50 ARRESTI. CAMORRA. Il clan dei Casalesi ha soppiantato la Mala del Brenta già dagli anni 90. Ecco come agiva la cosca

19 Febbraio 2019 - 15:37

CASAL DI PRINCIPE – “Il clan dei Casalesi in Veneto agiva in tutti i settori: riciclaggio, usura, estorsione, rapine, prostituzione, lavoro in nero e caporalato“. Lo ha detto il Procuratore di Venezia Bruno Cherchi, illustrando l’operazione contro il clan dei Casalesi avvenuta questa notte dopo anni di indagini. In pratica uomini della camorra riciclavano denaro finanziando imprese locali di varia natura, specie nell’edilizia, quindi applicavano tassi usurai e passavano all’estorsione sia a favore degli ‘assistiti’, se indebitati, che direttamente sugli stessi imprenditori. Il denaro accumulato, anche con rapine, veniva poi convogliato nella gestione della droga e della prostituzione con l’aiuto di commercialisti per assumere persone sfuggendo alla fiscalita’, se non addirittura in nero o attraverso il caporalato. “Il fatto gravissimo – ha detto Cherchi – e’ che le vittime, specie dell’usura, venivano costrette a partecipare all’attivita’ camorristica arricchendo sempre di piu’ il tessuto malavitoso di fatto conquistando il territorio lungo la costa da San Dona’ di Piave a Eraclea, Caorle e Jesolo“.

Nell’ organizzazione criminale individuata ci sono veri e propri servizi illegali che la camorra svolge per il mondo imprenditoriale veneto, come il recupero crediti“. Lo ha sottolineato il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho nel corso della conferenza stampa a Venezia che ha illustrato l’operazione portata a termine contro le infiltrazioni della Camorra in Veneto e che ha portato all’arresto di 50 persone tra la provincia di Venezia e Casal di Principe. “E’ stato appurato che il sistema economico si rivolgeva alla camorra per risolvere i propri problemi“, ha spiegato il procuratore nazionale antimafia – e si tratta proprio del clan dei casalesi che si è proiettato in Emilia Romagna e ora radicato in Veneto, dove offre servizi illegali come il recupero crediti e manodopera a costi molto bassi. Riescono a porsi sul mercato – ha aggiunto – perché non adempiono a oneri fiscali e previdenziali, chi lavora con loro ha solo uno stipendio netto. Ecco quindi che abbiamo lavoro nero, caporalato, soggetti che acquisiscono manodopera da offrire agli imprenditori“.

Secondo l’analisi di Cafiero de Raho, purtroppo c’è una parte del Nord che “riconosce alla camorra una forza di riferimento. E’ necessario combattere la camorra con la denuncia e la costruzione di barriere di legalità e – ha avvertito – se non lo si fa in Veneto, l’economia diventa sempre più infiltrata dalle mafie che, come imprese camorristiche, entrano nell’economia e si accaparrano lavori in subappalto o appalto ma sempre sono presenti sul territorio inquinando l’economia e la politica“. “Questa organizzazione ha soppiantato la Mala del Brenta, assorbiti in struttura. Il clan era talmente in grado di controllare il territorio da entrare in contatto con altre organizzazioni, diventando il riferimento territoriale per la ‘Ndrangheta, che dove necessario faceva riferimento ai Casalesi“, ha concluso.

Il gruppo criminale sradicato in Veneto e affiliato al clan dei Casalesi è stato costituito già alla fine degli Anni 90 da Luciano Donadio (nato a Giugliano in Campania il 15.04.1966, residente a Eraclea), Raffaele Buonanno (nato a San Cipriano D’Aversa il 23.11.1959, domiciliato a Eraclea e a Casal di Principe) e Antonio Buonanno (nato a San Cipriano D’Aversa il 15.11.1962, residente a Casal di Principe) assieme a un nucleo di persone originarie di Casal di Principe e di altri centri dell’agro casertano (Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti, Nunzio Confuorto), via via implementata da altri soggetti sia campani e locali (come Girolamo Arena, Raffaele Celardo, Christian Sgnaolin). L’indiscusso ruolo di promotori e dirigenti è stato rivestito da Luciano Donadio e Raffaele Buonanno (quest’ultimo imparentato tramite la moglie con esponenti di vertice dai clan Bianco e di Francesco Bidognetti, detto ‘Cicciotto e mezzanotte’, capo della famiglia Bidognetti), che rappresentavano l’associazione nei rapporti di natura criminale, anche con i dirigenti e gli associati al gruppo Schiavone e Bianco e le altre famiglie Casalesi. Il gruppo mafioso, dopo la sua costituzione, si è insediato nel Veneto orientale rilevando il controllo del territorio dagli ultimi epigoni locali della mafia del Brenta con i quali sono stati comprovati i contatti.