IL NOME. Sequestro definitivo dei beni al pentito del clan Belforte

30 Giugno 2025 - 10:15

L’ex affiliato, oggi collaboratore di giustizia, perde definitivamente i beni che gli erano stati sequestrati

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MARCIANISE – La sesta sezione della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da Claudio Buttone, pentito dei Mazzacane, che si era opposto ai sigilli fatti scattare dal Tribunale del riesame di La Spezia.
Accolta, invece, l’impugnazione della moglie, Miriam Restivo, 37 anni, per la quale la Suprema corte ha rilevato
vizi di motivazione e rinviato il pro- cedimento al Tribunale per un nuovo esame

Il provvedimento era scattato lo scorso dicembre, a seguito di un’indagine della guardia di finanza che aveva ricostruito alcuni incrementi sospetti nel patrimonio di Buttone, tra cui una quota di una sua attività commerciale, formalmente intestata alla moglie.
La difesa di Buttone aveva puntato sulla fine dei legami dell’uomo con la criminalità organizzata, sottolineando il
suo status di collaboratore di giustizia dal 2019, nonché la revoca della misura di prevenzione personale. Ma i giudici
della sesta sezione penale hanno chiarito che “il bene giuridico tutelato è l’ordine pubblico” e che l’obbligo di
comunicazione “non viene meno con la cessazione della pericolosità sociale
”.


“L’offensività della condotta è astrattamente riconosciuta dalla legge e non può essere esclusa dalla semplice rescissione dei rapporti con ambienti criminali, soprattutto se gli incrementi patrimoniali hanno matrice occulta e non tracciabile”. Diverso l’esito per la posizione di Miriam Restivo. Secondo la Cassazione, il Tribunale del riesame ha omesso di valutare correttamente il suo ruolo: sebbene formalmente non fosse indagata al momento del sequestro, risultava comunque destinataria di una proroga delle indagini già a inizio dicembre 2024. Dunque, doveva essere
considerata parte del procedimento e le sue censure non potevano essere liquidate come “inammissibili”
.

Ora il fascicolo relativo alla Restivo torna al Tribunale di La Spezia per un nuovo giudizio. Con il rigetto del suo
ricorso,

Buttone è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali. L’uomo resta dunque privo dei
beni sequestrati, in attesa dell’eventuale procedimento di confisca definitiva.
La decisione della Cassazione era stata presa ad aprile, le motivazioni sono state rese note la scorsa settimana.