di legalità. Gliene basterebbero un quarto dei nostri attributi. La legalità non va enunciata ma va praticata giorno per giorno e la legalità, caro sindaco Villani, ronzino da tastiera, non la si può fare con la mentalità che trasuda dagli atti dell’arroganza e dalle parole di una Giacobone di sua madre Buglione degli Zenga brothers

Fatti zero, parole vane, tante.