I NOMI. Maxi sequestro da 21milioni di euro. Contrabbando di orologi di lusso, spedizioni fittizie alla base NATO del casertano
23 Giugno 2025 - 10:12

La base Nato casertana, ignara di tutto, utilizzata come per eludere i dazi doganali sulle spedizioni milionarie
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GRICIGNANO D’AVERSA – La Corte di Cassazione ha inflitto un duro colpo a un presunto sistema di frode fiscale e contrabbando doganale, confermando il sequestro preventivo di beni per oltre 21 milioni di euro a carico di Maria Rosaria Sticco, 60enne di San Giorgio a Cremano, e Antonio Peluso, 61enne napoletano. I due sono accusati di aver orchestrato un complesso meccanismo per importare illegalmente orologi di lusso, utilizzando come “schermo” la base NATO di Gricignano d’Aversa.
Le motivazioni di due sentenze della terza sezione penale della Cassazione, rese note la scorsa settimana, hanno gettato luce su un articolato sistema. Sticco e Peluso, ex dipendenti di Ferrari Spa e successivamente in forza presso Malca-Amit Italy, avrebbero falsificato la documentazione doganale per far figurare migliaia di orologi come spedizioni destinate alla US Navy Exchange Distribution Center di Gricignano.
La realtà, tuttavia, era ben diversa: la merce, del valore stimato di oltre 21 milioni di euro, era destinata a gioiellerie italiane. Le indagini, supportate da intercettazioni e testimonianze, hanno individuato ben 64 operazioni sospette tra il 2020 e il 2024, di cui 58 gestite tramite Ferrari Spa e 6 attraverso Malca-Amit. La base di Gricignano, completamente ignara delle attività illecite, sarebbe stata utilizzata per consentire l’ingresso in Italia di beni di lusso, falsamente dichiarati come merce di basso valore, con l’evidente scopo di eludere l’IVA e i dazi doganali.
I difensori di Sticco e Peluso avevano presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’insussistenza dei presupposti per il sequestro e contestando l’applicazione retroattiva delle nuove norme sulla confisca per equivalente. Tuttavia, i giudici della Suprema Corte hanno respinto tutte le doglianze, ritenendo fondato il “fumus” del reato (ovvero la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza) e, soprattutto, concreto il rischio di dispersione del patrimonio illecito accumulato dai due indagati.
Il sequestro, già disposto dal GIP di Busto Arsizio e confermato in sede di Riesame dal Tribunale di Varese, ha colpito denaro contante, gioielli, conti correnti e immobili, tutti beni considerati frutto delle attività illecite. Le ordinanze della Cassazione hanno inoltre evidenziato come gli indagati avrebbero proseguito le operazioni sospette senza interruzioni, mantenendo ruoli centrali nella catena logistica delle spedizioni, nonostante il passaggio da un’azienda all’altra.