CAMORRA E PISTOLE. L’INTERCETTAZIONE. L’idraulico impaurito, le armi del ras Corrado De Luca. In quante case di insospettabili il clan ha nascosto il suo arsenale?

16 Maggio 2019 - 13:23

SAN CIPRIANO D’AVERSA(g.g.) La lettura dell’ordinanza permette di capire meglio la questione delle armi, trovate dai carabinieri della Compagnia di Casal di Principe in quella che giustamente Davide Diana, insospettabile idraulico arrestato per la custodia delle stesse, definisce “la palla”, modo più profano ma sicuramente più efficace per definire quella che in termini tecnici si chiama idrosfera dell’autoclave, rifugio accogliente e tutto sommato difficile da immaginare per le armi del clan dei casalesi, a disposizione di quel Corrado De Luca, uno degli storici angeli custodi di Antonio Iovine, detto o’ninn.

Nei comunicati stampa dello scorso 27 ottobre, giorno in cui l’idraulico Davide Diana fu arrestato e in quelli della settimana scorsa, collegati a una seconda ordinanza, a carico dello stesso Diana ma anche di Corrado De Luca e di quel Mario Pagano, congiunto dell’antico boss Mario Iovine, si faceva cenno alla spiegazione non convincente fornita da Davide Diana sul motivo della custodia di quelle armi molto temibili, di quell’arsenale in cui trovavano posto anche “pezzi” utilizzati dai militari durante le loro azioni.

Davide Diana aveva detto ai carabinieri che quelle pistole, quei caricatori e quelle munizioni lui le aveva prese dal posto in cui le custodiva il fratello Marco, subito dopo il suo decesso e di averle tenute a casa con l’obiettivo di disfarsene. Versione inverosimile e viziata già all’origine da un errore, evidentemente voluto, riguardo alla data del decesso Marco Diana, il quale abitava a pochissimi metri di distanza dalla casa di Corrado De Luca.

L’idraulico dice che suo fratello è morto nel dicembre 2017. In realtà gli inquirenti hanno accertato che il decesso risale al dicembre del 2016. In poche parole, Davide Diana colloca in un passato più prossimo la morte del fratello per rendere credibile la su spiegazione, la sua versione sulla volontà di disfarsi di quelle pistole, di cui aveva anche sospettato potessero essere legate a Corrado De Luca, anche se non ne aveva mai avuto, così ha raccontato ai carabinieri, la sicurezza di ciò.

Davide Diana non si è dimostrato un delinquente incallito. Nel senso che quando i carabinieri sono arrivati a casa sua per perquisirla, li ha immediatamente informati, subito dopo aver chiamato il suo avvocato, sul luogo del nascondiglio. Da quel momento ha provato a costruire una sua tesi che lo potesse discolpare, ma non c’è riuscito. Intanto il 27 ottobre 2018, data della perquisizione e del suo arresto, non è collocato 10 mesi dopo la morte del fratello, ma un anno e 10 mesi dopo, che per riflettere sul modo con cui disfarsi di quella pericolosa dotazione, sembrano un pò tantini, anche perchè obbietta il gip del tribunale di Napoli, che ha firmato l’ordinanza, frutto di un’indagine che la dda aveva acquisito dopo che la procura di Napoli nord a sua volta aveva provveduto a trasmettere gli atti ai magistrati del capoluogo partenopeo, avrebbe dovuto chiamare la polizia o i carabinieri nel momento in cui, come ha raccontato lui sorprendentemente aveva rinvenuto quelle armi nella casa del fratello.

L’ordinanza è corroborata, come potete vedere dallo stralcio che pubblichiamo in calce, da alcune intercettazioni ambientali dei colloqui che Davide Diana ha avuto con i suoi congiunti. Una delegazione capitanata dal padre Antonio. In questo articolo, pubblichiamo una sola di queste intercettazioni dandovi appuntamento a prossimi approfondimenti per le altre.

Tutti gli altri dettagli delle cose che abbiamo scritto fino ad ora, li potrete dunque leggere dal documento. Un’unica considerazione da parte nostra. Non è un mistero per chi conosce, non solo il contenuto specifico del fenomeno camorristico in agro aversano ma anche quello socio antropologico, da cui discende che decine e decine di case, forse centinaia di abitazioni di insospettabili, persone incensurate, hanno custodito le micidiali armi della camorra, non solo pistole ma anche fucili a pompa, kalasnikov, eccetera. E probabilmente questo mega arsenale è stato portato in superficie solo il parte.

A nostro avviso, questa modalità ha sempre rappresentato, agli occhi di CasertaCe, un segno tangibile, concreto di una contiguità, di un’adesione morale meglio sarebbe dire immorale delle strutture sociali dei comuni di camorra, alla legge, al sistema dei boss.

Che poi questa non sia solo colpa delle genti di Casal di Principe, San Cipriano, Casapesenna eccetera, è fuori discussione. Ma qui il discorso si allargherebbe e non è questo il contesto giusto per farlo.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA