Abbattimenti di palazzi storici a CASERTA, ieri il convegno di Italia Nostra

24 Giugno 2023 - 15:01

Caserta (pasman) – Il rilevante convegno di Italia Nostra dal titolo-manifesto “Fermare gli abbattimenti della città storica per ridisegnare il futuro di Caserta”, tenutosi ieri pomeriggio nella biblioteca diocesana in una sala gremita di presenze qualificatissime, ha conseguito pienamente il suo scopo. La presidente Maria Rosaria Iacono – a cui una città seria che non questa avrebbe già da tempo tributato un riconoscimento civico per la sua tenace e ferma azione a difesa del territorio casertano – è riuscita, con la sua iniziativa, a demistificare la narrazione falsa di questi amministratori pubblici di una Caserta turistica per un suo pregio architettonico e di ispirazione vanvitelliana, mentre ne stanno sfigurando il nucleo storico più caratteristico.

Non a caso e non inaspettatamente almeno per noi, mentre sono state presenti le associazioni cittadine, i rappresentanti delle categorie professionali degli ingegneri e degli architetti e la migliore intellettualità del capoluogo, sono risultati assenti gli esponenti politici ed i rappresentanti del consiglio comunale. I quali, evidentemente, non intendono dare conto affatto di quello che stanno commettendo. Quelli della maggioranza, consentendo gli abbattimenti e le ricostruzioni in atto e di quelli e tanti che si annunciano. Figurarsi se intendano confrontarsi con la città. Quelli di minoranza, con la loro opposizione arresa più che blanda. In verità, alcuni ragazzi sono intervenuti mandati dal consigliere PD Matteo
Donisi
, il quale, acquiescente con la sua maggioranza responsabile della politica urbanistica, sembra abbia da poco scoperto il tema della tutela del centro storico, scegliendo la sterile lamentazione come surrogato della seria azione politica.

Il soprintendente Gennaro Leva

L’altro grande e sintomaticamente assente è stato il soprintendente Gennaro Leva. Oltre a mancare all’impegno preso, non ha ritenuto di inviare un suo rappresentante per esporre le ragioni dell’inerzia del suo ufficio, la quale è con tutta evidenza all’origine anch’essa del disastro urbanistico casertano.

La soprintendenza ha i poteri per apporre ora e subito i vincoli storico-architettonici per gli edifici ed i quartieri storici della città, quelli che sono stati omessi colpevolmente ed incredibilmente in tutti questi anni. Anzi, è meglio che si affretti, se queste situazioni che ora indicheremo le sfuggono secondo una logica interna di burocrazia pedante e formalistica. Ci riferiamo ai fabbricati di piazza Correra, che lasciati  in stato di degrado si vorranno anch’essi abbattere per ragioni di sicurezza buone per i tonti. E sia alla sede della Banca d’Italia, appena acquistata per farne molto probabilmente un albergo, sia al palazzo Leonetti, in procinto di essere rilasciato dopo diverso decenni dall’istituto di credito che vi ha sede. Entrambi gli edifici risultano privi di vincoli di sorta. A cui va aggiunto da ultimo il palazzo vanvitelliano De Gregorio ad Aldifreda, che sarebbe stato da poco venduto ad un’impresa edile, secondo quanto emerso da uno degli interventi del dibattito.

La soprintendenza, allo stato, in quanto autorità pubblica a cui è commessa la tutela dei beni culturali della città, è l’unica che può richiamare all’ordine il comune, che all’evidenza persegue ben altri interessi che non la salvaguardia del genius loci più volte evocato nei commenti della serata. E se non lo fa è tenuta a spiegarne la ragione. Se il sindaco e la sua compagnia possono ostentare un disdegno rispetto a questi temi e non articolare una spiegazione di sorta, avendo solo una responsabilità politica, la soprintendenza non se lo può concedere. E sarebbe già ora il caso che uno dei parlamentari del territorio proponesse una interrogazione parlamentare per quanto accade. Magari la magistratura potrebbe buttare anche lei un suo sguardo, perché non ci pare da poco il compendio indiziario, come usa dire, di qualcosa che non quadra.

Nella materia urbanistica, per gli enormi interessi economici coinvolti, siamo convinti che nulla avvenga per caso. Il PUC è ben serrato nei cassetti del sindaco, le licenze edilizie non compaiono all’albo pretorio, i cantieri non affiggono i cartelloni dei lavori prescritti, i pochi consiglieri comunali che tentano di accedere agli atti denunciano ogni resistenza, si vuole costruire in una struttura vanvitelliana una residenza universitaria per una popolazione studentesca eminentemente locale, a fronte del forte dissenso delle associazioni culturali che vedono l’intervento non necessario e come un affronto alla storia della città. E ci si dovrebbe rassegnare a tutto questo sfacelo?

Tornando alla serata, non possiamo non dire che l’intervento pregevole della professoressa Rosa Carafa, dell’ateneo federiciano, su La città Storica, è stato seguito in un silenzio reverenziale, che si sarebbe sentito volare una mosca.

E’ seguito il dibattito, di livello tecnico altissimo, specie per gli interventi degli addetti ai lavori, molti dei quali sono scesi nei particolari più minuti della disciplina urbanistica. Pur nella diversità delle varie posizioni e sensibilità, alcune rilevanti osservazioni sono state comuni. All’origine di questi mali edilizi della città c’è un evidente deficit della politica, gli strumenti urbanistici si prestano ad interpretazioni interessate fino a sconfinare negli abusi veri e propri. Queste circostanze danno l’opportunità di formulare una proposta, anche se siamo convinti che i giochi siano già fatti da tempo ed i prossimi interventi edificatori sul centro storico siano già stati pensati. Il consiglio comunale, nei suoi componenti liberi da condizionamenti,  chieda una moratoria delle licenze per ogni edificio antico e avvii in una apposita commissione l’audizione di Italia Nostra, delle altre associazioni civiche, di Pietro Di Lorenzo, Raffaele Cutillo, Gianfranco Tozza, Antonio Vecchione, Sergio Vellante, Maria Carmela Caiola, Angelo Laudati, che hanno animato con competenza ed anche con note di dissenso la discussione. Infine, di Annamaria Bitetti, che ha fatto una considerazione rilevantissima quanto pacifica almeno per noi. Di là da quello che dicono le norme urbanistiche e di là dei cavilli e delle forzature interpretative che portano ad interventi abnormi, una elementare esigenza culturale dovrebbe vedere, il sindaco in testa, negare ogni intervento che stravolga il tessuto urbano più tipico della città.

Non ci dilunghiamo oltre. E riserviamo ad un altro articolo l’intervento della presidente Iacono e le conclusione dell’architetto Giancarlo Pignataro.