23 ARRESTI. Ferrari, Porsche, Bentley, Jaguar, Maserati. Anche il CLAN DEI CASALESI implicato nella maxi evasione Iva da milioni e milioni di euro
17 Ottobre 2019 - 16:37
CASERTA – La Procura della Repubblica di Isernia, a seguito di indagini coordinate dal procuratore Carlo Fucci, dirette dal sostituto procuratore Maria Carmela Andricciola e condotte dal gruppo della guardia di finanza di Isernia, ha richiesto e ottenuto 23 ordinanze di applicazione di misure cautelari personali (13 arresti in carcere e 10 arresti domiciliari) eseguite oggi dalle fiamme gialle. In contemporanea, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo per l’importo complessivo di 7.499.220,05 euro per beni mobili e immobili, somme di denaro, autoveicoli e quote societarie, nei confronti di 23 persone fisiche e 21 compagini societarie con sede in tutta Italia. Sono state emesse due ordinanze restrittive anche nei confronti di una cittadina tedesca e di un soggetto italiano residente nella Repubblica Ceca. Le misure sono state emesse dal gip del Tribunale di Isernia, Michaela Sapio.
L’indagine riguarda la commercializzazione di autovetture di lusso di origine comunitaria. Le attività operative odierne, con l’impiego di oltre 200 finanzieri, sono state eseguite nelle provincie di Isernia, Frosinone, Latina, Caserta, Salerno, Milano e Macerata. Le investigazioni condotte dalle fiamme gialle del capoluogo Pentro, caratterizzate sin dall’inizio da una stretta sinergia con l’Agenzia delle entrate di Isernia, hanno permesso di disarticolare una mega frode a danno dell’Unione europea e dell’Italia, messa in atto da un gruppo criminale che operava con base stabile in Italia e proiezioni internazionali. La frode si fondava sull’utilizzo di sofisticate tecniche di falsificazione che sfruttavano le falle dei sistemi di controllo adottati dall’Agenzia delle entrate e dal ministero dei Trasporti. L’attività di polizia giudiziaria, che si differenzia da altre operazioni investigative condotte sul territorio nazionale nello specifico settore per la completa ricostruzione della filiera criminale, ha permesso di tracciare l’intero percorso di frode, dalla falsificazione documentale all’evasione transnazionale dell’Iva intracomunitaria non versata. In seguito alle indagini è stato possibile disvelare un sistema criminale che ha portato all’individuazione di: 1576 autovetture di lusso illecitamente nazionalizzate (tra cui Ferrari,
Oltre a una miriade di aziende minori di varia provenienza geografica (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Marche, Sicilia, Puglia e Molise), è stata rilevata la presenza di due grossi gruppi commerciali operanti rispettivamente nel Lazio e in Campania, risultati contigui con gruppi della criminalità organizzata (esponenti del clan dei casalesi operanti nel basso Lazio e clan camorristici dell’area vesuviana e nocerinosarnese). In pratica, sfruttando l’indebito risparmio d’imposta costituito dall’Iva non versata (aliquota del 22%), il sodalizio è risuscito ad acquisire una rilevante quota di mercato, costituendo delle vere e proprie posizioni dominanti nel mercato nazionale degli autoveicoli di lusso, con distorsione del principio di libera concorrenza. Il meccanismo di frode riscontrato correva a doppio binario su due versanti distinti e correlati: quello fiscale, attraverso l’utilizzo di triangolazioni societarie; quello tecnico, legato alla nazionalizzazione dei veicoli mediante la predisposizione di documentazione falsa, appositamente prodotta per aggirare i sistemi di controllo incrociato dell’Agenzia delle entrate e del ministero dei Trasporti, sfruttandone le falle comunicative.Il sistema di triangolazione societaria era basato su operazioni commerciali tra aziende di paesi membri dell’Unione europea, attraverso l’utilizzo di società cartiere cosiddette missing trader, con l’interposizione di più società filtro ‘buffer’, talvolta controllate a loro volta da società off-shore operanti a Cipro e nelle isole Cayman, al fine di ostacolare la tracciabilità dei flussi commerciali e finanziari.
Le società estere utilizzate venivano costituite ad hoc da soggetti italiani che stabilivano delle teste di ponte soprattutto in Repubblica Ceca e in Germania. Tali società sono risultate riconducibili a soggetti italiani pluripregiudicati, legati a clan camorristici già operanti nel settore della compravendita di autoveicoli in Italia, caratterizzati da legami familiari e interessi in società italiane collegate tra loro come società satellite, utilizzate nella filiera cartolare. L’attività di riscontro documentale è stata affiancata da capillari attività tecniche e dall’acquisizione informatica di migliaia di mail, chat, WhattsApp e Messenger, canali preferenziali di comunicazione utilizzati con disinvoltura dai vari personaggi sotto attenzione, contando sulla non intercettabilità. Tale circostanza ha permesso di identificare e decifrare l’intero sistema illecito, tracciandone le varie fasi e mettendone in luce i dominus, ricostruendo il centro direzionale unico dell’intera filiera criminale il quale, accentrando l’emissione delle fatture di acquisto e vendita, nonché utilizzando le caselle di posta elettronica delle aziende cartiera e filtro, fungeva da nodo nevralgico del sistema illecito.
Parallelamente è stata individuata una cellula operativa al servizio di tale organizzazione, costituita da vari soggetti, ognuno con un preciso ruolo funzionale. Nel corso dell’attività investigativa, condotta attraverso indagini tecniche, rilevamenti gps e attività d’appostamento, è stata localizzata in un immobile rurale del basso Lazio una vera e propria stamperia, dedita alla riproduzione di ogni genere di documentazione fiscale (fatture di importazione, bollette doganali, ecc.) e tecnica (libretti di circolazione, certificati di conformità, ecc). La conseguente perquisizione ha permesso di sottoporre a sequestro 51 timbri relativi a vari uffici pubblici italiani (Motorizzazioni, Comuni, Dogane, notai, ecc.) ed esteri (Motorizzazioni tedesche, austriache, spagnole, ecc.), bollini olografici delle Motorizzazioni federali tedesche, 6 patenti italiane in bianco, supporti cartacei di carta filigranata. Inoltre, sono stati rinvenuti i file sorgente (.psd photoshop) utilizzati per la predisposizione dei libretti di circolazione e le fatture di acquisto e vendita, oltre a una serie di pratiche pronte per la presentazione allo sblocco all’Agenzia delle entrate complete del libretto di circolazione originale e quello falsificato.
La cellula operativa, oltre alla produzione della documentazione falsa, forniva il pacchetto ‘chiavi in mano’ della nazionalizzazione degli autoveicoli comunitari attraverso la presentazione della documentazione all’Agenzia delle entrate d’Isernia dove, in seguito al mero controllo formale della documentazione, venivano validati i telai per la successiva immatricolazione a opera della Motorizzazione civile. A seconda dei casi, l’organizzazione sceglieva un particolare ufficio provinciale della Motorizzazione civile (nella maggior parte dei casi Isernia, Palermo e Catanzaro). L’attività investigativa svolta ha permesso di riscontrare vari meccanismi di frode, basati sulla mancanza pressoché assoluta dello scambio d’informazioni tra gli Stati membri dei rispettivi sistemi informativi sugli archivi automobilistici, che non consente l’effettivo controllo sulla documentazione fiscale e tecnica presentata dai vari importatori, per ottenere la nazionalizzazione degli autoveicoli facendoli rientrare nel conveniente regime dell’Iva del mrgine. Proprio quest’ultimo aspetto ha costituito il vulnus sul quale l’associazione criminale ha basato i suoi sistemi di frode.In termini pratici, l’unico dato scambiato tra l’Agenzia delle entrate e la Mctc era il numero di telaio che veniva abbinato dall’agenzia a un veicolo con basso valore commerciale risalente nel tempo mediante la presentazione di libretti austriaci o spagnoli più facilmente riproducibili. Di contro, alla Motorizzazione veniva presentata la documentazione originale relativa a veicoli, nella maggior parte dei casi nuovi, che però avevano già ricevuto la validazione dell’Agenzia delle entrate. Ciò in quanto l’Agenzia delle entrate italiana e i paritetici organismi europei non sono dotati di una banca dati intracomunitaria dei telai di autoveicoli prodotti, commercializzati e intestati sul territorio comunitario dalla quale desumere con certezza i dati tecnici del veicolo e le transazioni commerciali intervenute, accertando quindi la sussistenza dei requisiti necessari per lo sblocco dei veicoli con il particolare regime dell’Iva del margine.