I falsi attentati al giornalista De Michele. Una lunga perquisizione, 7 ore di interrogatorio. Ecco nel dettaglio le contestazioni di reato per lui e per il suo presunto complice Pasquale Ragozzino

18 Maggio 2020 - 10:18

Gli spari dell’attentato farlocco dello scorso 8 maggio sono partiti dall’interno dell’abitazione

 

CESA – Una lunga perquisizione, svoltasi venerdì nell’abitazione, forse anche in altri luoghi, attinenti alla vita personale e professionale del giornalista Mario De Michele. Impegnati diversi carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Aversa alla presenza di diversi ufficiali dell’Arma e dell’avvocato Mario Griffo, che Mario De Michele ha allertato firmandogli la delega per la difesa.

Ed è proprio durante quella perquisizione che sarebbero emersi gli elementi incontestabili della simulazione dell’ultimo falso attentato in ordine di tempo, cioè quello degli spari indirizzati contro il muro della casa del giornalista. Colpi partiti dall’interno e non dall’esterno dell’abitazione e che dunque hanno consolidato l’idea che gli inquirenti già si erano fatti che anche il primo degli attentati, quello dei colpi di pistola esplosi contro l’auto di De Michele, fosse una montatura.

Prove schiaccianti che hanno indotto l’avvocato Griffo a chiedere, contestualmente alla perquisizione, un immediato interrogatorio del suo assistito. Questo si è svolto nella caserma della stazione dei carabinieri di Cesa, è durato circa 7 ore ed è stato tenuto dal pubblico ministero della dda di Napoli Fabrizio Vanorio, titolare dell’inchiesta e che aveva disposto l’ordine di perquisizione aggiungendo la sua firma, particolare  tutt’altro che irrilevante, a quella del procuratore della repubblica di Napoli Giovanni Melillo.

In quelle 7 ore, Mario De Michele ha ammesso di aver organizzato i due finti attentati facendosi aiutare da Pasquale Ragozzino, avvocato di Orta, imparentato con l’ex sindaco ed ex consigliere regionale Angelo Brancaccio. Una confessione che gli ha evitato, probabilmente il grave incomodo di una misura cautelare che, in una maniera o nell’altra, avrebbe limitato la sua libertà personale.

A suo carico, per il momento, sono formulate le ipotesi di reato di calunnia e di tutti quelli contenuti all’interno degli articoli 2, 4 e 7 della legge 895 del ’67, modificata dalla legge 497 del ’74, relativa all’uso illegale di armi, per di più utilizzate in luogo pubblico e dunque sviluppando il pericolo per l’altrui incolumità, così come potrete leggere dal testo integrale dei citati articoli a cui potete accedere CLIKKANDO QUI.

Sia il reato di calunnia sia quello dell’uso illegale di armi, viene contestato a Mario De Michele in concorso con Pasquale Ragozzino, il quale avrebbe fornito una delle armi utilizzate per i falsi attentati. L’altra, ma su questo non abbiamo ancora certezze matematiche, sarebbe stata quella detenuta, con regolare permesso, ma non certo di utilizzarla in luogo pubblico dallo stesso De Michele.